Cartella pagata per evitare l'esproprio, la causa va avanti

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Cartella pagata per evitare l'esproprio, la causa va avanti

E’ stato accolto il ricorso promosso da una società contribuente avverso una cartella di pagamento relativa a IRAP, ritenute alla fonte, addizionali e accessori, notificatale quale responsabile in solido per debito del terzo, una Srl.

Nelle more del giudizio, la contribuente aveva provveduto al pagamento degli importi riportati in cartella e per questo la CTP aveva dichiarato l’estinzione della causa per cessazione della materia del contendere.

La società aveva fatto appello deducendo di aver effettuato il pagamento solo allo scopo di evitare successivi provvedimenti espropriativi ma si era vista rigettare le proprie ragioni: secondo la CTR, il versamento da essa effettuato aveva natura di adempimento di obbligazione pecuniaria, non revocabile, con conseguente improcedibilità del giudizio per carenza di interesse, salva l’istanza di rimborso.

Da qui il ricorso in cassazione della società interessata, volto a far valere una violazione e falsa applicazione di legge, nella parte in cui la decisione di merito aveva ritenuto sussistere una carenza di interesse a coltivare il giudizio, per effetto del pagamento dell’importo della cartella.

La ricorrente, nel ribadire quanto già esposto in appello, sottolineava che il pagamento non era stato effettuato quale adempimento spontaneo dell’obbligazione pecuniaria bensì al fine di evitare una successiva espropriazione.

Pagamento non spontaneo, nessuna acquiescenza

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 20962 del 1° ottobre 2020, ha ritenuto fondato il ricorso della società: il pagamento, di per sè - come anche la rateizzazione degli importi nella cartella di pagamento - non integra acquiescenza alla pretesa tributaria.

Difatti – hanno ricordato gli Ermellini richiamando il principio enunciato nella sentenza n. 3347/2017 – al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo non può attribuirsi l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario.

Ciò che rimane irripetibile è solo il versamento di quanto spontaneamente pagato.

E nella vicenda esaminata, parte contribuente aveva allegato, sin dal primo grado del giudizio, che il pagamento, intervenuto in corso di causa, era avvenuto non spontaneamente, ma per evitare successivi atti espropriativi in proprio danno: il suo comportamento non poteva certamente essere qualificato come di acquiescenza alla pretesa tributaria.

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