Crisi di liquidità: quando può essere invocata per evitare le sanzioni tributarie?

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Crisi di liquidità: quando può essere invocata per evitare le sanzioni tributarie?

Per avvalersi dell’esimente della forza maggiore ed evitare, così, le sanzioni amministrative conseguenti agli omessi versamenti tributari, il contribuente è tenuto a dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire risorse, pur avendo tentato tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale.

Omessi versamenti e crisi di liquidità

E’ stata confermata, dai giudici di legittimità, la statuizione con cui la CTR aveva riconosciuto applicabili, nei confronti di una società in house destinataria di due cartelle di pagamento, le sanzioni amministrative alla stessa irrogate dall’Ufficio finanziario, in considerazione dell’omesso versamento contestatole.

In primo grado, le predette sanzioni erano state annullate in ragione dell’applicazione dell'esimente della causa di forza maggiore, esimente non ravvisata, invece, dalla Commissione tributaria regionale.

Secondo quest’ultima, infatti, l'incapienza patrimoniale della società era stata determinata dalla consapevole scelta gestionale della Provincia di sottrarsi al pagamento delle imposte, di tal ché le sanzioni erano dovute, in assenza anche di prova dell’impossibilità di far fronte agli obblighi di legge.

La società si era rivolta alla Suprema corte, lamentando, in particolare, la contraddittorietà della motivazione della CTR, per quanto atteneva alla pronuncia relativa alla debenza delle sanzioni.

A giudizio della ricorrente, le sanzioni irrogate erano da ritenere illegittime in considerazione dell'assoluta mancanza dell'elemento soggettivo, atteso che questo, oggettivamente, era stato determinato integralmente dal fatto del terzo, ossia dall’illustrato comportamento della Provincia, dalla quale la società dipendeva in tutto e per tutto, a causa della sua natura “in house”.

Con ordinanza n. 15415 del 3 giugno 2021, la Cassazione ha giudicato inammissibile la predetta censura, in quanto sostanziatasi nella richiesta di un giudizio di merito circa la sussistenza degli estremi dell'esimente della forza maggiore, giudizio considerato estraneo alla competenza della Corte di legittimità.

Coscienza e volontà della condotta? Sì alle sanzioni tributarie

In ogni caso, gli Ermellini hanno sottolineato come vada applicato anche alla materia fiscale il principio generale secondo cui, ai fini dell'applicazione delle sanzioni, “non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente”.

È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta e non occorre dimostrare il dolo o la colpa.

Quest’ultima, infatti, si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, rilevante, come esimente, solo se l'agente è incorso in un errore inevitabile.

Forza maggiore, applicabilità esimente

In tale contesto, è stata ricordata anche la pronuncia a Sezioni unite n. 37424/13, con la quale si è peraltro affermato che: "Non può...essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta...”.

Conseguentemente, l'illecito è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando che l'impresa attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti.

E anche se in astratto non può escludersi che si possano configurare casi che giustificano l'invocarsi di assenza di dolo o di assoluta impossibilità di adempiere l'obbligazione tributaria, va comunque ricordato che l'apprezzamento di tali ipotesi è devoluto al giudice del merito e come tale è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Onere della prova a carico del contribuente

Al fine di una verifica in merito – si legge ancora nella decisione - è necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene alla lamentata crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto.

Così, il contribuente che voglia giovarsi in concreto dell'esimente della forza maggiore dovrà dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili.

Nella vicenda esaminata, ciò posto, non erano state prodotte tali prove, neanche sotto il profilo della rendicontazione dei rapporti intercorsi con la Provincia, atteso che la ricorrente si era limitata a rivendicare il proprio ruolo di società in house senza alcuna evidenza circa la situazione di crisi economico-finanziaria dedotta. Ne conseguiva il rigetto del relativo ricorso.

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