Definizione agevolata anche per le entrate locali

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Definizione agevolata anche per le entrate locali

Il Decreto Crescita (D.L. 34/2019) ha introdotto, con l’art. 15, la possibilità di estendere la rottamazione-ter agli enti locali e pertanto le regioni, le province, le città metropolitane ed i comuni, possono disporre la definizione agevolata delle proprie entrate, anche tributarie, con stralcio della relativa sanzione.

La definizione riguarda le ingiunzioni di pagamento ricevute dal 2000 al 2017. Fino ad oggi, la cosiddetta “pace fiscale” per le cartelle relative al mancato pagamento delle tasse locali, aventi ad oggetto tasse automobilistiche o sulla casa, riguardava esclusivamente i ruoli di competenza dell’Agenzia Entrate-Riscossione, ma con l’articolo 15 del Decreto Crescita, si dà la possibilità agli enti locali di scegliere se estendere la definizione anche ad ingiunzioni e ruoli di propria competenza per tutte le cartelle escluse dall’ambito di applicazione della rottamazione-ter.

Gli enti locali possono stabilire entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, l’esclusione delle sanzioni relative a tali entrate e, in questo caso, il contribuente dovrà fare riferimento al proprio comune per sapere se sarà deliberata una rottamazione dei debiti locali.

L’estensione alle ingiunzioni di pagamento del dispositivo recato dal decreto “Fiscale” (D.L. n. 119 del 2018) è stata richiesta dall’Anci, con l’intento di ristabilire uniformità di trattamento tra i contribuenti nei confronti dei quali sia stata attivata la riscossione coattiva mediante ruolo (quindi esclusivamente con l’intervento dell’agente della riscossione nazionale) e quelli per i quali sia stata utilizzata la procedura dell’ingiunzione.

Le disposizioni in esame, con una formulazione che riprende il testo dell’articolo 6-ter del D.L. n. 193 del 2016 e dell’articolo 1, comma 11- quater del D.L. n. 148 del 2017, estende l’ambito operativo della definizione agevolata alle entrate delle regioni e degli enti territoriali, permettendo a detti enti di avvalersene non più nel solo caso di affidamento dell’attività di riscossione agli Agenti della riscossione, ma anche di poterla deliberare per i provvedimenti notificati con ingiunzione fiscale sino al 31 dicembre 2017, dunque affidati ai concessionari privati o gestiti direttamente dall’ente.

 

La riscossione negli enti locali

L’attuale assetto normativo della riscossione degli enti locali è frutto di numerosi interventi normativi succedutisi nel tempo. Nel 2016 è stata disposta la complessiva riforma (articoli da 1 a 3 del D.L. n. 193 del 2016) della riscossione, con la soppressione di Equitalia S.p.A. dal 1° luglio 2017 e l’istituzione dell’Agenzia delle Entrate–Riscossione (AER), cui sono state attribuite le funzioni e gli asset di Equitalia. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione è abilitata ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo.

L’ente può anche svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di comuni, province e relative società partecipate. In particolare, può continuare l’attività di riscossione per conto degli enti locali, senza il previo espletamento della selezione dell’affidatario, prevista dalla procedura ad evidenza pubblica, essendo sufficiente a tale scopo una semplice delibera consigliare dell’ente.

Dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate. Con riferimento alla riscossione spontanea delle entrate locali, essa può avvenire anche in forma diretta.

Gli enti locali possono:

  • effettuare la riscossione coattiva in forma diretta, secondo le disposizioni del D.Lgs. n. 446 del 1997;
  • ricorrere all’affidamento in house a società strumentali;
  • affidare la riscossione coattiva ad Agenzia delle Entrate–Riscossione, ma non le attività di accertamento e liquidazione (articolo 35 del D.L. n. 50 del 2017) in quanto attività estranee alla missione istituzionale dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
  • affidare la riscossione coattiva a soggetti esterni, tra i quali i concessionari privati iscritti all'albo dei soggetti abilitati (di cui all'articolo 53 del citato D.Lgs. n. 446 del 1997), previo esperimento di una procedura a evidenza pubblica secondo il Codice dei contratti pubblici.

 

Con riferimento alla gestione diretta, l’articolo 52 del D.L. n. 446 del 1997 consente a comuni e province di disciplinare con regolamento tutte le entrate di propria pertinenza, sia di natura tributaria che patrimoniale, nonché le relative forme di gestione delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione.

L’articolo 7, comma 2, del D.L. n. 70/2011, alla lettera gg-quater) consente ai comuni, in sede di riscossione delle entrate locali, di avvalersi dell’ingiunzione fiscale rinforzata.

L’ingiunzione fiscale è uno strumento che consente di riscuotere le entrate tributarie e patrimoniali dei comuni. A seconda del tipo di entrata riscossa, l’ingiunzione è accompagnata da alcuni atti prodromici tipici (ad esempio l’avviso di accertamento per riscuotere entrate di natura tributaria). Si tratta di un atto amministrativo col quale l’ente creditore individua il quantum dovuto intimandone il pagamento.

Se il contribuente non provvede al pagamento, o non si oppone entro 30 giorni, l’ingiunzione diviene definitiva, e l’ente può procedere ad esecuzione forzata utilizzando gli strumenti espropriativi previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973.

Oltre all’ingiunzione, lo strumento tramite il quale si può attuare il prelievo del credito da riscuotere è la cartella di pagamento, se l’affidatario è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. La scelta dei comuni in ordine alla gestione della riscossione coattiva implica una preventiva valutazione degli strumenti a disposizione dell’ente locale. L’ingiunzione presenta, infatti, vantaggi sotto il profilo della rapidità e della snellezza delle procedure, dall’altro lato, con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione vi è la possibilità di accedere ad un più ampio spettro di strumenti informativi, utili per l’attività di riscossione.

 

Necessaria la delibera comunale

La disposizione individuata dall’articolo 15 del D.L. 34/2019, costituisce una facoltà che doveva essere esercitata entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del citato decreto e, quindi, entro lunedì 1° luglio 2019 (poiché la scadenza effettiva del 30 giugno è stata di domenica), mediante delibera del consiglio comunale adottata ai sensi dell’articolo 52 del D.lgs. n. 446 del 1997. La disposizione, in sede di conversione in legge del decreto, non ha subito modifiche sostanziali.

Con la delibera di adesione alla definizione, che dovrà essere pubblicata entro trenta giorni dall’adozione nel sito internet istituzionale del Comune, gli enti territoriali stabiliscono l’esclusione delle sanzioni relative alle entrate in questione, oltre che:

  • il numero di rate e la relativa scadenza, che non può superare il 30 settembre 2021;
  • le modalità con cui il debitore manifesta la sua volontà di avvalersi della definizione agevolata;
  • i termini per la presentazione dell’istanza in cui il debitore indica il numero di rate con il quale intende effettuare il pagamento, nonché l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i debiti cui si riferisce l’istanza stessa, assumendo l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi;
  • il termine entro il quale l’ente territoriale o il concessionario della riscossione trasmette ai debitori la comunicazione nella quale sono indicati l’ammontare complessivo delle somme dovute per la definizione agevolata, quello delle singole rate e la scadenza delle stesse.

 

NB!Quella attuale è la terza definizione agevolata delle ingiunzioni di pagamento, dopo quella prevista dall’articolo 6 ter del D.L. n. 193 del 2016 e quella prevista dall’articolo 1, co.11 quater del D.L. n. 148 del 2017. Rispetto a quest’ultima norma, che faceva riferimento alle notifiche intervenute fino al 16 ottobre 2017, la possibilità di definizione è estesa ora alle ingiunzioni notificate a tutto il 2017.

 

Come per la definizione agevolata dei ruoli, sono escluse:

  • le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589;
  • i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;
  • le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
  • le sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

 

Alcune criticità evidenziate dall’IFEL

L’articolo 15 del Decreto Crescita è stato oggetto di alcune considerazioni da parte dell’IFEL (Fondazione ANCI per la finanza locale), che ha evidenziato ed esaminato alcuni aspetti operativi che vanno ad influire sulla concreta applicazione della norma.

Il primo comma dell’art. 15 fa riferimento alle entrate, anche tributarie, delle regioni, delle province, delle città metropolitane e dei comuni, non riscosse a seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale di cui al Regio decreto n. 639 del 1910, notificate negli anni dal 2000 al 2017 dagli enti stessi e dai concessionari della riscossione di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997.

Per quanto riguarda il periodo di notifica delle ingiunzioni, questo è lo stesso previsto per la rottamazione delle cartelle, ovvero il periodo 2000-2017.

Una considerazione posta dalla fondazione IFEL, è relativa alle ingiunzioni di pagamento, in quanto per quanto concerne le cartelle di pagamento, queste non esistono per il periodo ante 2000, a seguito del loro annullamento avvenuto per legge (Legge n. 228 del 24 dicembre 2012, art.1, commi 527 e 528), per le ingiunzioni, invece, non essendo state annullate, queste potrebbero essere ancora valide se l’ente locale ha interrotto nei termini la prescrizione, tuttavia tali debiti non sembrerebbero essere definibili attraverso il dispositivo in esame.

Nella norma sono citati i concessionari della riscossione ex art. 53, ma non vengono richiamate le società in house dei Comuni, che comunque risultano affidatarie dell’attività di accertamento e riscossione delle entrate comunali, ai sensi dell’art. 52, comma 5, del D.Lgs. n. 446 del 1997, e per le quali non è necessariamente prevista l’iscrizione all’albo di cui al successivo art. 53.

Trattandosi di società sulle quali i Comuni esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici, secondo la fondazione dell’ANCI il Comune può legittimamente disporre la definizione agevolata anche per le ingiunzioni notificate da tali società.

 

Entrate definibili e arco temporale

Relativamente alla tipologia di entrate definibili, si sottolinea principalmente la portata generale della norma che riguarda espressamente la definizione delle entrate, “anche tributarie” degli enti territoriali, comprendendo quindi le entrate sia tributarie che patrimoniali.

L’art. 15 introduce, poi, una disciplina applicativa specifica e differenziata rispetto all’articolo 3 del D.L. n. 119 del 2018 (disciplinante la rottamazione dei ruoli), che prevede l'abbuono delle sole sanzioni non menzionando gli interessi di mora, mentre rimette alle decisioni delle amministrazioni locali la regolamentazione dei criteri e delle modalità di accesso alla procedura.

 

NB! - Si ricorda che l’articolo 3 del D.L. n. 119/2018 ha introdotto la Definizione agevolata 2018 (cosiddetta “rottamazione-ter”), aperta a tutti coloro che hanno uno o più debiti con Agenzia delle Entrate-Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017.

 

Sono lasciati ampi margini di autonomia agli enti, rispetto ai criteri direttamente normati previsti dal citato articolo 3 (D.L. 119/2018) per i carichi inclusi nei ruoli affidati all’Agente della riscossione.

 

Ancora l’articolo 15 in esame, richiama espressamente (al comma 5), solo i commi 16 e 17 dell’art. 3 del D.L. n. 118 del 2018, i quali disciplinano i crediti esclusi dalla definizione agevolata e dispongono previsione secondo cui per le sanzioni amministrative da Codice della strada la regolamentazione della definizione agevolata si applica solo agli interessi ed alle maggiorazioni semestrali di cui all’articolo 27 della Legge n. 689 del 1981.

Secondo il citato comma 16, sono esclusi dalla definizione i debiti risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione recanti:

  • le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015;
  • i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;
  • le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
  • le sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

Il comma 17, invece, prevede che per le sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, di cui al D.L. n. 285 del 30 aprile 1992, le disposizioni dell’articolo 3 si applicano limitatamente agli interessi, compresi quelli di cui all'articolo 27, sesto comma, della legge n. 689 del 24 novembre 1981.

La fondazione dell’ANCI ritiene possibile prevedere la definizione agevolata solo per determinate annualità e solo per alcune delle entrate di propria competenza.

Così il comune potrà:

  • disporre la definizione solo per le ingiunzioni di pagamento notificate dal 2000 al 2010, in ragione del carattere più vetusto dei crediti e della connessa minore probabilità di realizzo del dovuto;
  • prevedere la definizione solo per alcune entrate, in ragione di criteri di opportunità attinenti a difficoltà specifiche (interpretazioni normative incerte, gravosità gestionale, ampiezza del contenzioso), anche di carattere organizzativo, come nel caso dell’imposta di pubblicità gestita da un concessionario iscritto all’albo, in ragione, ad esempio, del fatto che si tratta di entrate riscosse da soggetti destinati a cambiare per effetto della temporaneità della concessione.

La discrezionalità di azione rientra, in assenza di disposizioni legislative speciali in materia, nelle prerogative regolamentari che sono riconosciute ai comuni dall’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997.

Con riferimento a tale discrezionalità, in occasione dell’annuale appuntamento di Telefisco del 2018, l’Amministrazione finanziaria aveva chiarito che in relazione alla possibilità di circoscrivere la definizione agevolata solo ad alcune entrate o a determinate annualità, non si rinvengono motivi ostativi, considerata l’ampia discrezionalità concessa dalla norma statale all’autonomia regolamentare degli enti locali.

 

Carichi oggetto di definizione

Con riferimento alle quote oggetto di abbattimento, l’art. 15 limita la facoltà all’esclusione delle sole sanzioni, ma non degli interessi di mora previsti nel regolamento comunale sulla riscossione coattiva, o nel regolamento generale sulle entrate.

Stante l’indisponibilità della pretesa tributaria, che si riflette anche sugli oneri accessori, quali le sanzioni e gli interessi, al comune è preclusa la possibilità di disporre per via regolamentare la disapplicazione degli interessi.

La definizione agevolata si applica a tutte le entrate, anche non tributarie, a norma del comma 1 dell’articolo 15, tuttavia, per le entrate patrimoniali non è sempre prevista o applicabile una sanzione.

Come già segnalato viene richiamato dallo stesso articolo il comma 16 dell’art. 3, del D.L. n. 119 del 2018, il quale in particolare alla lettera d) esclude “le sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

Da una lettura del comma 1, dell’art. 15 e della citata lettera d), emerge la volontà di non permettere la definizione agevolata delle poste costituite da sola sanzione, come quelle relative alle violazioni dei regolamenti comunali sanzionate ai sensi dell’art. 7-bis del D.lgs. n. 267 del 2000, mentre nell’ipotesi in cui la sanzione sia un accessorio alla pretesa comunale, come nel caso delle sanzioni irrogate per violazione connesse al Cosap (Canone per l’occupazione delle aree pubbliche), che ha natura patrimoniale e non tributaria, la definizione agevolata con abbattimento delle sanzioni, pare sia legittima.

Una diversa interpretazione, considerando che non sono oggetto di definizione gli interessi moratori, porterebbe a concludere che la previsione di definizione agevolata delle entrate non tributarie non si possa mai applicare e, pertanto, la norma sarebbe stata inutile, nonostante l’ampio perimetro definito dal comma 1 dell’articolo 15 richiamato.

 

NB! - Il problema comunque non si pone per il canone di pubblicità, che ha natura tributaria (Corte Costituzionale, sentenze n. 218 del 2009 e n. 18 del 2010).

 

Secondo un ulteriore intervento da parte del Dipartimento delle finanze, sempre in occasione della citata manifestazione “Telefisco 2018”, nella definizione agevolata rientrano anche le entrate di natura patrimoniale e quindi anche il Cosap. Tale conclusione si ricava direttamente dalla lettura dell’articolo 1, comma 11-quater del D.L. n. 148 del 2017.

Nella disposizione è previsto che gli enti territoriali possono stabilire con regolamento, l’esclusione delle sanzioni relative alle entrate, anche tributarie. È, quindi, chiara la volontà del legislatore di inserire nel novero delle entrate che possono essere ricomprese nel procedimento di definizione agevolata, quelle di carattere patrimoniale.

 

Per quanto riguarda le sanzioni amministrative per violazioni del Codice della strada, la definizione agevolata comporta l’abbattimento degli interessi (analogamente a quanto previsto per la procedura dei ruoli). Oltre agli interessi moratori, si devono ricomprendere anche le maggiorazioni di un decimo per ogni semestre previste dall’art. 27 della Legge n. 689 del 1981.

Ulteriore specificazione meritano le ingiunzioni di pagamento oggetto di provvedimenti di rateizzazione. Anche se non sono richiamate dall’articolo 15, per queste, sembra che non ci siano ostacoli normativi ad una regolamentazione simile a quella prevista per i carichi inclusi nei ruoli, soprattutto alla luce dell’ampia possibilità che la norma affida ai Comuni nella regolamentazione della disciplina applicativa.

Analogo discorso va fatto per i crediti comunali inclusi nelle proposte di accordo o del piano del consumatore di cui alla Legge n. 3 del 2012, anche se questi, tuttavia, non sono contemplati nell’articolo 15.

Pare non sia possibile invece che il Comune possa, autoregolamentandosi, recepire quanto disposto dall’art. 3, comma 18 del D.L. n. 119 del 2018, il quale prevede che alle somme occorrenti per aderire alla rottamazione delle cartelle di pagamento che sono oggetto di procedure concorsuali, si applichi la disciplina dei crediti prededucibili, anche considerando che la disposizione deroga alle risultanze dello stato passivo così come approvato con decreto del giudice delegato.

 

Periodo di rateizzazione

Una differenza con la rottamazione dei ruoli è rappresentata dal periodo massimo di rateizzazione. La frequenza delle rate può essere decisa dal Comune, ma il termine ultimo è fissato dall’articolo 15, ovvero non può superare il 30 settembre 2021, mentre per la rottamazione-ter il D.L. n. 119 del 2018 prevede la possibilità di rateizzare fino al 2023.

 

NB!Si ricorda che lo stesso Decreto Crescita (D.L. n. 34/2019 convertito con modificazioni dalla Legge 58/2019) ha riaperto i termini per aderire alla “rottamazione-ter” fino al prossimo il 31 luglio. L’agevolazione riguarda solo i debiti non ricompresi nelle dichiarazioni di adesione alla “rottamazione-ter” già presentate entro lo scorso 30 aprile 2019.

 

In tema di rateizzazioni, per la definizione delle cartelle di pagamento è prevista l’applicazione di un tasso d’interesse pari al 2%, mentre per la definizione delle ingiunzioni non è previsto uno specifico tasso d’interesse.

Il Comune dovrà applicare il tasso previsto nel proprio regolamento sulla riscossione coattiva, o in altro regolamento comunale.

 

Tardivo versamento

Per quanto concerne il tardivo versamento di una rata, l’art. 15, comma 4, del D.L. n. 34 del 2019, dispone che in caso di mancato, insufficiente o tardivo versamento dell'unica rata, ovvero di una delle rate in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme, la definizione non produce effetti, e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e di decadenza per il recupero delle somme oggetto dell'istanza. In tale caso, i versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell'importo complessivamente dovuto.

 

Con riferimento alla definizione delle cartelle di pagamento, l’art. 3, comma 14, del D.L. n. 119 del 2018 reca una disposizione simile, che però in sede di conversione in legge è stata modificata con l’aggiunta del comma 14-bis, il quale dispone che nei casi di tardivo versamento delle relative rate non superiore a cinque giorni, l'effetto di inefficacia della definizione, non si produce e non sono dovuti interessi.

Non è chiaro se questa maggiore “apertura” del legislatore verso inadempimenti minori, potrebbe essere integrata nel regolamento dell’ente locale, e determinare un breve “intervallo di tolleranza” per i pagamenti effettuati oltre le scadenze stabilite per ciascuna rata. Tuttavia, in sede di conversione del decreto 34/2019, non è stata apportata alcuna modifica in tal senso.

 

Quadro Normativo

D.L. n. 193 del 22 ottobre 2016

D.L. n. 148 del 16 ottobre 2017

D.L. n. 119 del 23 ottobre 2018

D.L. n. 34 del 30 aprile 2019

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