Doppia imposizione ai fini Irpef: i versamenti non dovuti vanno rimborsati

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A seguito di un controllo fiscale della Guardia di Finanza, ad un’impresa viene contestata un’indebita deduzione di costi per prestazioni di lavoro autonomo occasionale, in effetti inesistenti dato che la contribuente aveva dichiarato di non essersene mai avvalsa. Anzi, l’impresa, a fronte di costi fittizi, aveva comunque versato le ritenute Irpef all’Erario benché non fossero state ammesse in deduzione. Successivamente, il verbale era stato definito in adesione e si era proceduto al pagamento delle conseguenti imposte e sanzioni.

L’impresa ricorre in Commissione tributaria di fronte al silenzio-rifiuto dell’ufficio delle Entrate, adducendo che il versamento delle ritenute versate sulle prestazioni inesistenti è da considerarsi un vero e proprio versamento ai fini Irpef, con tanto di ricaduta nella fattispecie di doppia imposizione di cui all’articolo 163 del Tuir, visto che la stessa impresa ha proceduto, in un secondo momento, a corrispondere per adesione le somme richieste in sede di Pvc.

Per il Fisco si tratta, invece, di un ricorso infondato essendo l’obbligato principale il percettore del reddito, cioè colui per il quale la ritenuta era stata operata, non chi ha proceduto ad effettuare il versamento.

I giudici della Commissione tributaria provinciale di Perugia, con la sentenza n. 90/01/12, accogliendo il ricorso, ribadiscono che il versamento delle ritenute poteva essere attribuito solo all’impresa ricorrente, trattandosi di ritenute effettuate sui compensi ritenuti fittizi. Solo tale impresa, infatti, attraverso l’adesione al Pvc e il conseguente versamento delle imposte, si è trovata nella circostanza di aver duplicato le somme da versare all’Erario. Per i giudici provinciali, dunque, è opportuno riconoscere il diritto al rimborso per il sostituto d’imposta, che ha versato le ritenute Irpef su prestazioni di fatto mai ricevute.
Anche in
  • Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 4 - Rimborso se non c'è la prestazione – Ambrosi

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