Crisi ed insolvenza d’impresa. Pronto il nuovo Codice

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Crisi ed insolvenza d’impresa. Pronto il nuovo Codice

Nei primi giorni di gennaio, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in attuazione della Legge delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza n. 155 del 19 ottobre 2017, ma che tuttavia non entrerà in vigore nell’immediato.

 

Obiettivo della riforma è consentire alle imprese in difficoltà finanziaria di ristrutturarsi, anticipando i tempi dell’individuazione delle situazioni di crisi, per evitare l’insolvenza e per poter proseguire l’attività.

Tra le novità si segnala, in particolare, l’introduzione di una fase preventiva di allerta, la previsione di misure premiali per l’imprenditore che presenta istanza tempestiva di accesso alla composizione della crisi, nonché la procedura dell’esdebitazione per la liberazione dai debiti.

Inoltre, il nuovo codice potrebbe rappresentare l’occasione per introdurre una vera cultura negoziale volta a valorizzare il ruolo dei creditori nella gestione della crisi di impresa.

 

Il Codice della crisi d’impresa è destinato a sostituire la Legge Fallimentare, che come noto è stata rivista molte volte nel corso degli anni.

Nel Codice confluisce una larga parte della legislazione dell’insolvenza, che oggi risulta frammentata tra provvedimenti diversi.

Viene, in particolare, collocata la disciplina del sovraindebitamento, ovvero del “fallimento” del consumatore o delle piccolissime imprese, e vengono introdotte modifiche anche al Codice civile sul versante degli organi di controllo interni delle società e della responsabilità degli amministratori.

 

Tra gli obiettivi della riforma, vi è principalmente la conservazione dell’attività aziendale, con la previsione di alcuni elementi tra cui il principale è rappresentato dalla introduzione di misure di allerta che puntano a favorire l’emersione tempestiva della crisi prima dell’insolvenza conclamata.

Nel proseguo della trattazione, verranno analizzati alcuni dei principali elementi che caratterizzano la procedura, in particolare i controlli interni e il regime di premialità previsto per l’imprenditore.

 

L’emersione tempestiva della crisi

La principale novità del Codice della crisi d’impresa è sicuramente rappresentata dall’introduzione delle procedura di allerta, con lo scopo di assicurare l’emersione tempestiva della crisi, nella consapevolezza che il ritardo determina un progressivo aggravamento del dissesto e pregiudica la continuità aziendale e le possibilità di soddisfacimento dei creditori.

Le ricerche confermano che a causa dei ritardi dell’apertura delle procedure concorsuali, in media di due o tre anni rispetto al manifestarsi della crisi, il soddisfacimento dei creditori chirografari, ossia del 90% del totale dei creditori, è stato in questi anni pressoché nullo nelle procedure fallimentari e nell’ordine di appena circa il 10% nei concordati preventivi, mentre la continuità aziendale vi è stata solo in una minoranza di casi.

 

NB! - Anche la raccomandazione n. 2014/135/Ue ha posto l’obiettivo di una precoce emersione della crisi come elemento essenziale per scongiurare la progressiva dispersione del valore aziendale e massimizzare i valori per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale.

 

Le misure di allerta sono volte anzitutto a indurre l’impresa ad adottare immediatamente, in via del tutto autonoma, le misure occorrenti per rimuovere le cause della crisi e, laddove questo non avvenga, ad individuare e attuare tali misure con l’assistenza di un apposito organismo (OCRI), costituito presso le Camera di commercio, con l’apertura se necessario, di un negoziato con la generalità o con i più importanti creditori, e destinato a sfociare in un accordo interamente stragiudiziale avente il valore di un piano di risanamento.

In caso di esito negativo di entrambe le fasi, l’impresa è invitata ad avvalersi di una delle procedure concorsuali previste e infine, ma solamente nell’ipotesi d’inerzia e di manifesta insolvenza, vi sarà la segnalazione al pubblico ministero affinché verifichi la sussistenza dei presupposti per chiedere l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Il sistema dei controlli

Alla base del nuovo sistema, vi è la previsione di un sistema di controlli e segnalazioni interno all’impresa e, dall’altro, dell’obbligo di segnalazione a carico di enti come l’Agenzia delle Entrate e l’Inps.

Dal punto di vista interno dell’azienda, è previsto il dovere, la necessità dell’imprenditore, che opera in forma societaria, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

 

Risulta necessaria la capacità della stessa organizzazione di poter effettuare una tempestiva rilevazione della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l’adozione e l’attuazione degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della rilevata crisi, e il recupero della continuità aziendale. Quanto previsto vale sia per l’imprenditore individuale che per quello collettivo.

 

Obblighi di sindaci e revisori

Oltre l’obbligo degli amministratori della società, non bisogna dimenticare l’obbligo dei sindaci, la cui nomina è stata estesa a tutte le società che superino la soglia dei due milioni di euro di ricavi o di attivo, o dei dieci dipendenti, e anche l’obbligo del revisore contabile di verificare costantemente che l’assetto organizzativo dell’impresa sia adeguato al rilevamento tempestivo della crisi e che sussista l’equilibrio economico finanziario.

I suddetti professionisti devono segnalare immediatamente agli amministratori i segnali di crisi, e nello specifico i sindaci hanno l’obbligo di segnalare la previsione di non sostenibilità dei debiti con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare, o l’incapacità di assicurare la continuità aziendale nei successivi sei mesi, rilevando sempre, come indice di crisi, ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.

 

NB!Per effettuare tali valutazioni il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti dovrà elaborare appositi indici, salva la possibilità per l’impresa di adottare dei propri indici adeguati, purché siano oggetto di attestazione.

 

È in ogni caso compito del professionista effettuare una attenta valutazione in concreto, avendo cura di espungere i cosiddetti falsi negativi o falsi positivi ai quali potrebbe dar luogo la mera applicazione meccanica degli indici.

 

Nel caso in cui risultino i prima citati indici di crisi, l’organo di controllo deve procedere ad una formale segnalazione agli amministratori assegnando un termine non superiore a 30 giorni per riferire in ordine alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese.

Nei casi di risposta inadeguata o di mancata adozione nei successivi 60 giorni delle misure necessarie, i sindaci devono informare senza indugio l’Organismo di composizione della crisi (OCRI) fornendo ogni elemento informativo utile in deroga a ogni dovere di segretezza.

 

Su tali assunti vi sono alcuni (giustificati) timori relativamente alla loro funzionalità con particolare riferimento all’incidenza delle modalità di nomina dei sindaci e sulla loro indipendenza.

Su questo punto, il legislatore dovrà intervenire individuando modalità di nomina esterna dei professionisti, anche per sorteggio da un elenco creato appositamente.

 

Non bisogna comunque dimenticare che i sindaci rispondono solidalmente con gli amministratori di una loro inerzia, e per i danni derivanti dalla prosecuzione delle attività senza le doverose iniziative, e che il sindaco è tra i soggetti che rispondono delle fattispecie del diritto penale fallimentare incentrate sull’aggravamento del dissesto.

È prevedibile in questo contesto, che il vero effetto della riforma, oltre a una chiara individuazione dei compiti e dei doveri dei sindaci rispetto all’andamento della gestione, sarà una spinta a un’opera di “moral suasion” da parte dei sindaci verso gli amministratori sul prevenire il verificarsi di presupposti che rendono necessarie le segnalazioni.

 

Debiti verso l’erario e previdenziali: primo segnale di crisi

L’accumularsi di debiti verso l’erario e/o gli enti previdenziali, è nella maggior parte dei casi il primo segnale di crisi dell’impresa, quando naturalmente non si tratti di soggetti che abbiano pianificato un’attività incentrata sulla sistematica evasione fiscale e contributiva.

Il nuovo codice prevede che quando i debiti per Iva, per contributi previdenziali e per crediti affidati all’agente della riscossione superano determinate soglie, i relativi enti, devono a pena di perdita del privilegio e, nell’ultimo caso, delle spese e oneri di riscossione, avvisare il debitore, il quale se entro novanta giorni non avrà estinto il debito o, nell’ipotesi di rateizzazione, non risulterà in regola con i pagamenti, o non avrà fatto spontaneamente istanza di composizione assistita della crisi all’OCRI o domanda di apertura di procedura concorsuale, si procederà d’ufficio alla segnalazione allo stesso organismo della crisi.

 

Sono previste determinate soglie che possono essere modificate con decreto ministeriale, attualmente fissate:

  • per l’Iva nella misura del 30% del volume d’affari del periodo a cui si riferisce l’ultima liquidazione;
  • per i contributi previdenziali nella misura della metà dei contributi maturati nell’anno precedente con una soglia minima di 50mila euro;
  • per il complesso dei crediti affidati per la riscossione in 500mila euro per le imprese individuali e in un milione di euro per le società.

 

NB!La segnalazione non opera se il debitore documenta di essere titolare di crediti d’imposta e di crediti verso la Pubblica amministrazione per un ammontare superiore alla metà del proprio debito.

 

L’inerzia del debitore e la segnalazione all’OCRI

Dopo la prima segnalazione degli indici di crisi effettuata al debitore, se lo stesso risulta inerte o propone delle risposte non adeguate, il sistema delle misure d’allerta introdotto con il nuovo Codice della crisi prevede la segnalazione da parte degli organi di controllo interni delle società e da parte dei creditori pubblici qualificati all’organismo di composizione della crisi d’impresa (OCRI), che come detto viene istituito presso le Camere di commercio.

A tale organismo si può rivolgere direttamente anche il debitore per avviare il procedimento di composizione della crisi.

Il suddetto organismo opera tramite esperti che sono individuati tra gli iscritti all'albo nazionale dei curatori e commissari giudiziali istituito presso il ministero di Giustizia.

Quando arriva la segnalazione dei sindaci o dei creditori pubblici, o quando il debitore deposita l'istanza per la composizione della crisi, il referente dell'OCRI procede alla nomina di tre esperti, di cui due in base alle designazioni effettuate dal presidente del tribunale delle imprese e dal presidente della Camera di commercio, e uno scelto tra quelli annualmente indicati dalle associazioni imprenditoriali di categoria.

Nel collegio sarà nominato un relatore che ha il compito di acquisire i dati e le informazioni rilevanti.

 

L’audizione del debitore

L’audizione del debitore viene fissata entro quindici giorni dalla segnalazione o dalla presentazione dell’istanza, convocando i sindaci se si tratta di società dotata di organo di controllo.

La prima soluzione può esser anche l’immediata archiviazione quando si ritiene che sulla base delle informazioni acquisite e degli elementi forniti dal debitore, non sussista una situazione di crisi o se risulta, si tratti di una impresa alla quale non si applicano le misure d’allerta, come le grandi imprese, le società quotate in borsa, banche, assicurazioni e altri soggetti già sottoposti ad autorità di vigilanza.

 

Si evidenzia che la possibile immediata archiviazione, unitamente alla riservatezza del procedimento, sono idonei ad eliminare i timori, di conseguenze pregiudizievoli per l’impresa nel caso di segnalazioni non fondate da parte di sindaci che potrebbero essere preoccupati del rischio di responsabilità per omessa o ritardata segnalazione.

 

Se emerge, invece, che la segnalazione effettuata dall'organo di controllo interno o dai creditori pubblici è fondata, l’organismo aiuta il debitore nell'individuazione delle misure occorrenti per rimuovere la situazione di crisi fissando poi un termine per la loro attuazione.

 

La composizione assistita della crisi

Quando non si riesce a superare la situazione di crisi, senza trovare una soluzione concordata con i creditori, ad esempio con la ridefinizione dei tempi di pagamento, o con la parziale falcidia dei crediti, si apre il procedimento di composizione assistita della crisi.

 

L’apertura avviene solo su istanza del debitore, e in tal caso il collegio dei tre esperti incarica il relatore di seguire le trattative, fissando per la loro conclusione il termine massimo di tre mesi prorogabile di ulteriori tre soltanto in caso di riscontri positivi.

Per fondare le trattative su una base informativa corretta, è necessario acquisire o predisporre una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria con un elenco completo dei creditori e delle cause di prelazione, questi ultimi hanno il dovere di collaborare con lealtà nell’ambito del suddetto procedimento.

Per agevolare lo sviluppo delle trattative, evitando iniziative unilaterali di singoli creditori, a seguito dell’avvio del procedimento di composizione assistita, il debitore può chiedere al tribunale delle imprese le necessarie misure protettive come:

  • il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari e il divieto d'iscrizione di ipoteche giudiziali;
  • il differimento degli obblighi connessi alla riduzione del capitale;
  • la temporanea non operatività della causa di scioglimento della società per riduzione al di sotto del minimo legale o perdita del capitale.

 

Queste misure durano tre messi, e possono essere prorogate solo in presenza di progressi nelle trattative che facciano risultare fattibile il raggiungimento dell’accordo con i creditori.

È comunque prevista una revoca immediata se risultano atti di frode, o se il collegio segnala che non vi sono progressi nelle trattative.

 

Esito del procedimento

Nell’ambito del procedimento, in caso di esito positivo delle trattative, si arriva all’accordo scritto con i creditori che è depositato presso l’organismo della crisi e non è estensibile a terzi, salvo accordo tra le parti per l’iscrizione nel registro delle imprese.

L’accordo produce gli effetti di un piano attestato di risanamento e pertanto, in caso di una successiva apertura di una procedura concorsuale, nel caso in cui l’accordo non abbia trovato attuazione o siano sopravvenuti elementi che abbiano ostacolato il superamento della crisi, i pagamenti e gli altri atti in esecuzione posti in essere non risulteranno revocabili, ed opererà sempre l’esenzione dai reati di bancarotta preferenziale e bancarotta semplice.

 

Se invece non viene raggiunto l’accordo con i creditori, il collegio invita il debitore a presentare domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell'insolvenza, ossia domanda di omologa di accordo di ristrutturazione o di apertura di procedura di concordato preventivo o di liquidazione giudiziale.

 

Per facilitare soluzioni diverse dalla liquidazione giudiziale, il collegio degli esperti, valorizzando l’attività istruttoria compiuta nel corso del procedimento di composizione della crisi, procede all’attestazione della veridicità dei dati aziendali.

 

L’attestazione della fattibilità del piano alla base degli accordi di ristrutturazione o del concordato preventivo è rimessa, invece, in ogni caso ad altro professionista scelto dal debitore.

 

Segnalazione al pubblico ministero

Se il debitore non si presenta per l’audizione o se, salvo l’ipotesi dell’archiviazione, questi non avvia il procedimento di composizione assistita e, infine, se a seguito dell’esito negativo delle trattative con i creditori, non viene presentata domanda di accesso ad una procedura di regolazione, il collegio degli esperti deve verificare se la situazione dell’impresa sia di evidente insolvenza.

In tal caso, il referente procede alla segnalazione dell’insolvenza al pubblico ministero, il quale nel termine di sessanta giorni, se ritiene fondata la notizia dell’insolvenza, deve chiedere l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

 

Il legislatore ha optato per un sistema incentrato in via principale sulla ricerca di un superamento della crisi, ma anche dell’eventuale insolvenza, tramite l’accordo interamente stragiudiziale tra debitore e creditori.

Laddove questo non risulti possibile, perché il debitore rimane inerte, o perché a seguito del mancato accordo non renda alcuna iniziativa per l’accesso ad una procedura, tramite il pubblico ministero viene assicurato in ogni caso il tempestivo accertamento dell’insolvenza.

 

NB! - L’iniziativa del PM rappresenta l’ultima sollecitazione al debitore per l’accesso ad una procedura diversa dalla liquidazione giudiziale posto che l'eventuale sopravvenuta richiesta di omologa di accordi di ristrutturazione.

 

Misure premiali per il debitore

Per incentivare l’emersione tempestiva della crisi d’impresa, oltre al meccanismo delle segnalazioni da parte dei sindaci delle società e da parte di Agenzia delle Entrate e dell’Inps, il legislatore ha previsto delle misure premiali rivolte al debitore che presenta tempestivamente istanza all’organismo di composizione della crisi per l’apertura del procedimento di composizione assistita della crisi o anche, in alternativa, direttamente domanda di omologa di accordo di ristrutturazione o di apertura di procedura di concordato preventivo o di liquidazione giudiziale.

 

L’iniziativa è considerata tempestiva se adottata nel termine di tre mesi (per l’istanza all’OCRI) o di sei mesi (negli altri casi) decorrenti dal superamento delle soglie di debiti verso i dipendenti o verso i fornitori previsti all’articolo 24 o degli indici elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti già ai fini dell’obbligo di segnalazione da parte dei sindaci.

 

Tra i benefici sono previsti ad esempio la riduzione degli interessi e delle sanzioni sui debiti tributari, l’aumento dei termini per proporre il concordato preventivo nell’ambito del relativo procedimento, e la limitazione della possibilità di proposte concorrenti nel caso di concordato con continuità aziendale. La maggiore premialità riguarda tuttavia la responsabilità penale.

Per chi presenta tempestivamente l’istanza all’OCRI o la domanda di accesso ad una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, è prevista la non punibilità con riferimento a tutte le fattispecie di bancarotta semplice e di bancarotta fraudolenta se il danno risulta di speciale tenuità.

Se invece il danno non è di speciale tenuità, la pena è ridotta fino alla metà purché sussistano entrambe queste condizioni:

  • l’attivo inventariato o messo a disposizione dei creditori assicura il soddisfacimento di almeno un quinto dei debiti chirografari;
  • il danno derivante dalle condotte delittuose non sia superiore all’importo di due milioni di euro.

 

Modifiche agli statuti

Il Codice della crisi d’impresa, interviene anche sull’articolo 2477 del codice civile modificando la parte relativa ai limiti per la nomina obbligatoria dell’organo di controllo e per la cessazione della sua funzione.

 

Nel nuovo testo viene cancellato il richiamo ai limiti indicati dal primo comma dell’articolo 2435 bis, in materia di bilancio abbreviato, e vengono inseriti nella norma direttamente i nuovi limiti previsti (attivo dello stato patrimoniale superiore a due milioni o ricavi superiori a due milioni o dipendenti superiori a dieci unità).

Non vengono modificati gli altri due requisiti previsti dalle lettere a) e b) del vecchio articolo 2477 e cioè l’obbligo di redazione del bilancio consolidato, e il controllo di una società obbligata alla revisione legale dei conti.

Con specifico riferimento alle Srl e alle società cooperative già costituite, a quella che sarà la data di entrata in vigore della norma in esame, il legislatore detta una disciplina specifica.

Per tali soggetti, qualora ricorrano i requisiti di cui al nuovo comma 1 dell’articolo 2477 sopra detti, vi è l’obbligo entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del codice, di nominare l’organo di controllo o il revisore e di uniformare, se necessario, l’atto costitutivo e lo statuto ai nuovi limiti.

La disposizione in commento precisa che ai fini della prima applicazione della nuova norma, si ha riguardo ai due esercizi antecedenti l’entrata in vigore delle modifiche operate all’articolo 2477.

 

Le società interessate dalla prima applicazione delle nuove disposizioni, potranno essere quelle che sono state costituite nel corso del 2017 chiamate ad approvare il bilancio 2018 nei primi mesi del corrente anno.

 

Al superamento anche solo di uno di tali limiti, con riferimento ai bilanci 2018 e 2017, scatta dunque l’obbligo di nomina del sindaco o del revisore nel termine predetto.

 

Relativamente alla modifica dell’atto costitutivo e dello statuto, laddove necessaria ai fini di recepire i nuovi parametri dimensionali, essa dovrà essere effettuata entro lo stesso termine di nove mesi dall’entrata in vigore delle modifiche all’articolo 2477 del codice civile.

 

Nel momento in cui si deve modificare l’atto costitutivo di una Srl, in linea generale è necessaria, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2480 del Codice civile, una deliberazione dell’assemblea dei soci con l’intervento del notaio che deve redigere il verbale e provvedere alla sua iscrizione al Registro delle imprese.

Fino alla modifica degli atti, rimangono comunque valide le previsioni contenute negli stessi atti costitutivi e negli statuti attualmente in essere anche se non conformi alle nuove norme.

Infine l’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non sia superato alcuno dei predetti limiti.

In tal senso, depone il nuovo quarto comma dell’articolo 2477 del codice civile. C’è quindi un disallineamento temporale tra il periodo di osservazione ai fini della nomina (due anni) e quello per la cessazione dell’obbligatorietà della funzione (tre anni).

Anche in relazione alla cessazione della nomina obbligatoria è stato previsto che si abbia riguardo ai due esercizi antecedenti l’entrata in vigore della norma. Pertanto, la verifica andrà condotta sui bilanci 2018 e 2017.

 

Per l’organo di controllo o revisore che fosse già in carica, nel silenzio della norma, occorrerà distinguere a seconda che l’atto costitutivo consenta la nomina dell’organo di controllo o del revisore o non preveda nulla in tal senso.

Nel primo caso, l’organo nominato non decade automaticamente, ma rimane in carica fino alla naturale scadenza e i soci possono decidere di rinnovarne la nomina.

Nel caso in cui nulla fosse previsto, la dottrina maggioritaria ritiene che l’organo nominato cessi essendo venuto meno per legge il presupposto che ne ha comportato la nomina.

 

Mancata designazione dell’organo di controllo

La mancata istituzione, entro il termine di 9 mesi predetto, dell’organo di controllo o del revisore, nei casi in cui questi siano obbligatori, non è sanzionata espressamente dalla legge e neppure dal nuovo decreto sulla crisi d’impresa.

Se l’assemblea non provvede nei termini suddetti, la nuova formulazione del comma 6 dell’articolo 2477 del codice civile, dispone che alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del conservatore del Registro delle imprese.

Tra i soggetti legittimati a presentare la richiesta rientrano i soci e gli amministratori e anche i terzi per i quali si ritiene applicabile la prassi relativa alla legittimazione a impugnare le delibere assembleari nulle.

Se i soci debitamente convocati non istituiscono l’organo di controllo, o il revisore, e non ricorresse la segnalazione al tribunale si potrebbe integrare una causa di scioglimento della società per impossibilità di funzionamento (articolo 2484, comma 1, n. 3 del codice civile).

 

NB! - Gli amministratori che non convocano i soci per nominare l’organo di controllo o il revisore vengono meno a un loro obbligo e possono integrare un illecito amministrativo per omessa convocazione dell’assemblea.

 

L’omissione degli amministratori può in ogni caso essere risolta con la convocazione dei soci su richiesta di 1/3 del capitale.

Con il richiamo all’articolo 2409, che viene aggiunto dopo il comma 6 dell’articolo 2477, si estende la previsione della denunzia al tribunale per la richiesta del procedimento di controllo giudiziario anche quando questa sia conseguenza della mancata nomina (o della mancata convocazione dell’assemblea) da parte degli amministratori.

 

Nell’ipotesi in cui una Srl sia priva del collegio sindacale obbligatorio, dopo il (nuovo) termine concesso dall’articolo 2477, comma 6 del Codice civile, per procedere alla sua istituzione, non sarà possibile adottare con efficacia quelle delibere che presuppongono una qualche attività da parte di tale organo.

La responsabilità e la competenza ad accertare la “vacatio” patologica del collegio sindacale o del revisore in sede assembleare, nel caso in esame, compete esclusivamente al presidente dell’assemblea.

La previsione contenuta nell’articolo 2477, comma 6, nella parte in cui obbliga l’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati ai commi 2 e 3, a provvedere entro 30 giorni alla nomina del collegio sindacale, implica la legittimazione di tale assemblea a deliberare sulla suddetta nomina anche se non indicato nell’ordine del giorno.

 

Quadro Normativo

Legge n. 155 del 19 ottobre 2017

Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza approvato il 10 gennaio 2019 (Schema D.lgs.)

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