Decreto “Cura Italia”: primi chiarimenti del Fisco
Pubblicato il 09 aprile 2020
In questo articolo:
- Proroga e sospensione per versamenti e adempimenti
- Soggetti con ricavi/compensi fino a 2 milioni di euro
- Credito d’imposta botteghe e negozi
- Niente (o quasi) proroga per le verifiche sulle ritenute appalti
- Proroga biennale termini di prescrizione e decadenza
- Erogazioni liberali
- Trattamento IVA donazioni in natura
- Erogazioni liberali finalizzate a misure urgenti di solidarietà alimentare
- Sospensione versamenti imposta di registro per comodato o locazione
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Arrivano le prime risposte delle Entrate ai quesiti sul decreto "Cura Italia". Il “corposo” documento di prassi affronta numerose questioni. Nella trattazione che segue verranno posti all’attenzione del lettore alcuni tra i principali chiarimenti forniti, anche se restano ancora numerosi interrogativi.
Proroga e sospensione per versamenti e adempimenti
Nell’attesa che arrivino le nuove misure in materia di sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari, l’Agenzia delle Entrate ha “confermato” la portata generale dell’articolo 60 del D.L. n. 18/2020 riguardo la proroga dei versamenti. Rientravano, così, nello slittamento al 20 marzo anche il versamento della tassa annuale di vidimazione dei libri sociali così come il versamento dell’IRAP dovuta dalle aziende del servizio sanitario nazionale, analogamente agli altri versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Non sono stati previsti, invece, ulteriori differimenti generalizzati ma solo quelli specificamente individuati dagli articoli 61 e 62 del decreto “Cura Italia”.
Restano salve le disposizioni riguardanti i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o quella operativa negli 11 comuni della Lombardia e del Veneto, individuati dal D.M. del 24 febbraio 2020, che stabilisce la sospensione di tutti i versamenti con scadenza tra l’8 marzo ed il 31 marzo 2020. Tali versamenti dovranno essere effettuati in unica soluzione entro il 31 maggio 2020, ovvero mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dallo stesso mese di maggio.
Ancora in materia di sospensione dei termini viene affrontato il caso di un soggetto che esercita “più attività” nell'ambito della stessa impresa e solo una, o una parte, di dette attività rientri nei settori elencati dall’ articolo 61 del D.L. 18/2020. In tal caso, per poter beneficiare della sospensione è necessario che le attività rientranti tra quelle oggetto di sospensione siano svolte in maniera “prevalente” rispetto alle altre esercitate, intendendosi per tali quelle da cui deriva, nell’ultimo periodo d’imposta per il quale è stata presentata la dichiarazione, la “maggiore entità” dei ricavi o compensi. Per i soggetti con periodo d'imposta “solare”, l'ultima dichiarazione presentata cui fare riferimento è quella relativa all’anno 2018.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate (tenuto conto che nelle risoluzioni n. 12/E e n. 14/E sono stati resi noti i codici Ateco delle attività economiche individuate dall’articolo 8 del D.L. n. 9/2020 e dall’articolo 61, comma 2, lettere da a) a q), del D.L. n. 18/2020) “ribadisce” che i codici Ateco indicati nelle citate risoluzioni sono “meramente indicativi”, sicché le sospensioni previste dall’articolo 61 del Cura Italia possono riguardare anche soggetti che svolgono attività con un codice Ateco “diverso” da quelli indicati purché l’attività svolta sia riconducibile ad una delle “categorie economiche” elencate nella norma.
Per quanto riguarda, poi, i versamenti Iva dovuti dalla società controllante del Gruppo Iva, viene chiarito che ai fini della relativa sospensione è sufficiente che i soggetti appartenenti allo stesso Gruppo Iva esercitino una o più delle attività riconducibili a quelle previste dai commi 2 e 3 dell’articolo 61 del D.L. n. 18/2020, sempreché l’ammontare dei ricavi ad esse relative ne rappresenti cumulativamente la parte prevalente rispetto a quelli complessivamente realizzati da tutte le società del gruppo. Inoltre, considerato che - analogamente al gruppo Iva - nella liquidazione Iva di gruppo, l’unico soggetto obbligato ad effettuare i versamenti è la società “controllante”, ai fini della sospensione è sufficiente che i soggetti facenti parte del perimetro della liquidazione Iva di gruppo esercitino una o più delle attività previste dai commi 2 e 3 del citato articolo 61, sempreché l’ammontare dei ricavi derivanti da tali attività sia prevalente rispetto a quelli complessivamente realizzati a livello di gruppo.
Sul fronte degli adempimenti, l’Agenzia conferma che l’emissione delle fatture “non” è un adempimento annoverabile tra quelli attualmente sospesi. Stessa conclusione per la trasmissione telematica dei corrispettivi che, insieme alla memorizzazione dei corrispettivi (e all’emissione del documento commerciale), costituisce un unico adempimento. La trasmissione telematica dei corrispettivi – precisa la circolare – è una parte giuridicamente non separabile di un “unico adempimento” e, pertanto, la stessa non può essere oggetto di sospensione prevalendo, come visto per le fatture, l’esigenza della controparte di ricevere un documento utilizzabile anche ai fini fiscali. Fanno eccezione a detta regola (quindi, ricadono nella sospensione) le ipotesi in cui, memorizzato il corrispettivo ed emesso il documento commerciale, la trasmissione dei corrispettivi, non contestuale, sia stata legittimamente differita ad un momento successivo (ad esempio, per l’assenza di rete internet e/o problemi di connettività del dispositivo). Ricade nella sospensione anche l’adempimento di sola trasmissione telematica mensile dei dati dei corrispettivi prevista dal comma 6-ter dell’articolo 2 del Dlgs. N. 127/2015, attualmente in vigore per gli operatori con volume d’affari inferiore a 400 mila euro che non utilizzano ancora un registratore telematico ovvero la procedura web delle Entrate e continuano ad emettere scontrini o ricevute fiscali. Allo stesso modo, possono ricadere nella sospensione i termini di 60 giorni previsti per la trasmissione telematica dei corrispettivi generati dalla gestione di distributori automatici. Così, se un gestore di un distributore automatico non è in grado di effettuare la trasmissione telematica dei corrispettivi entro 60 giorni dal precedente invio dei dati - poiché il tecnico incaricato di rilevare il dato presso il sistema master del distributore è impossibilitato ad effettuarlo nel periodo di emergenza - sarà possibile effettuare la rilevazione e la trasmissione in un momento successivo. Resta inteso che laddove l'esercizio commerciale non svolgesse alcuna attività (ad esempio perché chiuso a seguito di un ordine dell'autorità o per altre ragioni), nessuna ulteriore operazione relativa alla memorizzazione/invio dei dati deve essere posta in essere.
Infine, viene ribadito che - per effetto della sospensione - la presentazione degli elenchi mensili INTRASTAT relativi al mese di febbraio 2020 andrà effettuata entro il 20 giugno 2020, “senza applicazione di sanzioni”. Resta ferma la facoltà, per chi si trova nelle condizioni di poter fornire le predette informazioni, di inviare gli elenchi riepilogativi, in scadenza nel periodo 8 marzo - 31 maggio 2020, entro i termini ordinari.
Soggetti con ricavi/compensi fino a 2 milioni di euro
Per i soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel 2019, l’articolo 62 comma 2 del D.L. n. 18/2020 prevede la sospensione dei versamenti da “autoliquidazione” che scadono nel periodo compreso tra l'8 marzo e il 31 marzo relativi a:
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ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati;
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trattenute per addizionale regionale e comunale Irpef, operate in qualità di sostituti d'imposta;
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Iva, contributi previdenziali e assistenziali nonché premi Inail.
In relazione a detti soggetti, la circolare 8/E/2020 chiarisce che la soglia dei “ricavi”:
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va determinata, per ciascun soggetto, tenendo conto delle proprie regole di determinazione del reddito;
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non deve tener conto di eventuali ulteriori componenti positivi disposti dalla normativa sugli ISA.
Credito d’imposta botteghe e negozi
Credito d’imposta botteghe e negozi solo se i canoni risultano pagati, ma ne restano fuori gli immobili classificati nella categoria catastale D/8. Questi, in sintesi, i chiarimenti in materia forniti dalla circolare n. 8/E. Come noto, l’articolo 65 del D.L. n. 18/2020 stabilisce - ai soggetti esercenti attività d'impresa - il riconoscimento di un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020, limitatamente a “botteghe e negozi” (ossia gli immobili classificati C/1).
Il credito d'imposta non si applica alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del D.P.C.M. 11 marzo 2020. L’importo del credito d’imposta può essere utilizzato - come precisato nella risoluzione n. 13/E/2020 - a partire dal 25 marzo 2020 esclusivamente in compensazione, utilizzando il modello F24, da presentare solo attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, ed il codice tributo “6914”.
In particolare - secondo le FAQ del MEF - per poter beneficiare del credito d’imposta il “locatario” deve:
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essere titolare di un’attività economica, di vendita di beni e servizi al pubblico, oggetto di “sospensione” in quanto non rientrante tra quelle identificate come essenziali;
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essere intestatario di un contratto di locazione di immobile rientrante nella categoria catastale C/1.
In questo modo agli esercenti di attività di vendita al dettaglio, soprattutto di ridotte dimensioni, che hanno dovuto sospendere l’attività, viene riconosciuto un “parziale” ristoro dei costi sostenuti per la locazione dell'immobile adibito all'attività al dettaglio e attualmente inutilizzato. Sono escluse le attività non soggette agli obblighi di chiusura, in quanto identificate come essenziali (tra le quali: farmacie, parafarmacie e punti vendita di generi alimentari di prima necessità).
Ciò premesso, la lettera dell’articolo 65 del “Cura Italia” prevede che il credito è riconosciuto “nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone di locazione di marzo 2020”, lasciando intendere che il beneficio spetterebbe in relazione al canone pattuito senza necessità di verifica dell'eventuale pagamento dello stesso. Intervenendo sul punto, l’Agenzia delle Entrate (nella risposta 3.1 della circolare n. 8/E/2020) ha chiarito che “..ancorché la disposizione si riferisca, genericamente, al 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, la stessa ha la finalità di ristorare il soggetto dal costo sostenuto costituito dal predetto canone, sicché in coerenza con tale finalità il predetto credito maturerà a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo”. Si accede, quindi, al credito d’imposta solo a seguito dell’avvenuto pagamento del canone di locazione; diversamente, non si accede al beneficio.
Altra questione posta all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria riguarda l’esplicito riferimento ai “canoni di locazione di immobili rientranti nella categoria catastale C1”. Si chiede, in particolare, se il credito d’imposta si applichi anche ai contratti di locazione di immobili rientranti nella categoria catastale D/8 (trattasi dei “Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”). Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, nel ribadire che la norma fa espresso riferimento agli immobili classificati nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe), conferma che restano “esclusi” dal beneficio i contratti di locazione di immobili rientranti nelle altre categorie catastali anche se aventi destinazione commerciale, come ad esempio la categoria D/8. Sempre riguardo l’ambito di applicazione del bonus, si ricorda che il Ministero dell’economia, nelle FAQ pubblicate sul proprio sito istituzionale, ha chiarito che restano “esclusi” dalla misura i contratti aventi ad oggetto, oltre alla mera disponibilità dell’immobile, anche altri beni e servizi, quali i contratti di affitto di ramo d’azienda o altre forme contrattuali che regolino i rapporti tra locatario e proprietario per gli immobili ad uso commerciali.
Credito d’imposta negozi e botteghe - sintesi |
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Il credito d’imposta matura in relazione al canone di affitto pattuito indipendentemente dal pagamento? |
NO, il credito maturerà solo a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo. |
Il credito d’imposta si applica anche ai contratti di locazione di immobili rientranti nella categoria catastale D/8? |
NO, l’articolo 65 del D.L. N. 18/2020 specifica che gli immobili oggetto di locazione (per cui è possibile fruire del bonus) devono essere classificati nella categoria catastale C/1. Restano, quindi, esclusi dal bonus i contratti di locazione di immobili rientranti nelle altre categorie catastali anche se aventi destinazione commerciale, come la categoria D/8. |
Niente (o quasi) proroga per le verifiche sulle ritenute appalti
Nessuna “apertura” (tranne che per qualche sporadico caso) per le verifiche sulle ritenute in materia di appalti. Nella circolare n. 8/E, infatti, si “aggancia” la disciplina di cui all’art. 17-bis del DLgs. n. 241/1997 in materia di “verifica” delle ritenute negli appalti alla sospensione dei versamenti delle ritenute alla fonte prevista dagli articoli 61 e 62 del “Cura Italia”. Trattasi, in particolare, delle seguenti categorie di contribuenti:
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soggetti individuati dall’articolo 8 del D.L. n. 9/2020 (imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e turismo e tour operator, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o operativa nel territorio dello Stato) nonché quelli elencati nell’articolo 61, commi 2 e 3 del D.L. N. 18/2020 (riguardanti i settori più colpiti dall’emergenza come la ristorazione, le attività culturali e sportive, le attività di assistenza sociale, ecc.);
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soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel corso del 2019 (articolo 62, comma 2 del D.L. n. 18/2020);
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soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nei Comuni che per primi sono stati inclusi nella c.d. “zona rossa” (individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020).
Solo per dette categorie di soggetti risultano “sospesi” gli obblighi di versamento; conseguentemente, sono sospesi i controlli a carico del committente in materia di ritenute negli appalti e subappalti. In tale eventualità - precisa l’Agenzia - nel caso sia maturato il diritto a ricevere i corrispettivi dall'impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice, il committente non ne sospende il pagamento anche quando non si proceda all’invio di copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscale. La norma - lo si ricorda - pone a carico del “committente” l’obbligo di sospensione del pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa, qualora entro i 5 giorni lavorativi successivi alla scadenza:
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sia maturato il diritto a ricevere corrispettivi dell’impresa appaltatrice o affidataria e questa o le imprese subappaltatrici non abbiano ottemperato all’obbligo di trasmettere al “committente” le deleghe di pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati;
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ovvero, risulti l’omesso/insufficiente versamento delle ritenute fiscali.
Tuttavia, i controlli a carico del committente e, quindi, l’obbligo di sospendere il pagamento dei corrispettivi, “riprenderanno” dalle scadenze previste dai predetti articoli 61 e 62. Alla luce dei chiarimenti forniti dall’Agenzia, restano fuori dalla sospensione dei controlli in capo al committente molte delle imprese che cadono nell’applicazione del nuovo articolo 17-bis del DLgs. n. 241/1997, in quanto trattasi di settori di attività che non sono stati ricompresi nelle sospensioni di cui agli articoli 61 e 62 del decreto “Cura Italia”. Per questi si prosegue con l’applicazione della norma, ricordando che terminerà il 30 aprile la “moratoria” delle sanzioni: si rammenta, infatti, che al committente non viene comminata alcuna sanzione per l'inottemperanza ai propri obblighi di controllo laddove l'impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice abbia correttamente determinato le ritenute ma le abbia versate senza utilizzare “distinte deleghe” per ciascun committente.
Proroga biennale termini di prescrizione e decadenza
Confermata la linea sugli accertamenti prevista nell’articolo 67 del D.L. n. 18/2020: tutti i termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici dell’Agenzia delle entrate (e non solo) che scadono nel corso del 2020, sono automaticamente prorogati a fine 2022. Si tratta di una disposizione ampiamente dibattuta in dottrina ma che, alla luce delle affermazioni dell’Agenzia, ci lascia ancora più increduli.
Tutto “parte” – lo si ricorda - dal richiamo nel decreto “Cura Italia” (all’articolo 67) allo scellerato articolo 12 del DLgs. n. 159/2015 il quale (al comma 2) prevede una disposizione nettamente “pro-fisco”: in sintesi, i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione aventi sede nei territori colpiti da “eventi eccezionali” e per i quali è stata disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, “slittano” al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione. Considerato che interessato dall’emergenza Covid-19 è l’intero territorio nazionale, è chiaro che con il richiamo a questa norma si è inteso dilatare, tra gli altri, i termini di decadenza dell’accertamento. Dunque, per le attività di notifica degli atti di accertamento o di rettifica per le imposte dirette e Iva, i termini di decadenza dell’attività accertatrice per i periodi d’imposta 2015 (dichiarazione presentata) e 2014 (dichiarazione omessa), in scadenza al 31 dicembre 2020, potranno essere distribuiti in un lasso di tempo di due anni, in virtù della proroga al 31 dicembre 2022.
La suddetta proroga biennale riguarda tutte le attività per le quali è prevista una decadenza dei termini: ad esempio, gli avvisi di accertamento relativi le imposte dirette (articolo 43, DPR n. 600/1973), l’Iva (articolo 57, DPR n. 633/1972) le imposte di registro (articolo 76 del TUR) e l’imposta di successione (articolo 27, DLgs. n. 346/1990). Così, se un avviso di accertamento/liquidazione scade il 26 giugno 2020, il termine di decadenza dell’accertamento è prorogato fino al 31 dicembre 2022. Restano, invece, fuori dalla sospensione dei termini di prescrizione e decadenza le ipotesi contemplate dall’articolo 60 del D.L. n. 18/2020 (ossia i versamenti in scadenza il 16 marzo e prorogati al 20 marzo). Detta norma, non introduce una sospensione dei termini; pertanto, non è applicabile la disciplina di cui all’articolo 12, comma 2 del Dlgs. n. 159/2015.
La “giustificazione” che cerca di dare l’Agenzia delle Entrate all’applicazione di questa regola, poi, è alquanto paradossale. I funzionari delle Entrate ci spiegano, infatti, che “tra le finalità perseguite dalla norma vi è anche quella di distribuire la notifica degli atti di accertamento da parte degli uffici in un più ampio lasso di tempo, al fine di evitare la concentrazione di notifiche dei predetti atti nei confronti dei contribuenti nei mesi immediatamente successivi al termine del periodo di crisi”.
Ed ancora “in assenza di detta proroga, peraltro, eventuali pagamenti dovuti dai contribuenti per tali annualità si sarebbero concentrati in uno spazio di tempo più ristretto (con ulteriore rischio di sovrapposizione degli eventuali piani di rateazione)”. Quindi, non ci resta che ringraziare il Fisco per la sua benevolenza.
Ancora, al punto 2.4 della circolare 8/E viene precisato che la proroga dei termini di prescrizione e decadenza relativi alle attività degli uffici che scadono «entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione» si applica anche a quelle attività per cui è prevista una decadenza “infrannuale” (si tratta, ad esempio, degli accertamenti rilevanti ai fini dell’imposta di registro, ipotecarie e catastali, di atti di liquidazione dell'imposta sulle assicurazioni dei soggetti che operano nel territorio italiano in libera prestazione di servizi e per le attività di accertamento relativi all’imposta sulle assicurazioni).
Erogazioni liberali
Con l’articolo 66 del decreto “Cura Italia” viene previsto, per l’anno 2020, un incentivo per le erogazioni liberali in denaro e in natura effettuate a sostegno delle misure di contrasto dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. In particolare, è previsto con un regime “distinto” a seconda che le erogazioni siano effettuate da soggetti imprenditori o da persone fisiche.
Per le persone fisiche e gli enti non commerciali che effettuano, nell'anno 2020, erogazioni liberali in denaro e in natura a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro - finalizzate a finanziare interventi in materia di contenimento e gestione dell'emergenza sanitaria - è prevista una detrazione dall'Imposta lorda in misura pari al 30%, per un importo non superiore a 30.000 euro (trattasi, quindi, di erogazioni effettuate, anche a più riprese, per un importo massimo di 100.000 euro).
Per le erogazioni liberali effettuate per la medesima finalità dai soggetti titolari di reddito d'impresa, invece, è prevista l’applicazione delle disposizioni vigenti per le erogazioni ed i trasferimenti in favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche di cui all’articolo 27 della Legge n. 133/1999.
Quest’ultima norma stabilisce, infatti, che:
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sono deducibili dal reddito d'impresa le erogazioni liberali in denaro ed in natura per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati e di enti;
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i beni ceduti “gratuitamente” non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa e, dunque, non sono considerati ricavi assoggettati a imposta;
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le erogazioni liberali in denaro e in natura non sono soggette all'imposta sulle donazioni.
Per i soggetti titolari di reddito d'impresa, quindi, non vi è alcun limite alla deducibilità delle liberalità. Inoltre, le liberalità sono deducibili, nell' esercizio in cui sono effettuate, anche ai fini IRAP.
Intervenendo sul punto, l’Agenzia delle Entrate (nella risposta 5.2 della circolare n. 8/E/2020) ha precisato che la deduzione è “collegata” esclusivamente all’erogazione liberale effettuata; pertanto, “prescinde” dalla presenza o meno di un reddito d'impresa conseguito e dichiarato nel periodo dell'erogazione. In altri termini, non essendo parametrata al reddito realizzato, la deduzione prevista dalla norma in esame spetta anche in presenza di una perdita fiscale realizzata nel periodo d'imposta in cui è stata effettuata l'erogazione liberale.
Si ricorda che per le erogazioni in natura la norma richiama le regole degli articoli 3 e 4 del D.M. 28.11.2019.
Erogazioni in “natura” - articoli 3 e 4 del D.M. 28 novembre 2019 |
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Valore normale |
L'ammontare della detrazione o della deduzione spettante nelle ipotesi di erogazioni liberali in natura è quantificato sulla base del valore normale del bene oggetto di donazione, determinato ai sensi dell'articolo 9 del Tuir. Si prende a riferimento, quindi, il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. |
Bene strumentale |
Nel caso di erogazione liberale avente ad oggetto un bene strumentale, l'ammontare della detrazione o della deduzione è determinato con riferimento al residuo valore fiscale all'atto del trasferimento. |
Beni merce |
Nel caso di erogazione liberale avente ad oggetto i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, l'ammontare della detrazione o della deduzione è determinato con riferimento al minore tra il valore determinato ai sensi del comma 1 del presente articolo e quello determinato applicando le disposizioni dell'articolo 92 del Tuir. |
Cessione beni |
Qualora, al di fuori delle ipotesi di bene strumentale e bene merce, il valore della cessione, singolarmente considerata, sia superiore a 30.000 euro, ovvero, nel caso in cui, per la natura dei beni, non sia possibile desumerne il valore sulla base di criteri oggettivi, il donatore dovrà acquisire una “perizia giurata” che attesti il valore dei beni donati, recante data non antecedente a novanta giorni il trasferimento del bene. |
Documentazione per imprese |
L'erogazione liberale in “natura” deve risultare da atto scritto contenente la dichiarazione del donatore recante la descrizione analitica dei beni donati, con l'indicazione dei relativi valori, nonché la dichiarazione del soggetto destinatario dell'erogazione contenente l'impegno ad utilizzare direttamente i beni medesimi per lo svolgimento dell'attività statutaria, ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Nel caso in cui sia richiesta una perizia giurata di stima, il donatore è tenuto a consegnare al soggetto destinatario dell'erogazione copia della perizia stessa. |
Trattamento IVA donazioni in natura
Nell’ambito del decreto “Cura Italia” nessuna indicazione viene data in merito al trattamento Iva delle donazioni collegate all’emergenza epidemiologica da covid-19. In generale, occorre tener presente 2 eventualità: 1) se il bene “non” rientra tra quelli oggetto di attività dell’impresa, la cessione a titolo gratuito è fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 4 del DPR n. 633/1972; 2) se il bene donato rientra tra quelli oggetto dell’attività, la cessione a titolo gratuito è rilevante ai fini Iva; conseguentemente, l’imposta assolta “a monte” è detraibile a prescindere dal costo unitario del bene.
Tuttavia, nella recente circolare n. 8/E/2020, l’Agenzia delle Entrate ha “allargato” l’ambito di applicazione dell’articolo 6, comma 15 della L. n. 133/1999. Tale norma “assimila” le cessioni gratuite dei beni da esso previste (alimentari, prodotti farmaceutici ed altri prodotti) alla “distruzione” del bene ai fini Iva. In questo modo la cessione gratuita non è gravata da Iva ed il donante mantiene il diritto alla detrazione. Pertanto, a prescindere dal mancato rinvio dell’articolo 66 del decreto “Cura Italia” al citato articolo 6 della L. n. 133/1999, viene chiarito che detta norma è applicabile anche alle donazioni in natura a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza covid-19, purché si rispettino le relative condizioni.
Pertanto, si considerano “distrutte” ai fini Iva le cessioni gratuite di prodotti alimentari, farmaceutici nonché altri prodotti individuati con apposito decreto, effettuate nei confronti degli enti pubblici e privati "costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d'interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità", oltre che nei confronti delle Onlus, degli enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica di cui all'articolo 10, co. 1 n. 12 del DPR n. 633/1972.
Erogazioni liberali finalizzate a misure urgenti di solidarietà alimentare
Un importante chiarimento fornito nella circolare n. 8/E/2020 riguarda la solidarietà alimentare. Per l’Agenzia delle Entrate, infatti, le donazioni effettuate:
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dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali;
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dai soggetti titolari di reddito d’impresa;
aventi ad oggetto misure di “solidarietà alimentare” a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, rientrano tra le “erogazioni liberali” che beneficiano degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 66 del D.L. n. 18/2020. In particolare, le donazioni aventi ad oggetto misure di “solidarietà alimentare” rientrano nell’ambito di applicazione della norma di cui al decreto “Cura Italia” nel caso i relativi beneficiari siano:
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uno dei soggetti indicati nell’articolo 66, comma 1 del D.L. n.18/2020 (Stato, regioni, fondazioni, ecc..);
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le strutture di ricovero, cura, accoglienza e assistenza, pubbliche e private che, sulla base di specifici atti delle competenti autorità pubbliche, sono coinvolte nella gestione dell’emergenza covid-19.
Sono agevolabili anche le donazioni effettuate per il tramite degli enti richiamati dall’art. 27 della L. n. 133/1999. Inoltre, rientrano nell’ambito delle donazioni agevolabili ai sensi del citato articolo 66 del D.L. n. 18/2020 anche quelle effettuate direttamente alle strutture ospedaliere su tutto il territorio nazionale.
Sospensione versamenti imposta di registro per comodato o locazione
Una lettura “inattesa” data dalle Entrate alla norma di cui all’articolo 62 del “Cura Italia” riguarda i versamenti dell’imposta di registro da effettuare in sede di registrazione di un contratto di comodato o di locazione. Inaspettatamente, infatti, viene fornita una apertura in tal senso che non era stata presa in considerazione. Premesso che l’articolo 6, comma 1, del D.L. n. 18/2020 dispone che «sono sospesi gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020» viene chiarito che, se il termine per effettuare la registrazione cade tra le date indicate, il contribuente può beneficiare della sospensione dei termini, “con diritto di effettuare l'adempimento entro il 30 giugno 2020”. Pertanto, l’adempimento della registrazione di un contratto di comodato o di locazione - se ricade nel periodo 8 marzo - 31 maggio 2020 - potrà essere effettuato entro il prossimo 30 giugno. Riguardo, invece, il pagamento dell'imposta di registro, nel paragrafo 1.21, la circolare n. 8/E fornisce un chiarimento al riguardo. Infatti, nel presupposto che la liquidazione dell’imposta da parte dell’Ufficio è “subordinata” alla richiesta di registrazione (articolo 16 del TUR), se il contribuente si avvale della “sospensione” dei termini:
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ma non richiede la registrazione dei contratti, “non si determina il correlato obbligo di versamento”;
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anche per la registrazione dei contratti di locazione, non è tenuto al relativo versamento dell’imposta.
In caso di sospensione, per provvedere al pagamento ci sarà tempo fino al prossimo 31 maggio 2020, senza l’applicazione di sanzioni ed interessi. Per di più, anche se non si hanno conferme al riguardo, la norma prevede la possibilità - fatto straordinario per l'imposta di registro – di rateizzare il dovuto «fino a un massimo di cinque rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020».
Resta fermo tuttavia che, se il contribuente, nonostante il beneficio della sospensione, chiede la registrazione dei contratti, è dovuto il relativo versamento dell’imposta. Il contribuente è tenuto, altresì, ad effettuare i versamenti delle rate successive dell’imposta di registro dovuta per i contratti di locazione già registrati.
Quadro Normativo |
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