Autoriciclaggio. Bene sproporzionato rispetto al reddito? Sequestro

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Autoriciclaggio. Bene sproporzionato rispetto al reddito? Sequestro

Indagine per delitto di autoriciclaggio: sì alla confiscabilità dell’imbarcazione con valore sproporzionato rispetto al reddito posseduto dall’indagato.

Confermato, dalla Cassazione, il sequestro preventivo emesso dal Gip nell’ambito di un’indagine relativa ai delitti di cui agli artt. 648-ter.1 c.p. e 2 del D. Lgs. n. 74/2000.

L’imprenditore indagato aveva promosso ricorso per cassazione con riguardo alla confisca per sproporzione che aveva interessato uno yacht di cui era titolare, disposta in ordine al delitto di autoriciclaggio su somme provenienti anche da violazioni tributarie.

Tra gli altri rilievi, il ricorrente aveva censurato il criterio della ragionevolezza temporale su cui era stata fondata la confisca allargata o per sproporzione, in considerazione del decorso di un limitato periodo di tempo tra la commissione del cosiddetto reato spia (o presupposto) e il tempo di acquisizione del bene.

Confisca allargata, applicabilità 

La Suprema corte, con sentenza n. 41780 del 17 novembre 2021, ha giudicato infondato tale motivo di doglianza, ricordando come il criterio di ragionevolezza temporale attenga, specificamente, all’istituto della confisca per sproporzione, di cui all’art. 240-bis c.p., e risponda all’evidente fine di evitare un’applicazione abnorme della stessa norma, con possibili e gravi ricadute sull’esercizio del diritto di difesa.

Ai sensi della previsione in esame, riguardante i casi di condanna o di applicazione della pena per determinati reati, “è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica”.

La norma – ha spiegato la Corte – riconnette a due elementi la presunzione che il patrimonio stesso derivi da attività criminose che non è stato possibile accertare:

  • la qualità di condannato per determinati reati;
  • la sproporzione del patrimonio di cui il soggetto dispone, anche indirettamente, rispetto al suo reddito o alla sua attività economica.

Tale presunzione è, peraltro, solo relativa, potendo il condannato vincerla giustificando la provenienza dei beni.

In presenza delle condizioni indicate, il giudice non è tenuto a ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni confiscabili e il reato per cui è stata pronunciata condanna, e neppure tra i medesimi beni e una più generica attività criminosa del condannato.

Da qui la conclusione secondo cui, in definitiva, la confiscabilità non è esclusa dal fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si è proceduto, o che il loro valore superi il provento di tale reato.

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