Costi non inerenti. Valutazione degli elementi presuntivi addotti dalle parti

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Costi non inerenti. Valutazione degli elementi presuntivi addotti dalle parti

La Corte di cassazione ha giudicato fondato il ricorso con cui l’Agenzia delle entrate aveva impugnato una decisione di merito pronunciata con riferimento ad un avviso di accertamento relativo a un maggior imponibile dipendente da un’indebita detrazione d’imposta contestata ad una società contribuente.

Con l’atto impositivo, l’Amministrazione finanziaria aveva recuperato a tassazione alcuni costi ritenuti inesistenti e comunque non congrui, applicando le relative sanzioni.

Mentre, in primo grado, la CTP aveva ritenuto attendibili le presunzioni allegate dall’Ente impositore per giustificare l’accertamento, la CTR, in sede di gravame, aveva accolto le doglianze della contribuente, ritenendo inadeguata l’allegazione di prove presuntive fornita dall’Ufficio finanziario, a fronte della specifica attività esercitata dalla società. Secondo i giudici di secondo grado, in particolare, le presunzioni su cui l’accertamento si era fondato erano in realtà destituite di fondamento e di ogni attendibilità in quanto ancorate ad elementi fattuali inidonei a conferire la fondatezza alle presunzioni stesse.

L’Agenzia si era quindi rivolta alla Suprema corte, lamentando la violazione di legge e un vizio di motivazione in ordine alle prove presuntive allegate dalle parti: i giudici regionali - secondo la difesa del Fisco - avevano omesso di valutare e di esaminare specificamente il rilievo degli elementi presuntivi da essa allegati.

Elementi presuntivi da sottoporre a specifico esame

Con ordinanza n. 2774 del 5 febbraio 2021, la Cassazione ha giudicato fondate tali doglianze, sottolineando, in primo luogo, come la CTR non si era soffermata a chiarire in base a quali elementi avesse ritenuto di poter affermare che le prestazioni fatturate dalla contribuente fossero effettivamente avvenute. La Commissione regionale tributaria, inoltre, non aveva nemmeno indicato quali fossero gli elementi presuntivi esaminati e le ragioni che l’avevano indotta a concludere per la loro infondatezza.

Sin dall’accertamento tributario, infatti, l'Ente impositore aveva allegato elementi presuntivi specifici a fondamento della pretesa impositiva ma su tutti questi elementi il giudice di appello aveva omesso di indicare una propria valutazione, avendo solo proposto generiche valutazioni in ordine alla realtà gestionale delle imprese coinvolte.

In questo modo, la decisione di appello non si era attenuta al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione finanziaria, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio.

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