Valutazione delle prestazioni: serve una cultura del riconoscimento
Pubblicato il 27 giugno 2025
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La valutazione annuale è diventata un rito organizzativo che tutti praticano e pochi trovano utile. Manager e dipendenti si preparano all’appuntamento come a un esame, raccogliendo prove e costruendo narrazioni che spesso hanno poco a che fare con il lavoro quotidiano.
Il risultato è una rappresentazione stilizzata della performance, dove ciò che conta davvero si perde tra obiettivi formalizzati e competenze catalogate in griglie predefinite.
Il riconoscimento professionale, tuttavia, dovrebbe nascere nelle interazioni quotidiane. Un feedback immediato su una decisione ben presa, il coinvolgimento in un progetto importante, la richiesta di un parere in una situazione complicata, comunicano valore molto più efficacemente di qualsiasi valutazione strutturata.
Quando un capo chiede il tuo punto di vista su una questione delicata, sta riconoscendo una tua skill; allo stesso modo quando ti affida la gestione di una relazione difficile con un cliente, sta esprimendo fiducia nelle tue capacità.
Questi comportamenti creano un clima in cui le persone si sentono viste e valorizzate per quello che effettivamente fanno per l’organizzazione.
Il timing del riconoscimento, d’altra parte, è determinante. Un apprezzamento espresso a sei mesi di distanza dall’evento che lo ha motivato perde gran parte del suo effetto.
Le persone – in altri termini - hanno bisogno di sapere quando stanno facendo bene le cose, non di scoprirlo alla fine dell’anno durante una conversazione formale. Ciò non equivale a distribuire elogi continuamente, ma piuttosto a sviluppare la sensibilità per cogliere i momenti in cui un riconoscimento può fare la differenza. È proprio questa capacità di osservazione che distingue i leader capaci di trattenere i talenti da quelli che li vedono andarsene senza capire perché.
Costruire competenza nel riconoscimento
La capacità di riconoscere il valore del lavoro altrui non è innata, ma si può sviluppare attraverso la pratica e l’osservazione consapevole.
I manager migliori hanno imparato a notare i risultati insieme ai processi che li hanno resi possibili. Sanno distinguere tra una soluzione trovata per caso e una ottenuta attraverso metodo e competenza. Riconoscono quando qualcuno ha saputo gestire una situazione difficile mantenendo relazioni costruttive, o quando ha scelto di condividere informazioni che avrebbe potuto tenere per sé.
Questa competenza si può affinare attraverso l’esposizione a situazioni diverse e la riflessione sui propri successi e fallimenti nel motivare le persone. Chi ha vissuto l’esperienza di non essere riconosciuto per il proprio contributo sviluppa spesso una sensibilità maggiore verso questo aspetto.
Ma non solo: serve anche una formazione specifica, che aiuti a comprendere come il riconoscimento influenza la motivazione e l'impegno professionale.
Le organizzazioni più attente investono nella formazione manageriale su questi temi, concentrandosi sulla qualità delle relazioni quotidiane piuttosto che limitandosi agli aspetti tecnici della valutazione. Tale investimento produce risultati misurabili nella retention dei talenti e nella qualità del clima organizzativo.
Il punto di vista
Le organizzazioni che sanno trattenere le persone migliori hanno capito che il riconoscimento è una competenza manageriale, più che un processo amministrativo.
Serve formare manager capaci di vedere e valorizzare il contributo quotidiano dei loro collaboratori, piuttosto che perfezionare i sistemi di valutazione.
Il riconoscimento più potente avviene nel flusso normale del lavoro, quando chi guida un team sa cogliere e comunicare il valore di ciò che vede accadere. Questa capacità si può sviluppare, ma richiede intenzionalità e pratica costante.
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