Trasferimenti tra trust e imposta di donazione, chiarimenti Entrate

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L’Agenzia delle Entrate interviene nuovamente in materia di trust, fornendo importanti chiarimenti sul trattamento fiscale ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni negli atti di attribuzione di beni da parte di un trustee a favore di trust successivi, in adempimento delle previsioni contenute nel regolamento del trust originario.

Con la risposta ad interpello n. 170 del 24 giugno 2025, viene affrontata la questione se e in che misura l’attribuzione di beni (immobili, azioni, ecc.) a favore di altri trust possa configurare il presupposto impositivo per l’applicazione dell’imposta di donazione, come se si trattasse di trasferimenti diretti ai beneficiari finali.

Il documento di prassi precisa che anche nel caso in cui i beneficiari siano altri trust, si è comunque in presenza di un trasferimento rilevante fiscalmente, con conseguente applicazione dell’imposta di donazione e, in caso di immobili, delle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

Cos’è un trust e come funziona

Il trust è un istituto giuridico di derivazione anglosassone, introdotto nell’ordinamento italiano a seguito della ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, avvenuta con la Legge n. 364 del 16 ottobre 1989, entrata in vigore il 1° gennaio 1992. La Convenzione ne ha sancito il riconoscimento, consentendone la piena operatività anche nel nostro sistema giuridico.

Nel trust si instaura un rapporto fiduciario in base al quale un soggetto, detto disponente (o settlor), trasferisce beni di qualsiasi natura (immobili, quote societarie, denaro, ecc.) a un altro soggetto, il trustee, affinché li amministri e li gestisca secondo quanto previsto in un atto istitutivo. Lo scopo della gestione è il perseguimento di finalità specifiche, indicate dal disponente, a favore di determinati soggetti detti beneficiari.

Una delle caratteristiche fondamentali del trust è la segregazione patrimoniale: i beni trasferiti al trustee costituiscono un patrimonio separato rispetto a quello personale del disponente, del trustee stesso e dei beneficiari. Questo significa che i beni in trust non possono essere aggrediti dai creditori di nessuna di tali parti e sono destinati esclusivamente al soddisfacimento degli scopi stabiliti nell’atto istitutivo.

Lo scopo del trust può essere di varia natura: protezione patrimoniale, pianificazione successoria, tutela di soggetti deboli, gestione aziendale o familiare. Al termine del periodo di durata del trust, o al raggiungimento delle condizioni previste, i beni vengono attribuiti ai beneficiari finali.

Il caso

Il trust è stato istituito in Italia nel 2014 da tre fratelli, in qualità di disponenti, con finalità di mantenere unita la proprietà del gruppo familiare e garantirne una gestione coesa. I beneficiari, di reddito e finali, sono i rispettivi discendenti in linea retta.

Il patrimonio comprende azioni della società Alfa (765.000), azioni della società Beta (23.640, acquisite nel 2022) e alcuni immobili. La durata del trust è fissata in 20 anni e, al termine, il patrimonio sarà suddiviso in parti uguali tra le tre linee familiari.

Il regolamento prevede che, fino al compimento del 30° anno di età dei beneficiari, il trustee debba istituire tre trust successivi, ciascuno destinato a soddisfare le esigenze delle singole famiglie. Tali trust (Trust 1, 2 e 3) sono stati effettivamente creati nel novembre 2014, con le stesse caratteristiche, durata e criteri di attribuzione del trust originario.

Il trustee, nel rispetto delle previsioni contenute nel regolamento del trust originario, intende attribuire a ciascuno dei tre trust successivi una quota pari a un terzo del patrimonio, costituito da azioni societarie e immobili. Lo scopo di tale operazione è dotare i nuovi trust delle risorse necessarie per perseguire le rispettive finalità familiari.

Quesito e posizione del contribuente

Con l’interpello, il contribuente chiede se tale trasferimento sia da considerare un atto imponibile ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, con conseguente applicazione anche delle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale, oppure se debba essere trattato come un semplice apporto di beni in trust, soggetto soltanto a imposta fissa, così come previsto per gli atti di dotazione iniziale.

A sostegno di questa seconda interpretazione, l’istante sottolinea che:

  • la segregazione patrimoniale permane, senza interruzione tra il trust originario e quelli successivi;
  • i beneficiari finali non cambiano, essendo sempre i discendenti dei disponenti;
  • l’operazione non rappresenta un’assegnazione finale ai beneficiari, ma solo un passaggio funzionale alla struttura pianificata;
  • i trust successivi condividono con il trust originario stessa durata, medesimi obiettivi e regole di attribuzione.

Richiamando la circolare n. 34/E del 2022 e il nuovo art. 4-bis del D.lgs. 346/1990, introdotto con la riforma operativa dal 1° gennaio 2025 (D.lgs. 139/2024), il contribuente propone che gli atti di attribuzione verso i trust successivi siano trattati come semplici apporti patrimoniali interni, privi di rilevanza impositiva in termini successori o donativi.

La richiesta rivolta all’Agenzia delle Entrate è dunque quella di confermare il regime di imposta fissa ed escludere l’applicazione dell’imposta di donazione, trattandosi – secondo l’istante – di un trasferimento coerente e interno al disegno fiduciario complessivo.

Agenzia delle Entrate: i trust successivi sono beneficiari

Di segno opposto rispetto a quanto sostenuto dal contribuente è la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 170/2025. L’Amministrazione finanziaria ritiene che il trasferimento di beni dal trust originario ai trust successivi costituisca a tutti gli effetti un’attribuzione patrimoniale a beneficiari, ancorché indiretti, e che quindi si realizzi il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Secondo l’Agenzia, la circostanza che i trust successivi siano stati istituiti in adempimento delle disposizioni regolamentari del trust originario non è sufficiente ad escludere la rilevanza fiscale dell’atto. Al contrario, la concreta attribuzione di una parte del patrimonio a soggetti distinti (i nuovi trust, pur se analoghi per finalità) comporta il superamento del vincolo fiduciario originario, e va quindi trattata come una distribuzione di ricchezza rilevante ai fini tributari.

In questo contesto, l’Agenzia osserva che, con l’istituzione dei tre trust successivi e la contestuale attribuzione a ciascuno di una quota del patrimonio (azioni e immobili), il trust originario ha raggiunto il proprio scopo: garantire l’unità iniziale della compagine societaria e avviare la successiva ripartizione in base alle esigenze familiari. I trust successivi, sebbene dotati di continuità formale rispetto al primo, operano in modo autonomo e per finalità diverse, divenendo così, a tutti gli effetti, beneficiari delle attribuzioni ricevute.

Conseguentemente, l’Agenzia stabilisce che tali trasferimenti:

  • scontano l’imposta di donazione ai sensi dell’art. 4-bis del D.lgs. 346/1990;
  • sono soggetti, in caso di immobili, anche alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

L’imposta di donazione è applicata con aliquota dell’8%, in quanto tra i disponenti e i trust beneficiari non sussiste alcun rapporto di parentela giuridicamente rilevante.

La risposta dell’Agenzia conferma dunque un principio di fondo: anche quando il patrimonio rimane formalmente all’interno di una pianificazione fiduciaria articolata, ogni trasferimento dotato di effetto economico e destinazione autonoma assume rilevanza fiscale, indipendentemente dalla continuità del vincolo fiduciario.

Implicazioni pratiche

La risposta n. 170/2025 dell’Agenzia delle Entrate offre un chiarimento di grande rilevanza operativa per chi gestisce o struttura trust complessi, specialmente in ambito successorio o familiare. Le implicazioni pratiche sono significative sia per i trustee, chiamati a gestire e attuare le disposizioni dei regolamenti, sia per i beneficiari, anche se indiretti o mediati da ulteriori strumenti fiduciari.

Per i trustee, la risposta impone un’attenta valutazione della natura giuridica dei trasferimenti effettuati tra trust: non è sufficiente invocare la continuità della struttura fiduciaria per escludere la rilevanza fiscale dell’atto. Ogni operazione deve essere esaminata sotto il profilo del possibile realizzo di un’attribuzione patrimoniale a soggetti autonomi, anche se formalmente vincolati. Inoltre, è necessario che il trustee provveda alla corretta determinazione della base imponibile e alla valutazione di eventuali esenzioni o agevolazioni alla data del trasferimento, momento in cui l’obbligazione tributaria si perfeziona.

Per i beneficiari, anche se non diretti, emerge chiaramente che non è la titolarità formale del bene a determinare l’imposizione, bensì la sostanziale attribuzione patrimoniale, ovvero il momento in cui il patrimonio è destinato a un soggetto (persona fisica o altro trust) con finalità autonome. Il mantenimento della segregazione patrimoniale, pur importante sotto il profilo civilistico, non esclude la rilevanza tributaria se vi è un cambiamento di destinatario e scopo del patrimonio.

In definitiva, la posizione dell’Agenzia delle Entrate rafforza l’esigenza di una pianificazione attenta e consapevole nella strutturazione di trust multipli o successivi, considerando fin dall’inizio le ricadute fiscali che potrebbero derivare da ogni fase della gestione e della distribuzione del patrimonio.

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