Il rilascio del visto di conformità

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Il rilascio del visto di conformità

Profili di criticità per il rilascio per Caf e professionisti

Il visto di conformità o visto “leggero” viene introdotto dal D.Lgs. n. 241 del 9 luglio 1997 e costituisce una delle attività di controllo per la corretta applicazione delle norme tributarie attribuito ai Centri di assistenza fiscale (Caf) e ai professionisti abilitati iscritti negli appositi Albi.

L’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali:

  • garantisce ai contribuenti un corretto adempimento di alcuni obblighi tributari;

  • agevola l’Amministrazione Finanziaria nella selezione delle posizioni da controllare;

  • permette di contrastare il fenomeno delle compensazioni nelle ipotesi di crediti inesistenti;

  • semplifica le procedure sui rimborsi Iva.

L’apposizione del visto presenta inoltre alcune criticità, specie in relazione alla responsabilità in capo ai soggetti che possono rilasciarlo, in particolare per quanto riguarda la responsabilità penale in caso di apposizione del c.d. visto “pesante” (o certificazione tributaria), ulteriore tipologia di controllo prevista dall’art. 36 del D.Lgs. n. 241/1997.

Il visto di conformità

Apponendo il visto il professionista effettua una attestazione con riferimento all’esecuzione dei controlli previsti nell’art.2 del Decreto n. 164/1999. In particolare viene riscontrata la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze della documentazione e alle norme che disciplinano la deducibilità e detraibilità degli oneri, i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto.

I controlli sono finalizzati per evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili, delle imposte e delle ritenute e nel riporto delle eccedenze risultanti dalle precedenti dichiarazioni.

Tali controlli implicano la verifica:

  • della regolare tenuta della contabilità (ai fini delle imposta sui Redditi e ai fini Iva);

  • della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e alla relativa documentazione;

  • della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alla documentazione prodotta dal contribuente nel caso del modello 730.

Relativamente al modello 730 l’insieme dei controlli è più articolato, occorre in questo caso effettuare il riscontro:

  • delle ritenute subite;

  • dei versamenti effettuati a titolo di acconto;

  • delle deduzioni dal reddito;

  • delle detrazioni e crediti d’imposta e delle eccedenze.

L’Agenzia delle Entrate, con diversi documenti di prassi, ha specificato le tipologie di riscontri che occorre effettuare, ad esempio con la circolare n. 28/E del 5 settembre 2014 ha fornito indicazioni sull’apposizione del visto di conformità per l’utilizzo dei crediti superiori a 15.000 euro.

La circolare n. 26/E del 26 febbraio 2015 fornisce indicazioni dettagliate sui controlli prodromici da porre in essere al fine di apporre il visto.

L’apposizione del visto non è una facoltà, ma è obbligatorio apporlo nei seguenti casi:

  • per la presentazione del Modello 730;

  • per la compensazione dei crediti IVA di importo superiore a 15.000 euro annui;

  • per la compensazione dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte di cui all’art. 3, del D.P.R. n. 602/1973, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito e all’IRAP, per importi superiori a 15.000 euro annui, relativamente alle singole dichiarazioni dalle quali emerge il credito;

  • per ottenere l’esecuzione dei rimborsi dei crediti IVA, di ammontare superiore a 30.000 euro, senza presentazione della prescritta garanzia.

Ambito soggettivo

Possono apporre il visto di conformità:

  • i professionisti iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

  • i professionisti iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro;

  • i soggetti iscritti, alla data del 30 settembre 1993, nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.

Sono legittimati ad apporre il visto i responsabili dell’assistenza fiscale di un Caf ai sensi dell’art. 35, comma 3, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

Per apporre il visto bisogna essere in possesso dell’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, inoltre si deve presentare alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate o alle Direzioni Provinciali di Bolzano o Trento territorialmente competenti in ragione del proprio domicilio fiscale una apposita comunicazione.

La comunicazione deve contenere:

  • i dati anagrafici, i requisiti professionali, il codice fiscale e la partita Iva;

  • il domicilio e gli altri luoghi dove viene esercitata l'attività professionale (se il professionista esercita nell'ambito di un'associazione professionale, deve indicare anche i dati dello studio associato, cioè denominazione, codice fiscale e sede);

  • la denominazione o la ragione sociale e i dati anagrafici dei soci e dei componenti il consiglio di amministrazione o del collegio sindacale;

  • la denominazione o la ragione sociale delle società di servizi delle quali il professionista intende avvalersi per lo svolgimento dell'attività di assistenza fiscale, con l'indicazione delle specifiche attività da affidare alle stesse.

Alla comunicazione va allegata:

  • copia della polizza assicurativa;

  • dichiarazione di assenza di provvedimenti di sospensione dell'ordine professionale di appartenenza;

  • la dichiarazione della sussistenza di specifici requisiti (come, ad esempio, non avere condanne e procedimenti penali pendenti per reati finanziari o tributari, non aver commesso violazioni gravi e ripetute alle norme in materia contributiva e tributaria);

  • copia del documento di identità.

Relativamente alla polizza assicurativa della responsabilità civile la copertura deve riferirsi alla prestazione dell’assistenza fiscale con l’apposizione del visto sulle dichiarazioni, senza alcuna limitazione della garanzia ad un solo specifico modello di dichiarazione inoltre:

  • il massimale deve essere adeguato al numero dei contribuenti assistiti, al numero dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie rilasciate, e comunque, non deve essere inferiore a 3.000.000 di euro;

  • la copertura assicurativa non deve contenere franchigie o scoperti;

  • la polizza deve prevedere per gli errori commessi, il totale risarcimento del danno denunciato nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto, indipendentemente dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto assicurativo;

  • nel caso del modello 730, la polizza deve garantire al bilancio dello Stato, o al diverso ente impositore, il pagamento delle somme di cui all’art. 39, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 241/1997, sempre che l’errore non sia imputabile a condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.

Le sanzioni

In caso di commissione di errori da parte del professionista nell’apposizione del visto di conformità, siamo nell’ambito del “visto infedele” per il quale si rendono applicabili le sanzioni previste dall’art. 39 del già citato D.Lgs. n. 241/1997.

Salvo che il fatto costituisca reato e ferma restando l’irrogazione delle sanzioni tributarie, la sanzione amministrativa prevista varia da euro 258 ad euro 2.582.

Se il visto infedele viene apposto sul modello 730 e salvo la presentazione nei termini della dichiarazione rettificativa o dolo o colpa grave del contribuente, chi appone il visto è tenuto nei confronti dello Stato o del diverso ente impositore al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente.

La violazione è punibile in caso di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, di cui all’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 (controllo formale), e in caso di controllo ai sensi degli artt. 36-ter e seguenti del medesimo Decreto (controllo sostanziale o documentale), nonché, in materia di IVA, in caso di liquidazione dell’imposta dovuta in base alle dichiarazioni e di controllo di cui agli artt. 54 e seguenti del D.P.R. n. 633/1972.

Vi sono anche le sanzioni accessorie, nella ipotesi di ripetute violazioni, ovvero quando queste sono particolarmente gravi.

In questi casi viene disposta la sospensione dalla facoltà di rilasciare il visto, per un periodo da uno a tre anni. Se tali violazioni sono ripetute e commesse dopo il periodo di sospensione, è prevista la inibizione al rilascio del visto di conformità.

Relativamente all’assistenza fiscale (quindi sul modello 730) l’autorizzazione all’esercizio dell’attività può essere sospesa, per un periodo da tre a dodici mesi, quando sono commesse gravi e ripetute violazioni di norme tributarie o contributive e delle disposizioni di cui agli artt. 34 e 35 del D.Lgs. n. 241/1997, nonché quando gli elementi forniti all’Amministrazione finanziaria risultano falsi o incompleti rispetto alla documentazione fornita dal contribuente.

Per le ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, è disposta la revoca dell’esercizio dell’attività di assistenza, in alcuni casi di particolare gravità è disposta la sospensione cautelare.

Criticità connesse al rilascio del visto

L’istituto del visto di conformità presenta alcune criticità che riguardano in particolare:

  • la polizza assicurativa;

  • la complessità dei controlli da eseguire;

  • una presunta incostituzionalità, da più parti evidenziata, delle sanzioni in materia di 730.

Una prima distinzione da fare è quella tra visto di conformità rilasciato per le compensazioni o per i rimborsi IVA e quello apposto sui modelli 730.

Nel primo caso, l’unico vantaggio per il contribuente titolare di partita IVA è quello di poter compensare orizzontalmente crediti eccedenti i 15.000 euro o ottenere rimborsi Iva di importo superiore a 30.000 euro.

Nel secondo caso, la convenienza per il contribuente che presenta il Mod. 730 di avvalersi di un professionista o di un Caf, tenuti in ogni caso ad apporre il visto di conformità, è parecchio rilevante in quanto il contribuente è liberato da ogni responsabilità nei confronti dell’Erario.

Relativamente alla polizza, le particolari clausole che sono richieste dall’Agenzia delle Entrate e l’innalzamento del massimale (portato da euro 1.032.914 a euro 3.000.000), determinano premi elevati in particolare per le pratiche di importo non alto.

In merito ai controlli da eseguire si deve evidenziare che in sede di accertamento, qualsiasi rettifica operata dall’Agenzia sulle dichiarazioni presentate munite di visto riguardante componenti di reddito o l’IVA esigibile o detraibile, determina automaticamente l’infedeltà del visto.

Non vi sono grossi problemi invece per le attestazioni alle imprese che affidano l’esecuzione delle scritture contabili allo studio del professionista in quanto le registrazioni contabili ricadono già nella responsabilità del medesimo, che dovrà limitarsi ad attestarne la regolarità.

Il profilo di maggior criticità riguarda però l’impianto sanzionatorio previsto nel caso di visto infedele relativo al modello 730.

Gli artt. 5 e 6, D.Lgs. n. 175/2014 intervengono sul sistema sanzionatorio, con pesanti ripercussioni soprattutto nei confronti dei Caf e professionisti.

Il modello 730 trasmesso, dal Caf o professionista, deve essere provvisto di visto di conformità e, nel caso in cui il visto sia infedele, la responsabilità, non solo per le sanzioni, ma anche per le imposte e gli interessi, restano in capo al soggetto che l’ha rilasciato.

La certificazione tributaria

Rispetto al visto la certificazione tributaria permette il controllo sostanziale sulla corretta applicazione delle norme tributarie che interessano la determinazione, la quantificazione ed il versamento dell’imposta.

Per ridurre l’impatto delle verifiche fiscali, o per avere dei benefici in sede di contenzioso, l’art. 36 del D.Lgs. n. 241/1997 riconosce al contribuente la facoltà di richiedere l’apposizione del “visto pesante” che può essere rilasciato dai:

  • revisori contabili iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro.

L’ambito di applicazione soggettivo della norma è come si vede più ristretto rispetto a coloro che possono rilasciare il visto di conformità leggero, tuttavia la semplice appartenenza alle sopra citate professioni, non determina automaticamente l’abilitazione al rilascio del visto pesante, e per poterlo fare i professionisti devono:

  • aver esercitato la professione per almeno cinque anni;

  • essere abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni;

  • aver notificato alla Direzione Regionale delle Entrate competente una apposita comunicazione;

  • aver preventivamente stipulato una polizza per la responsabilità civile, anch’essa da trasmettere alla DRE;

  • aver predisposto la dichiarazione e tenuto le relative scritture contabili, e rilasciato nei confronti dei medesimi contribuenti anche il visto di conformità e, qualora applicabile, l’asseverazione, ma non devono rivestire l’incarico di responsabile dell’assistenza fiscale di un Caf.

Trattandosi di un giudizio professionale, il professionista abilitato può rilasciare la relativa certificazione richiesta solo qualora sussista la ragionevole convinzione della corretta osservanza della normativa applicabile.

Il rilascio di una certificazione tributaria infedele lo espone a responsabilità rilevanti, che non sono definibili a priori, in quanto oggetto di valutazione caso per caso.

In merito vi è la circolare del Ministero delle Finanze n. 55 del 24 marzo 2000 che si limita a richiamare quanto previsto dall’art. 39, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 241/1997.

Salvo che il fatto costituisca reato, e ferma restando l’irrogazione delle sanzioni per le violazioni di norme tributarie, se non vengono applicate correttamente dal certificatore le norme tributarie sostanziali con riferimento al reddito di impresa oggetto della certificazione, e lo stesso, nell’effettuare i controlli, non si sia attenuto ai principi di revisione tributaria approvati, e ai normali canoni di diligenza professionale, trova applicazione una sanzione amministrativa variabile da euro 516 ad euro 5.165.

E’ prevista, inoltre, la sospensione della facoltà di rilasciare la certificazione tributaria per un periodo da uno a tre anni in caso di accertamento:

  • di tre distinte violazioni commesse nel corso di un biennio;

  • di ulteriori violazioni, di particolare gravità, considerando come tale il mancato pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata.

Le sanzioni sono irrogate con provvedimento della Direzione Regionale delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del certificatore e i provvedimenti sono trasmessi agli Ordini di appartenenza dei certificatori, che hanno commesso la violazione per l’eventuale adozione di ulteriori provvedimenti.

Un aspetto controverso riguarda il profilo penale sul quale esistono posizioni diverse sia in giurisprudenza che in dottrina. Nello specifico, la difficoltà di individuare la responsabilità a carico del professionista, compresa l’ipotetica applicabilità dell’art. 481 c.p. in materia di falsità ideologica in certificati, commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, (unitamente al requisito della facoltatività della certificazione tributaria), determina una scarsa diffusione di un importante strumento di controllo a beneficio del contribuente.

Quadro Normativo

Decreto Legge n. 241 del 9 luglio 1997

Decreto Ministeriale n. 164 del 31 maggio 1999

Circolare n. 26 del 26 febbraio 2015

Circolare n. 28 del 5 settembre 2014

D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973

 

 

 

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