Cig illegittima: va risarcito anche il danno alla professionalità
Pubblicato il 17 aprile 2024
In questo articolo:
Condividi l'articolo:
Il lavoratore ingiustificatamente posto in cassa integrazione ha diritto, oltre al ristoro delle retribuzioni perse, anche al risarcimento per danno alla professionalità.
Torniamo dunque a parlare dell’utilizzo illecito degli ammortizzatori sociali, pratica purtroppo diffusa nel nostro Paese affrontata nel question time relativo all’illegittimo utilizzo della Cig per covid-19 e oggetto di nostro precedente articolo, analizzando quanto deciso dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 10267 del 16 aprile 2024.
Il tema della Cig illegittima è stato al centro di numerose sentenze da parte degli ermellini (si veda ad esempio la sentenza n. 10378/2021), tutte concordi nello stabilire che al lavoratore spetti in tal caso il risarcimento del danno nella misura corrispondente alla differenza tra le retribuzioni spettanti nel periodo di ingiustificata sospensione del rapporto ed il trattamento di integrazione salariale percepito.
Quello che però aggiunge l’ordinanza n. 10267 è un ulteriore tassello all’ampio mosaico del risarcimento da Cig illegittima: il danno alla professionalità.
Vediamo di che si tratta.
Danno alla professionalità: fattispecie
La fattispecie del danno alla professionalità è da sempre strettamente correlata al demansionamento: in via generale ci si riferisce infatti, in giurisprudenza e dottrina, a quanto disposto dall’art. 2103 del codice civile, secondo il quale ogni lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, e comunque a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte.
Di conseguenza, l’eventuale assegnazione di compiti non attinenti alla sua professionalità, ovvero lo svuotamento delle mansioni da ultimo svolte, costituiscono comportamenti illegittimi e in tali casi il lavoratore subisce un danno che investe la sfera della propria professionalità, diminuendo progressivamente l’insieme delle conoscenze teoriche e delle capacità tecnico-professionali, con conseguente scadimento del livello professionale.
Si tratta di un danno squisitamente patrimoniale che non necessita di una prova rigorosa in quanto il pregiudizio connesso all’impossibilità di svolgere le proprie mansioni rientra fra le nozioni di comune esperienza che può essere fatto valere in base al cosiddetto fatto notorio, costituente canone legale di prova ai sensi dell’art. 115 del codice di procedura civile.
La violazione dell’art. 2103 attraverso dequalificazione o forzata inattività del lavoratore costituisce dunque un atto illecito perché il lavoro costituisce non soltanto un mezzo di sostentamento e di guadagno ma anche di estrinsecazione della personalità del lavoratore; il danno da dequalificazione professionale, infatti, non si identifica solo con la mancata corresponsione della retribuzione ma può consistere semplicemente nel mancato aggiornamento e nella mancata pratica della propria professione.
Cig illegittima
Venendo al caso di specie, la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 10267/2024 affronta, come detto, le conseguenze per il lavoratore illegittimamente posto in cassa integrazione.
Nel giudizio di merito era stata accertata infatti la violazione dei criteri utilizzati per individuare i lavoratori da sospendere, e quindi l’illegittimità del provvedimento di sospensione dal lavoro; come conseguenza di tale accertamento era stato riconosciuto in appello il diritto in via equitativa a un risarcimento a titolo di danno alla professionalità pari al 30% della retribuzione mensile netta percepita dalla lavoratrice per tutto il periodo di illegittima sospensione.
Inattività forzata
Ma qui entra in gioco la novità: la Corte di cassazione ha convalidato la decisione rilevando che sussista danno alla professionalità anche per inattività forzata; il mancato esercizio della propria prestazione professionale, infatti, va oltre la lesione dell’immagine professionale investendo tutta la professionalità del lavoratore, la cui protratta inattività causa il depauperamento del proprio patrimonio professionale.
Si configura dunque non soltanto violazione dell’articolo 2103 del codice civile ma lesione del fondamentale del diritto al lavoro in senso ampio, inteso come mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun cittadino, mortificato dal mancato esercizio delle prestazioni proprie della qualifica di appartenenza.
La responsabilità del datore di lavoro che lasci inattivo il dipendente è in ogni caso una conseguenza della violazione di norme che integrano il contratto di lavoro e, dunque, configura sempre una forma di responsabilità di natura contrattuale.
Il danno alla professionalità, concludono gli ermellini, è diverso dalla semplice mancata percezione della retribuzione per illegittima collocazione in cassa integrazione, configurando lesione dell’immagine professionale e della dignità lavorativa e non mero danno patrimoniale.
Ricevi GRATIS la nostra newsletter
Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.
Richiedila subitoCondividi l'articolo: