Controllate estere poco allineate

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Il Dl n. 78/2009 irrigidisce il regime delle controllate estere (Cfc), tenendo conto delle decisioni della Commissione e della giurisprudenza Ue oltre che dei recenti documenti di prassi dell’agenzia delle Entrate, che avevano già “stretto” sulle società estere. Nella Manovra estiva si stabilisce, in primo luogo, che per la disapplicazione del regime antielusivo mediante prova, da parte del soggetto residente, dell'esercizio di una effettiva attività commerciale della controllata estera, non è sufficiente che la partecipata abbia una struttura organizzativa idonea nel Paese in cui ha sede, ma è necessario che l'attività principale sia svolta nel mercato dello Stato di insediamento. Assume, quindi, rilevanza anche il luogo in cui ha sbocco commerciale l'attività esercitata; solo così il legislatore ritiene che possa essere dimostrato il radicamento con il Paese ospitante. La modifica introdotta riguarda il comma 5, lettera 5, dell’articolo 167 del Tuir e riflette una prassi ormai consolidata nel corso del lungo periodo di tempo in cui è stata materialmente disapplicata la norma Cfc. La precisazione inserita nell’articolo citato è che per l’esclusione relativa all’esercizio di “un’effettiva attività industriale e commerciale” è necessario che l’attività sia svolta “nel mercato dello Stato o territorio di insediamento”. L’orientamento riflesso è quello delle risoluzioni agenziali n. 427/E/2008 e 165/E/2009 e, di fatto, rappresenta una novità rispetto agli altri ordinamenti internazionali, dove non esistono condizioni analoghe. Per tali ragioni, da più parti si è auspicata una revisione della disciplina che, allo stato attuale, potrebbe costituire un elemento pregiudizievole per i gruppi italiani orientati all’estero, agendo soprattutto sulla loro competitività, dato che l’obbligatorietà dell’interpello è già di per se sufficiente per tutelare l’interesse del Fisco. L’altra grande novità introdotta dal decreto “anticrisi” riguarda, infatti, l’applicazione dell’articolo 167 anche alle partecipate estere localizzate in Stati non compresi nelle cosiddette “black list”. Perché ciò accada è necessario che in capo al partecipato estero ricorrano congiuntamente due condizioni, che sono quelle previste nel nuovo comma 8-bis dell’articolo 167. Questo ampliamento dell'ambito della norma Cfc non si applica nei casi in cui il soggetto residente dimostri, mediante interpello, che l'insediamento all'estero non rappresenta una costruzione fittizia. Per questo motivo, la norma potrebbe essere modificata per tener conto anche dei gruppi multinazionali con insediamenti regionali a servizio di più mercati nazionali e, inoltre, potrebbe essere opportuno prevedere che l’esercizio di attività industriali con regime fiscale privilegiato possa, comunque, soddisfare la condizione dell’esimente anche se il mercato di sbocco non è localizzato in quello Stato o area geografica. Il comma 5-bis, infine, prevede che la disapplicazione della norma è negata in caso di proventi derivanti per più del 50% dalla prestazione di servizi infragruppo, tra cui i servizi finanziari. Si tratta, in questo caso, di una limitazione che riguarda le operazioni all'interno dei gruppi.
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  • Il Sole 24 Ore, p. 29 – Controllate estere poco allineate - Maisto

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