Impatto del canone esiguo nei contratti di rent to buy. Chiarimenti Entrate
Pubblicato il 24 aprile 2024
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Una società immobiliare di gestione ha presentato un'istanza di interpello probatorio ai sensi della norma prevista dallo Statuto del contribuente nella sua formulazione precedente alle modifiche introdotte dal Decreto legislativo n. 219 del 30 dicembre 2023, di attuazione della Riforma fiscale: il tutto per richiedere la disapplicazione della disciplina delle società cosiddette non operative di cui all'articolo 30 della Legge n. 724 del 23 dicembre 1994, per il periodo d'imposta 2022.
La risposta ad interpello n. 97 del 23 aprile 2024 dell'Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti cruciali riguardo la non applicabilità della disciplina delle società di comodo per specifici contratti di rent to buy.
L’Amministrazione finanziaria, in estrema sintesi, afferma l’impossibilità di disapplicare la disciplina delle società di comodo con riferimento ad una società immobiliare di gestione, che non aveva superato il test dei ricavi per il periodo di imposta 2022, considerando non sufficiente la giustificazione legata all’esiguo canone praticato nell’ambito di un contratto di rent to buy.
Ma vediamo come l’Agenzia delle Entrate è arrivata a tale conclusione, confermando anche la necessità di una revisione delle regole delle società operative, come richiesto anche dalla Legge delega di riforma fiscale (Legge n. 111/2023).
Il caso di specie
Una società immobiliare di gestione che si occupa della cessione in locazione degli immobili di proprietà, non essendo riuscita a trovare nuovi affittuari o acquirenti a causa delle conseguenze negative dell’emergenza pandemica, nel 2021 ha sottoscritto un contratto di concessione del godimento con diritto di acquisto di uno dei suoi immobili, concordando con la controparte un corrispettivo mensile per la concessione in godimento dei predetti beni, mentre la restante era versata a titolo di caparra penitenziale.
In pratica, si tratta della fattispecie contrattuale regolata dall’articolo 23 del Decreto legge 12 settembre 2014 n. 133 convertito con Legge 11 Novembre 2014 n. 164, rubricato come "Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili", anche nota nel linguaggio giuridico come operazioni di "rent to buy”.
Il rent to buy, cosa è
Si tratta di una nuova tipologia contrattuale in cui si fondono un contratto di locazione e un preliminare di vendita di un immobile.
Ciò vuol dire che il proprietario:
- consegna fin da subito l’immobile al conduttore-futuro acquirente, il quale paga il canone;
- dopo un certo periodo di tempo il conduttore può decidere se acquistare il bene, detraendo dal prezzo una parte dei canoni pagati.
Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito.
Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo.
Con riferimento al caso di specie, la società di gestione di immobili afferma di essere stata spinta dalle avverse congiunture economiche conseguenti alla crisi pandemica da COVID19 alla sottoscrizione di un contratto di concessione del godimento con diritto di acquisto con una società terza.
Secondo l'Istante quest'ultima società (BETA), pur avendo dimostrato interesse per l'acquisto degli immobili, a causa del perdurare della crisi economica al fine di rimanere in una ottica di prudenza, ha preferito ricorrere alla formula ''rent to buy'', anziché stipulare direttamente un contratto di acquisto.
Inoltre, l’istante - a causa del mancato superamento del test di operatività - per il periodo d'imposta 2022, afferma di rientrare nell'ambito di applicazione della disciplina delle società c.d. non operative di cui all'articolo 30 della legge n. 724 del 1994.
A suo avviso, però, sussistono oggettive situazioni che consentono la disapplicazione della disciplina in questione per il periodo d'imposta 2022, ai sensi del comma 4 bis del citato articolo 30.
Rent to buy con canone esiguo, impossibile disapplicare la disciplina delle società di comodo
Nella risposta ad interpello n. 97/2024 l’Agenzia delle Entrate parte dal ricordare le condizioni per cui può essere richiesta la disapplicazione della disciplina delle società di comodo, o non operative.
Secondo quanto precisato anche nella circolare n. 5/E del 2 febbraio 2007, l’Agenzia individua gli elementi necessari per presentare istanza di disapplicazione nei seguenti:
- descrizione della fattispecie concreta;
- indicazione delle oggettive situazioni che hanno impedito alla società di superare il test di operatività di cui all'articolo 30, comma 1, della legge n. 724 del 1994 o di conseguire un reddito almeno pari a quello minimo presunto, determinato ai sensi del comma 3 del predetto articolo;
- atti e documenti necessari alla corretta individuazione e qualificazione della fattispecie.
Nell’istanza presentata dalla società di gestione, con riferimento al periodo d’imposta 2022, emerge che è stato sottoscritto un contratto di concessione in godimento per la durata di due anni a fronte del pagamento di un canone mensili e che nel caso in cui la parte conduttrice non eserciti, nei termini convenuti, il diritto all'acquisto, ovvero eserciti il recesso, l’atto cesserà di produrre ogni effetto alla scadenza del termine deciso.
Inoltre, ai fini fiscali, ai sensi della circolare n. 4/E/2015, per la quota dei canoni imputata al godimento dell’immobile trovano applicazione le disposizioni previste per i contratti di locazione, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette.
In relazione, invece, all'applicazione della disciplina delle società c.d. non operative nel caso di locazione di immobili, la circolare n. 44/E del 9 luglio 2007 ha affermato che, in caso di canone di locazione inferiore al prezzo di mercato, l'istanza può essere accolta nel presupposto che la determinazione del canone pattuito non è riconducibile alla volontà del contribuente.
Analizzando tutto ciò, l’Amministrazione finanziaria ritiene che, nel caso di specie, il canone pattuito a titolo di concessione del godimento dei beni è inferiore al prezzo di mercato e, al contempo, non vi sono elementi volti a dimostrare le ragioni e/o le motivazioni poste alla base della ripartizione del canone, prevista nel contratto, tra quanto dovuto a titolo di concessione del godimento e quanto a titolo di caparra penitenziale.
Inoltre, secondo l'Amministrazione finanziaria “non è ravvisabile alcuna volontà contraria della società alla determinazione di un esiguo canone per la concessione in godimento dei beni oggetto del contratto pattuito”.
Pertanto, secondo la risposta n. 97/E, non sussistono oggettive situazioni che abbiano reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi dell'articolo 30 della legge n. 724 del 1994.
Di conseguenza, contrariamente all’ipotesi dell’istante, l’Agenzia nega alla società la disapplicazione della disciplina delle società di comodo, sottolineando l'importanza di assicurare che i canoni nei contratti di rent to buy riflettano valori di mercato per evitare implicazioni negative sotto l'aspetto della fiscalità delle società.
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