Concordato errato: niente compenso al professionista
Pubblicato il 22 aprile 2025
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Non spetta alcun compenso al professionista (attestatore, avvocato o commercialista) se la prestazione da questi resa risulta inidonea o non funzionale al conseguimento dell'obiettivo per cui è stata conferita, a causa di imperizia o negligenza, anche in assenza di un’obbligazione di risultato.
E' quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione, Prima Sezione civile, con ordinanza n. 6382 del 10 marzo 2025, con particolare riferimento ai professionisti coinvolti nelle procedure di concordato preventivo.
Professionista senza compenso in caso di errore nella domanda di concordato
Contesto giuridico e fattuale
Nel caso esaminato, un professionista aveva chiesto l’ammissione al passivo del fallimento per un credito relativo a prestazioni rese in qualità di attestatore del piano di concordato preventivo. Tuttavia, sia il giudice delegato sia il tribunale avevano rigettato la domanda, rilevando:
- la mancata verifica degli ammanchi di magazzino,
- la non corretta valutazione dei rapporti societari con una controllata estera indicata come creditrice nel piano.
Tali mancanze erano state considerate gravi inadempienze, sufficienti a rendere la prestazione non funzionale, quindi priva dei requisiti minimi per poter giustificare un compenso.
I principi giurisprudenziali richiamati
La Corte ha richiamato e consolidato l’orientamento secondo cui:
- il professionista che predispone o attesta la domanda di concordato non risponde di un obbligo di risultato, ma è tenuto a dimostrare di aver adempiuto con diligenza qualificata (art. 1176, co. 2, c.c.) agli obblighi contrattualmente assunti;
- il credito al compenso può essere escluso dal passivo se emerge che la prestazione è stata eseguita in violazione dei requisiti normativi e delle buone pratiche professionali (Cass. SS.UU. n. 42093/2021; Cass. n. 36319/2022);
- la non funzionalità della prestazione si configura anche ex ante, cioè indipendentemente dall’esito della procedura, qualora la domanda o la documentazione siano carenti, erronee o inattendibili;
- in presenza di una prestazione inidonea (anche se richiesta dal cliente), il compenso non è dovuto, in quanto la prestazione è priva di utilità giuridica (Cass. n. 10289/2015).
Secondo la Corte, in altri termini, una prestazione che espone dati aziendali incompleti o falsati, o che non rileva assetti societari rilevanti, non può ritenersi conforme al modello legale e deontologico della figura professionale.
Pertanto:
- il professionista non ha diritto ad alcun compenso, neanche parziale;
- l'ammissione al passivo può essere legittimamente negata sulla base di un’eccezione di inadempimento sollevata dal curatore;
- anche le attività difensive successive risultano giuridicamente inutili, se la prestazione iniziale è radicalmente viziata.
Conclusioni
La pronuncia rafforza il dovere di massima diligenza professionale nella redazione e attestazione delle domande di concordato, confermando che l’utilità concreta e funzionale della prestazione costituisce presupposto imprescindibile per la retribuzione del professionista. Le omissioni, anche se solo in parte rilevanti, possono comportare la perdita integrale del diritto al compenso.
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