Equo compenso: appalti pubblici con incarichi gratuiti per i professionisti
Pubblicato il 24 maggio 2023
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Il 20 maggio 2023 è entrata in vigore la legge 21 aprile 2023, n. 49 che sancisce il principio generale dell’equo compenso delle prestazioni professionali.
La disciplina dell'equo compenso si applica anche alle prestazioni rese dal professionista nei confronti della pubblica amministrazione e delle società a partecipazione pubblica.
Tuttavia la posizione di vantaggio della PA (contraente forte) nei confronti del professionista (contraente debole) nel contratto d'opera intellettuale (art. 2230 c.c.) non è riconducile nè paragonabile a quella ricoperta dalla platea degli altri contraenti forti (vale a dire, imprese bancarie e assicurative ovvero grandi imprese con più di 50 addetti o con ricavi annui superiori a 10 milioni di euro) delineata dal legislatore.
A ricordarlo, se ce ne fosse bisogno, è il nuovo Codice dei contratti pubblici che di fatto, ad oggi, per la PA, lascia ancora aperta la possibilità di ricorrere ad incarichi gratuiti. A quali condizioni?
Cosa prevede il nuovo Codice degli appalti pubblici
Dal 1° aprile 2023 è in vigore il nuovo Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 che attua la legge delega 21 giugno 2022, n. 78).
L’articolo 8 del Codice, in particolare, codifica il principio di autonomia contrattuale della PA e il divieto di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito.
Viene così stabilito che la PA, nel perseguire le proprie finalità istituzionali, debba essere dotata di autonomia contrattuale. E che, sulla base di tale principio, la PA possa concludere qualsiasi contratto, anche gratuito, fatti salvi i divieti espressamente previsti dallo stesso codice appalti e da altre disposizioni di legge.
Viene altresì previsto che le prestazioni d’opera intellettuale non possano essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione.
Fatti salvi tali casi eccezionali, la pubblica amministrazione è tenuta a garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso.
Il divieto (si badi, non assoluto) di prestazione gratuita è riferito solo alle prestazioni d’opera intellettuale (articoli 2229 e seguenti del codice civile).
Le novità della legge sull’equo compenso
L’articolo 2 della legge 21 aprile 2023, n. 49 estende la disciplina in materia di equo compenso alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione.
Pertanto anche alla PA, in qualità di contraente forte, si applicheranno (di norma) la regola dell’equo compenso e le conseguenti tutele per il professionista e in particolare:
- la previsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri ministeriali;
- la nullità delle clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri ministeriali, delle pattuizioni rivelatrici di uno squilibrio nei rapporti tra professionista e impresa e di altre tipologie di clausole e pattuizioni (il legislatore ne elenca 10).
Il professionista potrà impugnare la convenzione, il contratto, l'esito della gara, l'affidamento e qualsiasi accordo che preveda un compenso non equo innanzi al tribunale competente per far valere la nullità della singola clausola o pattuizione e chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso.
La dichiarazione di nullità riguarda solo la clausola o la pattuizione vessatoria e non l'intero contratto, che resta pertanto valido.
Criticità e considerazioni conclusive
In deroga ai principi generali prima illustrati, nel settore dei contratti pubblici e in virtù dell’autonomia contrattuale accordata dall’ordinamento giuridico, la PA potrà continuare a prevedere incarichi gratuiti per le prestazioni d’opera intellettuale in casi eccezionali e previa adeguata motivazione.
Tali casi eccezionali non sono stati espressamente definiti dal legislatore e pertanto sono rimesse alla discrezionalità di stazioni appaltanti ed enti concedenti.
Siamo di fronte da un vulnus normativo che rischia di ridurre l’ambito di operatività della neonata legge sull’equo compenso?
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