Compensazioni indebite: spazio all’innalzamento della soglia
Pubblicato il 09 luglio 2024
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Si applica ai processi in corso l'innalzamento del tetto per i crediti d'imposta e dei contributi compensabili ai fini Iva: per questo motivo la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate circa le indebite compensazioni effettuare da una società cooperativa negli anni 2009, 2010 e 2011.
Contesto della controversia
Nei fatti, l’Agenzia delle Entrate contestava alla cooperativa indebite compensazioni per un importo eccedente il limite annuale in ciascuno dei 3 anni suddetti. A fronte di ciò venivano applicate sanzioni pari al 30% dei crediti compensati in eccedenza.
Ma, a seguito del ricorso presentato dalla società, la Commissione tributaria provinciale riduceva le sanzioni al 10%, per due anni, e l’annullava per il terzo,
Il Fisco ricorreva in Cassazione lamentando violazione della norma vigente negli anni in cui è avvenuto il superamento dei limiti di compensabilità.
Limiti di compensazione: modifiche
La Corte di cassazione, sezione tributaria, con sentenza n. 18377 depositata il 5 luglio 2024, ricorda come ci sono state molte variazioni in materia di limiti di compensazione:
- dal 1° gennaio 2001, il limite massimo di crediti di imposta e contributi compensabili è fissato in un miliardo per anno solare ossia 516.454,90 euro;
- nel 2013 si alza a 700 mila;
- il Decreto Rilancio, per il solo anno 2020, aumenta la soglia a un milione di euro;
- con il DL n. 73/2021, (Sostegni bis) passa a 2 milioni di euro per il solo 2021, misura che poi verrà stabilizzata dalla Legge di bilancio 2022.
Superamento del plafond annuale
Ai sensi delle pronunce giurisprudenziali, il superamento del plafond annuale è una violazione sostanziale e non meramente formale, in quanto arreca pregiudizio all’esercizio delle operazioni di controllo ed incide sulla determinazione dell’imposta e sul versamento del dovuto.
Va così applicata la sanzione del 30% prevista per il mancato versamento del tributo alle scadenze previste (articolo 13 Dlgs 471/97).
Tuttavia, la cassazione con pronuncia n. 35385 del 2022 ha affermato che la violazione del limite previsto per legge alla compensabilità equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste. Ma la misura, nei processi ancora in corso ed in ossequio al principio del favor rei, deve tener conto dell’innalzamento dei limiti disposti dalla normativa successiva. Ciò determina una riduzione della condotta rilevante per l'applicazione della sanzione.
Pertanto non costituisce violazione sanzionabile l’utilizzo della compensazione fino alla soglia di due milioni di euro.
Abolitio criminis parziale
Quanto alla costruzione che sta alla base dell’orientamento descritto, va detto che in caso di abolitio criminis è richiesta la totale eliminazione del presupposto impositivo.
Nel caso affrontato con la sentenza n. 18377/2024, si è avuta la modifica di una norma estranea alla sanzione, trattandosi di innalzamento della soglia di compensabilità; ciò comporta una abolitio criminis parziale, poiché la condotta, intesa come superamento della soglia, rimane comunque sanzionabile, ma rispetto a valori più elevati.
In conclusione, è stato pronunciato il seguente principio di diritto: in materia di Iva, l’innalzamento del limite per la compensazione di crediti pari a due milioni di euro dal 2022 ha comportato un’abolitio criminis parziale, in quanto ha inciso sulla fattispecie sostanziale alla base della compensazione ampliando la liceità della condotta, che porta non all’applicazione del favor rei in senso stretto ai fini del trattamento sanzionatorio ma direttamente alla retroattività della novella.
Si rigetta, quindi, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
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