Aiuti autorizzati, impiego libero

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Ieri, alla Camera, è stato convertito in legge il Dl 15 febbraio 2007 n. 10, che dispone, secondo gli indirizzi comunitari, il recupero degli “aiuti di Stato” alle ex-municipalizzate. Con l’attuazione anche in Italia degli obblighi comunitari, tra cui appunto quello relativo al recupero degli aiuti illegittimi fruiti dalle società ex municipalizzate, si è voluta chiarire in modo definitivo una vicenda che da anni ha visto coinvolti, in un acceso dibattito, Parlamento e Governo e che molte volte è stata portata davanti al giudizio delle diverse commissioni tributarie. La norma contenuta al comma 4, dell’articolo linea con le direttive Ue, stabilisce che non sono recuperabili gli aiuti rientranti nell’ambito di applicabilità della regola de minimis. Il successivo comma 8, invece, esclude dal cumulo per il computo dell’importo massimo fissato per l’applicazione di questa regola gli aiuti autorizzati dalla Commissione o rientranti in un regolamento di esenzione per categoria, a meno che non sia disposto diversamente da una normativa ad hoc. Cioè, se un regolamento d’esenzione stabilisce l’automatica ammissibilità di un comportamento incentivante, questo non è da considerarsi “aiuto di Stato” e non concorre, dunque, al superamento del limite de minims. Tra gli incentivi espressamente ammessi dal regolamento generale di esenzione n. 2204/02 rientra quello dell’articolo 63 della legge n. 289/02 che, quindi, deve ritenersi esentato dall’obbligo di notificazione. A seguito dell’intervento dell’agenzia delle Entrate (circolare 11/E/2003), che aveva espresso la sua interpretazione circa la natura da attribuire agli incentivi all’articolo 63 della L. 289, erano sorti parecchi dubbi interpretativi: con il voto di ieri il Parlamento censura espressamente il parere assunto in precedenza dall’Agenzia.

Con l’approvazione definitiva del Dl 10/07 è stato poi aggiunto un ulteriore tassello alla materia che regola l’accesso alle professioni. Finalmente, dopo mesi di dibattiti, è stata confermata la modifica all’articolo 3 della legge “professionale” n. 12/79, che introduce l’obbligo di laurea, triennale o quinquennale, in giurisprudenza, economia e scienze politiche, il diploma universitario o il corso accademico triennale in consulenza del lavoro, oppure i “vecchi” percorsi quadriennali in giurisprudenza, scienze economiche e politiche. Per gli abilitati con il diploma di scuola media superiore sarà possibile iscriversi all’Albo entro 3 anni dall’entrata in vigore della legge. I non laureati, che sono iscritti al registro praticanti o che hanno presentato la domanda entro l’entrata in vigore della legge, potranno sostenere l’esame fino al 31 dicembre 2013.

Le modifiche alla legge n. 12/79 hanno riguardato anche l’armonizzazione delle regole per la gestione dei cedolini paga nelle imprese sotto i 250 dipendenti. L’assistenza dei Ced, finora “costituiti e composti esclusivamente” da consulenti del lavoro è ora stata rivista a favore di centri solo “assistiti” da professionisti iscritti all’Albo. Sull’argomento, è stata avanzata la proposta di chiarire “tramite decreti e circolari” le “modalità di assistenza del consulente” verso i Ced. Molto soddisfatta si è dichiarata Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, che ha fatto sapere di aver atteso da tempo questo risultato e che si aspetta di vedere definiti per iscritto i diversi ruoli che da adesso spetteranno ai consulenti e ai Ced. 

Allegati Anche in
  • ItaliaOggi, p. 41 – Consulenti, accesso solo con laurea – Cinti

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