Illecite operazioni di trading: confisca solo su profitto
Pubblicato il 13 maggio 2019
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Consulta su operazioni finanziarie illecite: no alla confisca amministrativa dell’intero prodotto e dei beni utilizzati per commetterle, anziché del solo profitto.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 112 del 10 maggio 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale dell’articolo 187-sexies del Decreto legislativo n. 58/1998, sia nel testo originariamente introdotto dalla Legge n. 62/2005, sia nella sua ultima versione, risultante dalle modifiche di cui al Decreto legislativo n. 107/2018.
L’incostituzionalità riguarda la parte dell'articolo in cui si prevede che la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, possa essere disposta sull’intero “prodotto” di operazioni finanziarie illecite e sui “beni utilizzati” per commetterle, e non sul solo profitto ricavato da queste operazioni.
Corte costituzionale: sanzione sproporzionata
Secondo i giudici costituzionali, queste particolari forme di confisca, unitamente alle elevatissime sanzioni pecuniarie previste dal Testo unico della finanza (TUF), conducono a risultati punitivi in contrasto con il principio della necessaria proporzionalità della sanzione.
Nel sistema sanzionatorio degli abusi di mercato, infatti, la combinazione tra una sanzione pecuniaria di eccezionale severità e una ulteriore sanzione anch’essa di carattere “punitivo”, come quella rappresentata dalla confisca del prodotto e dei beni utilizzati per commettere l’illecito, “necessariamente conduce, nella prassi applicativa, a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati”.
Diritto al silenzio su market abuse
Di seguito, si segnala un ulteriore provvedimento, depositato dalla Corte costituzionale nella medesima data del 10 maggio.
Si tratta dell'ordinanza n. 117/2019, con cui i giudici costituzionali hanno deciso di sottoporre alla Corte di giustizia UE, in via pregiudiziale, due questioni in tema di market abuse e, in generale, di illeciti di competenza della CONSOB.
Questione alla Corte di giustizia
La Corte Ue dovrà così chiarire se il “diritto al silenzio”, riconosciuto a chi potrebbe essere incolpato di un reato, valga anche davanti alla CONSOB, per gli illeciti di sua competenza.
Nel dettaglio, è stato chiesto:
- se l’art. 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/6/CE, tuttora applicabile ratione temporis, e l’art. 30, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 596/2014 consentano o meno agli Stati membri di non sanzionare chi si rifiuti di rispondere a domande dell’autorità competente dalle quali possa emergere la propria responsabilità per un illecito punito con sanzioni amministrative di natura “punitiva”;
- se, in caso di risposta negativa alla prima questione, gli articoli richiamati siano compatibili con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo “nella misura in cui impongono di sanzionare anche chi si rifiuti di rispondere a domande dell’autorità competente dalle quali possa emergere la propria responsabilità per un illecito punito con sanzioni amministrative di natura “punitiva”.
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