Dipendente in malattia, licenziato se ritarda la guarigione
Pubblicato il 25 maggio 2023
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Legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che, durante la malattia, svolge lavori che ritardano la guarigione e il rientro in servizio.
L'attività svolta in malattia ritarda il rientro in servizio? Licenziamento legittimo
E' quanto ribadito dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 12994 del 12 maggio 2023, pronunciata a conferma di una decisione con cui la Corte d'appello aveva confermato il licenziamento per disciplinare giusta causa che un'azienda aveva impartito ad un proprio dipendente.
A quest'ultimo, in particolare, era stato contestato di aver simulato l'infortunio occorsogli sul luogo di lavoro (che gli aveva cagionato un trauma alla caviglia) o comunque di aver aggravato lo stato di malattia ed ostacolato la guarigione, in considerazione dello svolgimento, mentre era in malattia, di condotte contrarie ai doveri di diligenza, fedeltà, correttezza e buona fede.
Sul punto, gli Ermellini hanno ricordato i principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il compimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente in stato di malattia, configura violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede.
E ciò:
- non solo, nell'ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia;
- ma anche in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio.
Onere della prova a carico del datore
E' inoltre noto che in materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività, lavorativa o extralavorativa, durante l'assenza per malattia del dipendente, è a carico del datore di lavoro l'onere di provare che essa sia simulata ovvero che la predetta attività sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente.
Spetta infatti al datore la prova di tutti gli elementi di fatto integranti la fattispecie che giustifica il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l'illecito disciplinare contestato.
Ebbene, nella specie, la Corte territoriale aveva correttamente applicato i richiamati principi di diritto, per poi procedere ad un accertamento in fatto, alla stessa riservato, che risultava insindacabile, in quanto congruamente argomentato sulla base delle risultanze istruttorie.
Era stato accertato, infatti, sulla base di investigazioni private, come il lavoratore, nel periodo di malattia, avesse tenuto comportamenti integranti una condotta incauta, per inosservanza delle prescrizioni mediche di riposo e cure.
Attraverso tali comportamenti (di protratta stazione eretta, di guida di auto, scooter o moto, di scarico e carico di materiale edile, di ripetuti spostamenti a piedi), egli aveva ostacolato e, comunque, ritardato la guarigione, in violazione dei doveri di correttezza, diligenza e buona fede, integrante giusta causa di recesso datoriale.
Il licenziamento per giusta causa, dunque, doveva considerarsi legittimo.
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