Direttiva “Stop the clock”: più tempo per sostenibilità e due diligence
Pubblicato il 07 aprile 2025
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Il 3 aprile 2025, il Parlamento europeo ha approvato in seduta plenaria, con procedura d’urgenza, la proposta della Commissione europea nota come “Stop the clock”, misura centrale del più ampio pacchetto di semplificazione normativa denominato “Omnibus I package”. Il pacchetto si inserisce nella strategia dell’Unione europea volta a rafforzare la competitività del mercato unico e a rendere più graduale e sostenibile l’attuazione degli obblighi normativi in materia di sostenibilità ambientale e sociale.
La proposta “Stop the clock”, sostenuta da una larghissima maggioranza dell’Aula – 531 voti favorevoli, 69 contrari e 17 astensioni – prevede modifiche temporali all’attuazione di due direttive fondamentali nel quadro della transizione sostenibile europea:
- la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD);
- la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD).
Il Parlamento ha adottato il testo senza emendamenti, utilizzando la procedura d’urgenza per accelerarne l’iter. L’approvazione parlamentare segue la posizione favorevole espressa dal Consiglio dell’Unione europea il 26 marzo 2025 e apre ora la strada alla conclusione del processo legislativo con l’adozione formale da parte del Consiglio.
Una volta pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, la direttiva entrerà in vigore secondo le scadenze previste, garantendo agli Stati membri un margine temporale per il recepimento entro il 31 dicembre 2025.
Contesto di riferimento e motivazioni
L’intervento del Parlamento europeo con la Direttiva “Stop the clock” si colloca all’interno di una strategia più ampia di semplificazione normativa promossa dalla Commissione europea, con l’obiettivo di favorire una transizione sostenibile più graduale e coerente con le effettive capacità operative delle imprese europee.
Tale strategia è stata formalizzata nel pacchetto “Omnibus I”, presentato il 26 febbraio 2025, che adotta un approccio a due binari:
- da un lato la proposta “Stop the clock”,
- dall’altro una rimodulazione dell’ambito applicativo delle principali direttive ESG – in particolare, la CSRD per le società non quotate e la CSDDD per quanto riguarda l’adeguamento degli obblighi di due diligence.
Alla base di questa iniziativa c’è la volontà di semplificare l’attuazione degli obiettivi ambientali e sociali già definiti dal Green Deal europeo e dal Piano d’azione per la finanza sostenibile, senza comprometterne l’ambizione. Il Parlamento ha risposto così alle crescenti sollecitazioni da parte di imprese, associazioni di categoria e autorità nazionali, che hanno segnalato difficoltà significative nell’implementazione tempestiva dei nuovi obblighi di rendicontazione e responsabilità lungo la catena del valore.
Obiettivi della Proposta "Stop the Clock"
La misura "Stop the clock" interviene sull'entrata in vigore di specifici obblighi normativi in materia di sostenibilità aziendale, concedendo alle imprese e agli Stati membri più tempo per adeguarsi alle nuove disposizioni. In particolare, la proposta prevede:
- Rinvio di due anni dell'applicazione degli obblighi previsti dalla Direttiva sulla Rendicontazione Societaria di Sostenibilità (CSRD) per le grandi imprese che non hanno ancora iniziato la rendicontazione e per le PMI quotate.
- Posticipo di un anno del termine di recepimento e della prima fase di applicazione della Direttiva sul Dovere di Diligenza delle Imprese ai fini della Sostenibilità (CSDDD) per le aziende di maggiori dimensioni.
Vediamo nel dettaglio le modifiche approvate dal Parlamento europeo, che ha rivisto l’impianto temporale originario delle direttive UE in materia di rendicontazione di sostenibilità e dovere di diligenza, adottando un approccio più flessibile e graduale.
Modifiche alla CSRD: rinvio di 2 anni
Con l’approvazione della direttiva “Stop the clock”, il Parlamento europeo ha disposto un significativo rinvio dei termini di applicazione degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità previsti dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Il provvedimento si rivolge in particolare alle grandi imprese non EIP (Enti di interesse pubblico) e alle PMI quotate, ovvero ai soggetti destinatari della seconda e terza ondata del calendario originario di implementazione, che ora potranno beneficiare di un differimento di due anni rispetto alle scadenze precedentemente fissate.
Secondo il calendario aggiornato:
- le grandi imprese non EIP (seconda ondata) saranno tenute a pubblicare la loro prima rendicontazione nel 2028, con riferimento all’esercizio 2027, invece del 2026;
- le PMI quotate e gli altri soggetti della terza ondata dovranno rendicontare dal 2029, per l’esercizio 2028;
- restano invariati gli obblighi per le imprese della prima ondata (EIP con oltre 500 dipendenti), che continueranno a pubblicare la loro prima dichiarazione nel 2025, e per le imprese della quarta ondata (grandi aziende extra-UE), che entreranno nel sistema nel 2029.
Il rinvio si giustifica con l’esigenza di ridurre l’onere amministrativo a carico delle imprese e concedere più tempo per adeguare assetti organizzativi e sistemi di raccolta dati in linea con gli standard europei ancora in fase di consolidamento. La complessità delle nuove disposizioni, unita all’eterogeneità del tessuto produttivo europeo, ha spinto le istituzioni a favorire un approccio più flessibile e realistico nell’attuazione degli obblighi ESG.
Oltre al rinvio temporale, il pacchetto di modifica della CSRD introduce ulteriori semplificazioni strutturali:
- viene proposta la cancellazione degli standard settoriali obbligatori, per evitare un aggravio eccessivo degli oneri di reporting;
- si prevede il mantenimento della “limited assurance” per le verifiche, eliminando l’obbligo di passare a una revisione più approfondita (“reasonable assurance”);
- per le PMI non quotate, è previsto uno standard volontario semplificato basato sul quadro VSME (Voluntary Sustainability Reporting Standards for non-listed SMEs), sviluppato da EFRAG;
- viene avviata la revisione degli ESRS (European Sustainability Reporting Standards), con l’obiettivo di semplificare la struttura degli standard, ridurre il numero di indicatori obbligatori, dare priorità ai dati quantitativi rispetto a quelli narrativi, e migliorare la valutazione della materialità;
- si stabilisce che le grandi imprese non potranno richiedere alle PMI della propria catena del valore informazioni ulteriori rispetto a quelle previste dallo standard volontario.
Nel complesso, queste modifiche intendono riallineare le tempistiche tra soggetti che resteranno obbligati e quelli che potrebbero essere esclusi da futuri restringimenti dell’ambito applicativo, evitando disparità nell’adozione delle regole e assicurando maggiore coerenza nel processo di transizione verso una rendicontazione ESG standardizzata, efficace e proporzionata.
Modifiche alla CSDDD: posticipo e revisione delle tempistiche
Con la direttiva “Stop the clock”, anche la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) ha subito un riposizionamento delle tempistiche di attuazione, finalizzato ad alleggerire il carico normativo e a garantire una maggiore coerenza con le nuove scadenze della CSRD. La direttiva impone alle imprese obblighi di due diligence lungo la catena del valore, con l’obiettivo di prevenire e mitigare gli impatti negativi delle loro attività su diritti umani e ambiente.
Il nuovo calendario prevede un rinvio di un anno sia per gli Stati membri che per le imprese soggette:
- il termine per il recepimento nazionale della direttiva (UE) 2024/1760 è stato spostato dal 2026 al 26 luglio 2027, così da permettere agli Stati membri di trasporre in modo uniforme le nuove disposizioni, tenendo conto delle linee guida applicative che la Commissione europea è chiamata a fornire;
- la prima fase di applicazione per le imprese inizierà il 26 luglio 2028, e coinvolgerà le società UE ed extra-UE con almeno 5.000 dipendenti e un fatturato superiore a 1,5 miliardi di euro (in precedenza fissata al 2027);
- a seguire, dal 26 luglio 2029, saranno obbligate le imprese con almeno 3.000 dipendenti e 900 milioni di euro di fatturato annuo;
- infine, la terza fascia di imprese – comprendente aziende UE con almeno 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato, società extra-UE con attività significative nel mercato europeo, nonché franchisee e licenziatarie con ricavi elevati da royalty – entrerà in regime dal 26 luglio 2029, con obbligo di rendicontazione a partire dal 1° gennaio 2030.
Inoltre, la rendicontazione specifica prevista dall’articolo 16 della Direttiva, relativa agli impatti lungo la catena del valore, sarà richiesta dal 1° gennaio 2029 per le prime categorie di imprese.
Una delle novità introdotte dalla riforma riguarda anche la frequenza del monitoraggio delle misure di due diligence, che viene estesa da un obbligo annuale a una verifica ogni cinque anni. Questa misura mira a ridurre il peso burocratico per le imprese, in particolare per le PMI che, pur non essendo direttamente obbligate, sono coinvolte nelle catene di fornitura delle grandi aziende.
Nel complesso, il rinvio risponde alla necessità di:
- armonizzare i tempi con quelli della CSRD, evitando picchi regolatori concentrati nello stesso periodo;
- dare alle imprese un margine operativo più ampio per prepararsi all’attuazione delle nuove regole;
- evitare sovrapposizioni normative che avrebbero potuto compromettere l’efficacia e la proporzionalità dell’intero impianto normativo europeo sulla sostenibilità.
Tabella riepilogativa dei rinvii: CSRD e CSDDD
Direttiva | Soggetti coinvolti | Scadenza originaria | Nuova scadenza | Note principali |
---|---|---|---|---|
CSRD | 1ª ondata – EIP >500 dipendenti già soggetti alla NFRD | 2025 (su esercizio 2024) | Invariata | Nessun rinvio |
2ª ondata – Grandi imprese non EIP, società madri di grandi gruppi | 2026 (su esercizio 2025) | 2028 (su esercizio 2027) | Rinvio di 2 anni | |
3ª ondata – PMI quotate, enti piccoli, assicurazioni captive | 2027 (su esercizio 2026) | 2029 (su esercizio 2028) | Rinvio di 2 anni | |
4ª ondata – Imprese extra-UE con soglie dimensionali | 2029 (su esercizio 2028) | Invariata | Nessun rinvio | |
CSDDD | Recepimento negli Stati membri | 26 luglio 2026 | 26 luglio 2027 | Rinvio di 1 anno per recepimento nazionale |
Imprese >5.000 dipendenti e >1,5 mld € fatturato | 2027 | 26 luglio 2028 | Prima fase di applicazione | |
Imprese >3.000 dipendenti e >900 mln € fatturato | 2028 | 26 luglio 2029 | Seconda fase | |
Imprese >1.000 dipendenti e >450 mln € fatturato, incl. franchisee/licenziatarie | 2029 | 26 luglio 2029 | Applicazione invariata, ma rendicontazione da 1° gennaio 2030 | |
Art. 16 – Rendicontazione catena del valore | 2028 | 1° gennaio 2029 | Slittamento di 1 anno |
Obiezioni e criticità sul rinvio delle direttive CSRD e CSDDD
L’approvazione della direttiva “Stop the clock” ha suscitato preoccupazioni nel mondo finanziario, in particolare da parte di Banca d’Italia, che ha messo in guardia contro il rischio di un rallentamento eccessivo nella transizione climatica e nella finanza sostenibile. Il vice direttore generale Paolo Angelini ha evidenziato come, con le nuove soglie previste, circa l’85% delle imprese italiane attualmente coinvolte nella rendicontazione di sostenibilità potrebbe essere esentato, con benefici marginali per le aziende, ma perdita di informazioni rilevanti per investitori e mercati.
Secondo Banca d’Italia, escludere un numero così elevato di imprese riduce la trasparenza del mercato e priva gli investitori di informazioni fondamentali per valutare i rischi ESG. Angelini, pertanto, ha commentato che un intervento di semplificazione è legittimo, ma non dovrebbe tradursi in un arretramento della trasparenza e della qualità del quadro regolamentare. La finanza, pur non potendo guidare da sola la transizione, rimane un attore chiave, e richiede strumenti affidabili e dati comparabili per orientare correttamente investimenti e strategie sostenibili.
A sua volta, Assirevi avverte sul rischio di proliferazione di rendicontazioni volontarie e non regolamentate, con danni a comparabilità e affidabilità dei dati. Anche il CNDCEC mette in guardia: il rinvio non deve svuotare la CSRD del suo valore originario. Si tratta di obblighi rimandati, ma non annullati. Il vero rischio è un'errata interpretazione del rinvio come via libera al disimpegno: rallentare ora potrebbe essere un errore strategico.
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