Ferie retribuite, spettano anche le indennità correlate allo status professionale del lavoratore

Pubblicato il



Ferie retribuite, spettano anche le indennità correlate allo status professionale del lavoratore

Secondo l’orientamento ormai prevalente della giurisprudenza di merito e di legittimità, durante i periodi di ferie sono dovute dal datore di lavoro, oltreché le normali voci economiche di composizione della retribuzione giornaliera, tutte le somme e/o indennità correlate e/o appartenenti allo status personale e professionale del lavoratore.

L’assunto, tra le altre pronunce, è stato recentemente ribadito dagli Ermellini nella sentenza 11 luglio 2023, n. 19663 e trova fondamento nella necessità di assicurare al lavoratore, durante il periodo di godimento delle ferie, una retribuzione sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria, evitando che una sua eventuale diminuzione possa essere idonea a dissuaderlo dall’esercizio del diritto alle ferie.

Le ferie nell’ordinamento nazionale

Nel nostro ordinamento l’irrinunciabile diritto alle ferie retribuite trova fondamento nell’art. 36 della Carta Costituzionale ed ha lo scopo di consentire al lavoratore il recupero delle energie psicofisiche.

La determinazione legale di tale periodo è contenuta nell’art. 10, decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, a mente del quale al lavoratore spetta un periodo di ferie non inferiore a 4 settimane, conferendo, altresì, alla contrattazione collettiva la possibilità di prevedere condizioni di miglior favore per i lavoratori di una determinata categoria professionale.

Il predetto periodo minimo legale va goduto per almeno due settimane nel corso del periodo di maturazione e per le restanti due settimane nei 18 mesi successivi dell’anno di maturazione. Tale ultimo termine può essere derogato in un periodo più ampio dalla contrattazione collettiva, con il solo limite di non snaturare la funzione propria dell’istituto ovverosia il ripristino delle energie psicofisiche del lavoratore.

ATTENZIONE: Il  periodo minimo legale di 2 settimane, da godere nel corso dell’anno di maturazione, non comporta una responsabilità del datore di lavoro laddove non sia stato possibile far recuperare le energie psicofisiche al lavoratore per assenze dovute ad eventi tutelati come malattia, infortunio, maternità o cassa integrazione (Ministero del Lavoro, interpello 18 ottobre 2006, n. 4908).

Considerata la funzione propria delle ferie, vige il generale principio di divieto di monetizzazione delle ferie che trova la propria ratio nel superiore interesse di tutelare la salute della persona rispetto ad un continuo svolgimento dell’attività lavorativa.

L’eventuale corresponsione della c.d. indennità per ferie non godute può, allora, trovare corresponsione esclusivamente nelle ipotesi di:

  • cessazione del rapporto di lavoro;
  • contratti collettivi che attribuiscano periodi minimi di ferie superiori a 4 settimane e limitatamente alle giornate eccedenti il citato periodo;
  • rapporti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore all’anno (Ministero del Lavoro, circolare 3 marzo 2005, n. 8).

Concessione e aspetti sanzionatori

In tema di rispetto alle prescrizioni legali sui periodi di ferie, la violazione delle disposizioni previste dall’art. 10, decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 18-bis, del medesimo testo normativo, sicché l’impianto sanzionatorio è come di seguito sintetizzabile:

Violazione

Fattispecie

Sanzione dal 1° gennaio 2019

Periodo annuale di ferie 
(Art. 10, c. 1)

Violazione che riguarda fino a 5 lavoratori

Da € 120 ad € 720

Violazione che riguarda da 6 a 10 lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni

Da € 480 ad € 1.800

Violazione che riguarda più di 10 lavoratori ovvero si è verificata in almeno 4 anni

Da € 960 ad € 5.400 senza possibilità di pagamento in misura ridotta

Il decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 pone in capo al datore di lavoro l’obbligo di rispettare le seguenti prescrizioni:

  1. concedere un periodo di ferie di 2 settimane nel corso dell’anno di maturazione, per un periodo ininterrotto laddove richiesto espressamente dal lavoratore;
  2. concedere le ulteriori 2 settimane di ferie entro i 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione delle ferie, salvo eventuale ulteriore termine previsto dal CCNL applicato;
  3. concedere eventuali periodi di ferie, eccedenti il limite minimo legale, entro il termine stabilito dalle parti del rapporto di lavoro (tali giornate potranno anche essere monetizzate).

NOTA BENE: L’inottemperanza alle disposizioni sopracitate configura, altresì, una violazione del contratto collettivo applicato in azienda o, comunque, una violazione degli altri obblighi di legge, sicché – sino al ripristino dell’irregolarità e per il solo lavoratore interessato dalla violazione – appare preclusa la possibilità di godere di eventuali agevolazioni contributive così come previsto dall’art. 1, comma 1175, legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Retribuzione spettante 

La richiamata sentenza della Corte di Cassazione 11 luglio 2023, n. 19663 afferma l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, così come interpretata anche dalla Corte di Giustizia Europea, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale o professionale del lavoratore.

La sentenza ha trovato origine nel ricorso presentato da alcuni lavoratori e avente ad oggetto l’accertamento del diritto al computo della retribuzione dovuta durante le ferie dei compensi spettanti a titolo di incentivo per indennità di condotta e indennità di riserva, nei termini prescritti dall’accordo aziendale in uso. Caso che ha trovato accoglimento innanzi al giudice di prime cure ed innanzi alla Corte d’Appello.

In primis gli Ermellini rilevano che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di ferie è fortemente influenzata dall’interpretazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha precisato che con l’espressione "ferie annuali retribuite" di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva n. 88/2003 si vuole far riferimento al fatto che, durante il periodo feriale, deve essere mantenuta la retribuzione, con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire, in tale periodo di riposo, la retribuzione c.d. ordinaria.

Ciò appare necessario al fine di non dissuadere il lavoratore rispetto alla possibilità di esercizio del proprio diritto al godimento delle ferie. La percezione di una minore retribuzione durante il periodo utile al recupero delle energie psico fisiche, infatti, sarebbe idonea ad indurre, anche solo potenzialmente, il dipendente a non godere di tale periodo di riposo.

Pertanto, ribadendo quanto già affermato nella precedente sentenza della Suprema Corte 17 maggio 2019, n. 13425, è ormai da ritenere affermato il principio secondo cui la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della citata direttiva, comprenda tutte quelle voci economiche direttamente collegate alle mansioni affidate al lavoratore e/o correlate allo status personale o professionale del prestatore di lavoro.

ATTENZIONE: Tale assunto deve intendersi valido anche nel caso di erogazione del compenso relativo al mancato godimento delle ferie (Cassazione 30 novembre 2021, n. 37589)

Al riguardo, si noti che la verifica di detti principi e, dunque, la valutazione circa la potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie è affidata al giudice di merito il quale deve accertare se l’incidenza di dette voci non corrisposte durante i periodi feriali, certamente erogate in via continuativa durante il rapporto di lavoro, siano idonee o meno ad incidere sul trattamento economico mensile e, conseguentemente, sul potenziale effetto deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.

Nel caso affrontato dalla Corte, i giudici di merito hanno ritenuto che un’incidenza di circa il 25/30% sul trattamento economico mensile riconosciuto al lavoratore è idoneo a dissuadere il prestatore stesso dal diritto alle ferie.  

QUADRO NORMATIVO

Cassazione, sentenza 11 luglio 2023, n. 19663

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito