Disciplina Cfc, novità alla luce della direttiva Atad. Circolare e provvedimento in consultazione
Pubblicato il 06 luglio 2021
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Posta in pubblica consultazione sul sito web dell’Agenzia delle Entrate la bozza di una circolare con i chiarimenti in merito alla disciplina sulle Società controllate estere (Controlled Foreign Companies, Cfc), alla luce delle modifiche introdotte dopo il recepimento della direttiva ATAD da parte del Dlgs n. 142/2018.
Il documento è accompagnato anche da uno schema di provvedimento con i nuovi criteri per determinare in modalità semplificata il requisito dell’effettivo livello di tassazione (tassazione effettiva dell’utile inferiore al 50% di quella italiana) indicato dall’articolo 167, comma 4, lettera a del Tuir.
I due documenti potranno essere consultati dagli operatori economici, professionisti ed esperti fino al 6 agosto 2021; eventuali contributi al riguardo o proposte di modifica potranno essere inviati esclusivamente tramite posta elettronica, all’indirizzo dc.gc.internazionale@agenziaentrate.it. Le osservazioni trasmesse verranno valutate dall’Amministrazione finanziaria, ai fini di un eventuale recepimento nella versione definitiva della circolare.
Riforma della disciplina delle società controllate estere dopo il recepimento della Direttiva ATAD
Scopo della nuova circolare agenziale è quello di fornire chiarimenti sulla disciplina Cfc attualmente in vigore, in seguito alle modifiche introdotte dal Dlgs n.142/2018 (Decreto ATAD).
Nel documento di prassi vengono analizzati, in particolar modo, l’ambito soggettivo, il requisito del controllo e la circostanza esimente, che consente di disapplicare la disciplina Cfc al verificarsi di alcune condizioni.
Nella bozza di circolare si ricorda, in primo luogo, che la disciplina sulle Società controllate estere (articolo 167 del Tuir) è finalizzata a rendere imponibili in Italia gli utili prodotti dalle Cfc che beneficiano di una tassazione ridotta nello Stato di insediamento e che, al tempo stesso, risultano titolari di determinate categorie di proventi (passive income), senza svolgere un’attività economica effettiva.
L’imposizione derivante dall’applicazione delle disposizioni previste dalla disciplina Cfc viene subita dal soggetto controllante italiano, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili e in modo separato, indipendentemente dall’effettiva percezione degli stessi utili sotto forma di dividendi.
Nella versione provvisoria del documento, ci si sofferma sui requisiti per l’applicazione della suddetta disciplina, distinguendo quelli soggettivi da quelli oggettivi, consistenti nel:
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controllo esercitato dal soggetto residente nei confronti della partecipata estera;
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basso livello di tassazione della partecipata o della stabile organizzazione;
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conseguimento di specifici proventi.
In fase di recepimento della Direttiva ATAD, nell’adeguare la normativa italiana alle disposizioni unionali, il legislatore ha riformato l’intero sistema Cfc, anche nell’ottica di ridurre la complessità del relativo meccanismo applicativo.
La principale novità apportata dal decreto ATAD alla disciplina delle Cfc consiste proprio nella sostituzione del doppio sistema di tassazione con un’unica fattispecie, valida a prescindere dallo Stato di residenza o di localizzazione della società estera e al ricorrere di due requisiti:
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l’assoggettamento a una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui la controllata estera sarebbe stata soggetta qualora residente in Italia;
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il fatto che oltre un terzo dei propri proventi devono essere passive income.
Altri aspetti modificati della disciplina delle Cfc a seguito della riforma e che sono approfonditi nella circolare riguardano, tra gli altri:
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l’inclusione, tra i soggetti tenuti ad applicare la CFC, delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, in relazione alle entità estere da esse controllate;
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la conferma dell’inclusione, tra i soggetti esteri, delle stabili organizzazioni di soggetti residenti in regime di branch exemptiondi cui all’articolo 168-terdel TUIR;
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l’estensione della nozione di controllo, diretto o indiretto, anche ai casi di partecipazione agli utili superiore al 50 per cento;
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la riduzione dal 50 per cento ad un terzo della soglia dei proventi da “passive income” affinché la società controllata estera, sussistendo gli altri requisiti, possa essereconsiderata una CFC;
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la modifica dell’elenco dei proventi c.d. “passive”.
Infine, alcune novità riguardano la nozione di controllo e il concetto di esimente ancora valido.
La nozione di controllo è stata rivista a seguito della nuova formulazione dell’articolo 167 del Tuir (comma 3), che prima presupponeva che il soggetto residente detenesse il controllo di quello estero facendo riferimento al solo controllo civilistico (articolo 2359 codice civile), mentre nell’attuale versione dell’articolo 167 (comma 2) del Tuir si prevede che la disciplina Cfc si applichi a imprese, società ed enti non residenti nel territorio dello Stato rispetto ai quali si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:
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siano controllati, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 c.c., da un soggetto residente;
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oltre il 50% della partecipazione ai loro utili sia detenuto, direttamente o indirettamente, tramite una o più società controllate o tramite società fiduciaria o per interposta persona, da un soggetto residente.
Rinnovato anche il concetto di circostanza esimente per disapplicare la tassazione per trasparenza dei redditi della controllata estera. Secondo la nuova formulazione, l'unica esimente ormai valida per rendere non operante la disciplina Cfc è lo svolgimento (da parte del soggetto non residente che potenzialmente potrebbe ricadere in tale ambito) di un'attività economica effettiva, mediante impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.
Cfc, nuovi criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione
Lo schema di provvedimento aggiorna e sostituisce le indicazioni del precedente provvedimento del 16 settembre 2016, alla luce della nuova disciplina Cfc recata dal citato Decreto ATAD, disciplinando i criteri per determinare, con modalità semplificata, l’effettivo livello di tassazione a cui è assoggettata la controllata al fine della comparazione tra tassazione effettiva estera e tassazione virtuale interna.
Per il calcolo del tax rate effettivo estero, specifica il provvedimento in bozza, vanno comprese le imposte sul reddito effettivamente dovute dalla controllata nel paese di residenza, al netto di eventuali tax credit esteri, oltre a quelle assolte da tale società in altri stati.
Per calcolare la tassazione virtuale interna, invece, rileva l’IRES, senza considerare sue eventuali addizionali, al lordo di eventuali crediti di imposta per i redditi prodotti in uno Stato diverso da quello di localizzazione della controllata. Ai medesimi fini non assume rilevanza l’IRAP.
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