Crediti da lavoro, le minori tutele estendono i termini di prescrizione

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Crediti da lavoro, le minori tutele estendono i termini di prescrizione

Con due recenti sentenze la Corte di Cassazione ha superato il precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui il dies a quo della decorrenza dei termini quinquennali di prescrizione dei crediti da lavoro era fissato dalla maturazione del diritto o dalla cessazione del rapporto di lavoro, a seconda delle tutele assicurate dalla normativa in caso di licenziamento illegittimo e, in particolare, nella possibile applicazione dell’art. 18, legge 20 maggio 1970, n. 300.

A seguito delle modifiche in materia di tutele da licenziamento illegittimo operate con la legge Fornero (L. n. 92/2012) e con il Jobs Act (D. Lgs. n. 23/2015), gli Ermellini hanno ritenuto, nelle due ravvicinante sentenze n. 26246 del 6 settembre 2022 e n. 30957 del 20 ottobre 2022, che per tutti i diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge Fornero, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935, Codice Civile, dalla cessazione del rapporto di lavoro.

A tale interpretazione pare, altresì, essersi conformato anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, con la nota 30 settembre 2022, n. 1959, in materia di diffida accertativa di crediti da lavoro certi, liquidi ed esigibili, afferma – superando la precedente nota 23 gennaio 2020, n. 595 – che il termine di prescrizione quinquennale decorre solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.  

Remissione in bonis dei crediti dal luglio 2007

Precedentemente alle due recenti sentenze citate in premessa, la Corte di legittimità, nella sentenza 10 giugno 1966, n. 63, aveva fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2948, n. 4, a mente del quale la decorrenza dei termini di prescrizione doveva tenere conto della situazione psicologica del lavoratore, il quale può essere indotto a non esercitare un proprio diritto per timore di un atto di recesso datoriale. Tale principio, che esclude, evidentemente, i rapporti di pubblico impiego, è imperniato del concetto di stabilità del rapporto di lavoro sulla quale si fonda il nostro ordinamento. A seguito anche di ulteriori pronunce, tra cui la Corte Costituzionale 12 dicembre 1972, n. 174, vigeva la regola secondo cui il differimento del decorso del termine di prescrizione dei crediti da lavoro alla cessazione dello stesso trovava conforto solo laddove il rapporto non era assistito dalla c.d. stabilità reale in caso di licenziamento illegittimo.

Sul punto si era pronunciata anche la Corte di Cassazione, nella sua più autorevole composizione, chiarendo che la differenza del doppio regime di decorrenza della prescrizione coincideva, nella generalità dei casi, con l’ambito di operatività, o meno, dell’art. 18, legge 20 maggio 1970, n. 300, sicché:

  • per i datori di lavoro con più di 15 lavoratori la prescrizione decorreva, di mese in mese, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro stesso;
  • per i datori di lavoro fino 15 dipendenti, la prescrizione decorreva dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Naturalmente, l’ago della bilancia erano proprio le tutele in caso di recesso illegittimo, nel primo caso l’effettiva reintegrazione nel posto di lavoro, nel secondo la mera indennità risarcitoria.

Secondo il nuovo orientamento giurisprudenziale, le modifiche apportate dall’art. 1, comma 42, legge 28 giugno 2012, n. 92, e poi dagli artt. 3 e 4, decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, all’art. 18, legge 20 maggio 1970, n. 300, hanno comportato il passaggio da un’automatica applicazione ad ogni ipotesi di illegittimità del licenziamento della tutela reintegratoria e risarcitoria in misura predeterminabile con certezza ad un’applicazione selettiva delle tutele (se in misura “piena” o “forte”, ovvero “attenuata” o “debole”) in esito all’analisi, operata dal giudicante, circa le due diverse fasi di qualificazione della fattispecie e di scelta della sanzione applicabile.

Ciò assunto non è seriamente controvertibile che la tutela reintegratoria, rispetto alla tutela indennitaria – specie a seguito degli effetti di cui agli artt. 3 e 4, d. lgs. n. 23/2015 -, abbia ormai carattere recessivo e che, conseguentemente, venga a mancare quel grado di adeguata stabilità del rapporto di lavoro. La prescrizione decorrerà, allora, nel corso del rapporto di lavoro, esclusivamente quando la reintegrazione, non soltanto sia, ma appaia la sanzione “contro ogni illegittima risoluzione” nel corso dello svolgimento in fatto del rapporto stesso così come accada per i lavoratori pubblici e come era nel vigore del testo dell’art. 18 ante legge n. 92/2012 e limitatamente ai lavoratori a cui tale norma si applicava.

Stante le superiori osservazioni, gli Ermellini affermano il seguente principio di diritto: “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del decreto legislativo n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro adeguata tutela non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”.

NOTA BENE: Per effetto del nuovo orientamento giurisprudenziale i termini di prescrizione dei crediti di lavoro, a prescindere dalle dimensioni del datore di lavoro e con espressa esclusione dei lavoratori del settore pubblico, decorrono dalla data di cessazione del rapporto. Il principio di diritto affermato nella sentenza rimette in termini i crediti dei lavoratori a far data da “luglio 2007” ovverosia dai cinque anni antecedenti dall’entrata in vigore della Legge Fornero. Gli stessi saranno reclamabili, come gli altri crediti del periodo, fino ai cinque anni successivi la cessazione del rapporto di lavoro

Diffida accertativa e nuovi termini di prescrizione

Con la nota 30 settembre 2022, n. 1959, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha superato, alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale sul dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione, parzialmente la precedente nota 23 gennaio 2020, n. 595, affermando che il personale ispettivo dovrà considerare oggetto di diffida accertativa i crediti – certi, liquidi ed esigibili – di cui il lavoratore è titolare tenuto conto che il termine di prescrizione quinquennale inizierà a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.  

QUADRO NORMATIVO

Corte di Cassazione – Sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022

Corte di Cassazione – Sentenza n. 30957 del 20 ottobre 2022

INL – Nota n. 1959 del 30 settembre 2022

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