Aspetti giuslavoristici del Decreto Ristori, analisi della Fondazione Studi

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Aspetti giuslavoristici del Decreto Ristori, analisi della Fondazione Studi

Con la circolare 5 novembre 2020, n. 22, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro analizza le criticità degli aspetti giuslavoristici varati dal Governo con il Decreto Ristori, con particolare riguardo ai nuovi trattamenti di integrazione salariale ed al divieto di licenziamento.

Gli ammortizzatori sociali

Con l'art. 12, comma 1, Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, il Governo ha previsto, per i datori di lavoro che riducono o sospendono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19, la possibilità di presentare domanda di concessione dei trattamenti di integrazione salariale per una durata massima di sei settimane, interamente collocate tra il 16 novembre 2020 ed il 31 gennaio 2021. In tal ambito, gli esperti della Fondazione Studi, rilevano sin da subito che, a fronte di una situazione sanitaria estremamente critica, sono state previste, in un arco periodale di 11 settimane, solo 6 settimane a sostegno del reddito. Invero, in un'interpretazione del tutto restrittiva, avvalorata dal Dossier di accompagnamento al DDL, i provvedimenti di integrazione salariale autorizzati ai sensi del D.L. Agosto collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati alle sei settimane previste dal comma 1. Altresì, in ragione delle disposizioni di cui al comma 2, i trattamenti di integrazione salariale, ivi inclusi quelli previsti dal Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104, sarebbero idonei a garantire un sostegno al reddito dei lavoratori sino al 27 dicembre 2020.

Ulteriore questione di rilevanza viene sollevata circa l'individuazione dei lavoratori interessati dagli ammortizzatori sociali. In particolare, anche la data del 13 luglio - rispetto alla quale i lavoratori dovevano trovarsi in forza all'impresa -, introdotta su disposizione amministrativa e non già legislativa, risulterebbe troppo risalente, correndo il rischio di lasciar fuori un'ampia platea di lavoratori.

Divieto di licenziamento

I commi 9 e 10, del sopracitato art. 12, riproducono quanto già previsto dall'art. 14, Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla Legge 13 ottobre 2020, n. 126, con riferimento alla possibilità di recesso datoriale nei casi di:

  • licenziamenti motivati da cessione definitiva dell'attività d'impresa, conseguenti alla messa in liquidazione, anche parziale, dell'attività nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d'azienda o un ramo di essa ex art. 2112, Cod. Civ.;
  • ipotesi di accordo aziendale, stipulato dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro;
  • fallimento senza esercizio provvisorio dell'impresa;
  • personale già impiegato nell'appalto e riassunto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.

In particolare, eccezion fatta per le sopra elencate ipotesi, restano preclusi, sino alla data del 31 gennaio 2020, i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ex art. 3, Legge 15 luglio 1966, n. 604, nonché le procedure previste dagli artt. 4, 5 e 24, Legge 23 luglio 1991, n. 223.

Tra le suddette fattispecie non rientranti nella preclusione, rispetto a quanto già previsto dall'art. 14, del Decreto Agosto, manca, però, un'ulteriore ipotesi che consentiva il recesso datoriale per cause oggettive. Invero, stante il dettato normativo del Decreto Ristori, scompare la relazione tra la fruizione degli ammortizzatori sociali e la possibilità di disporre licenziamenti per ragioni economiche, mettendo a dura prova - salvo ripensamenti in sede di conversione - la questione di legittimità costituzionale che impone ai datori di lavoro l'impossibilità di recedere dai rapporti di lavoro subordinato pur in assenza di accesso agli ammortizzatori sociali.

Per completezza della trattazione sulla fattispecie, si rammenta che rimangono, altresì, esclusi dal divieto di licenziamento:

  • i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o giusta causa;
  • i licenziamenti per mancato superamento del periodo di prova;
  • i licenziamenti per superamento del periodo di comporto;
  • i licenziamenti dei dirigenti.
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