Tasse e famiglie divise dalla Corte

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La sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 1976 dichiarò illegittima - per violazione dei principi di parità dei cittadini, parità giuridica e morale dei coniugi, capacità contributiva - la legge (1971) che aveva accolto il criterio della tassazione del cumulo dei redditi del marito e della moglie ai fini dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. In quella decisione, ritenne che non v’è una capacità contributiva della famiglia, bensì singoli membri di essa, sicché un problema di disparità di trattamento tra soggetti che tributariamente non esistono, come le famiglie, è un problema che, nella logica giuridica di quella sentenza, non esiste.

Se nel ’76 avesse difeso la legittimità del cumulo, il Parlamento avrebbe dovuto risolvere la questione della tassazione della famiglia secondo giustizia, mentre, a seguito di quella decisione, si manifestò la contraddittorietà della Corte, che da un lato, prigioniera della sentenza, confermò la propria giurisprudenza, dall’altro, nelle stesse pronunce, rivolse moniti al legislatore perché intervenisse a risolvere il problema della tassazione della famiglia.

Bocciando il cumulo, ha quindi creato una barriera che ostacola, a trent’anni dalla sentenza, il quoziente familiare, dichiarato, peraltro, dal viceministro Visco “una soluzione del tutto sbagliata perché il quoziente serve alle famiglie ricche e con uno dei coniugi che lavora”. Dichiarazioni che, afferma l’autore De Mita, suscitano perplessità perchè riflettono una mentalità individualistica, indifferente alle esigenze sacrosante della famiglia, in particolare se monoreddito.

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