Subentro nell'appalto: senza discontinuità è trasferimento d'azienda
Pubblicato il 29 ottobre 2024
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L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa ed operativa non costituisce trasferimento di azienda, se il complesso di elementi organizzativi e produttivi introdotti dal subentrante interrompe il nesso funzionale di interdipendenza con la precedente organizzazione produttiva.
Viceversa, se nel cambio di appalto sono assenti elementi di discontinuità organizzativa e l'unica cosa che cambia sono le divise si ha un trasferimento d'azienda, con conseguente applicazione delle tutele prevista tutele dall'articolo 2112 Codice civile, che garantiscono la continuità dei diritti dei lavoratori.
Subentro nell'appalto: è trasferimento d'azienda se cambia solo la divisa
Con sentenza n. 27607 del 24 ottobre 2024, la Corte di cassazione, Sezione lavoro, si è pronunciata su un caso di subentro di una società in un appalto di servizi di vigilanza.
Il caso esaminato
Nel caso in esame, la Corte d'appello aveva accertato che il subentro integrasse un trasferimento di ramo di azienda, ai sensi del novellato art. 29, comma 3, del Decreto legislativo n. 276 del 2003, condannando la società al pagamento di alcune differenze retributive ad una lavoratrice, passata alle dipendenze della società vincitrice dell’appalto.
La Corte d'appello, infatti, riconoscendo la sussistenza di un trasferimento d'azienda, aveva esteso alla dipendente le tutele dell'articolo 2112 del Codice Civile.
Secondo la Corte territoriale, per escludere le garanzie previste dall'art. 2112 cc, l'impresa subentrante avrebbe dovuto dimostrare elementi di discontinuità organizzativa rispetto alla precedente gestione. Tuttavia, in questo caso, tali elementi non erano stati riscontrati: la strumentazione e i locali erano forniti dalla stazione appaltante, e i soli cambiamenti introdotti dalla nuova azienda riguardavano divise e cartellini di riconoscimento, insufficienti per configurare una reale discontinuità.
Le tutele previste dall'art. 2112 c.c.
L'articolo 2112 c.c. - si rammenta - disciplina il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda, prevedendo:
- Continuità del rapporto di lavoro: Il lavoratore continua il rapporto con il nuovo datore di lavoro (cessionario) mantenendo intatti tutti i diritti acquisiti.
- Responsabilità solidale: Cedente e cessionario sono solidamente responsabili per i crediti maturati dal lavoratore prima del trasferimento, a meno che il lavoratore non liberi il cedente tramite specifiche procedure.
- Applicazione dei contratti collettivi: Il cessionario deve applicare i trattamenti economici e normativi dei contratti collettivi in vigore al momento del trasferimento, fino a nuova scadenza o sostituzione con contratti di pari livello.
- Tutela contro il licenziamento: Il trasferimento d'azienda non costituisce motivo di licenziamento. Se nei tre mesi successivi le condizioni lavorative cambiano in modo sostanziale, il lavoratore può dimettersi con le tutele previste per il recesso giustificato.
- Definizione di trasferimento d'azienda: Si considera trasferimento qualsiasi operazione che comporti un cambio di titolarità su un'attività economica organizzata, anche se parziale, purché questa conservi la propria identità.
- Solidarietà in caso di appalto: Se il cedente cede un ramo d'azienda e stipula un appalto per gestire l'attività, tra appaltante e appaltatore si applica il regime di solidarietà di cui all'articolo 29, comma 2, del Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
La norma, in altri termini, garantisce la tutela dei diritti dei lavoratori preservandone la continuità e le condizioni contrattuali anche in caso di mutamenti aziendali significativi.
Il ricorso della società
La società si era rivolta alla Cassazione per impugnare la decisione della Corte d'appello, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 29, comma 3, del D. Lgs. n. 276/2003 e 2112 cod.civ. e sostenendo l'esistenza di una discontinuità organizzativa, che portava ad escludere il trasferimento d'azienda e l'applicabilità delle tutele previste.
La Corte di cassazione ha giudicato tali motivi non meritevoli di accoglimento.
La decisione della Cassazione
Nella sua disamina, la Corte ha precisato che, per non applicare l'art. 2112 cc, l'impresa subentrante deve avere una propria struttura organizzativa e produttiva autonoma, assumendosi il rischio d'impresa. Questo distingue un appalto genuino da un'interposizione di manodopera.
Discontinuità d'impresa e identità di impresa
L’elemento della discontinuità d’impresa, inoltre, è opposto a quello della identità di impresa, che si realizza, secondo la giurisprudenza, ove “permangono gli stessi mezzi, beni e rapporti giuridici finalizzati all’esercizio stabile e continuativo dell’attività economica in forma di impresa”.
Elementi, questi, da accertarsi in base al complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano la specifica operazione, tra cui il tipo d'impresa, la cessione o meno di elementi materiali, la riassunzione o meno del personale, il trasferimento della clientela, il grado di analogia tra le attività esercitate.
Sempre secondo la giurisprudenza poi: “la discontinuità va accertata o esclusa con riguardo alla conservazione dell'identità dell'entità trasferita, da intendersi quale organizzazione funzionale, ovvero quale struttura coordinata autonomamente capace di conseguire un determinato obiettivo, che prosegue nel cambio di appalto, anche nel caso in cui l'assunzione dei lavoratori sia imposta dal contratto di appalto o dalla clausola sociale di contratto collettivo”.
Inoltre, la giurisprudenza comunitaria richiede, per valutare la conservazione dell'autonomia funzionale di un ramo d'impresa, di considerare vari fattori: il tipo di impresa, il trasferimento di beni materiali (come edifici e attrezzature), il valore degli elementi immateriali, la riassunzione del personale, il passaggio della clientela, la continuità delle attività e la durata di eventuali sospensioni.
La Corte di Giustizia, in particolare, ha chiarito che la direttiva 2001/23/CE mira a garantire la continuità dei rapporti di lavoro all'interno di un'entità economica, anche in caso di cambio di proprietà, purché l'entità mantenga la propria identità e continui la sua attività.
Nuove divise insufficienti per affermare la discontinuità
Nel caso esaminato, tuttavia, i cambiamenti apportati, come nuove divise e cartellini identificativi, erano insufficienti per rappresentare una reale discontinuità organizzativa e produttiva.
Affinché, infatti, si possa escludere la configurazione di un trasferimento di azienda, è necessario che il subentrante introduca modifiche sostanziali e strutturali tali da interrompere il nesso funzionale con la precedente organizzazione.
In base a tali considerazioni, in conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna della società al pagamento delle spese legali e al rispetto degli obblighi retributivi nei confronti della lavoratrice.
Il principio di diritto
Di seguito il principio di diritto enunciato dalla Suprema corte:
Tabella di sintesi della decisione
Sintesi del caso | Una società subentra in un appalto di servizi di vigilanza; si discute se questo passaggio configuri un trasferimento di ramo d'azienda con le tutele per i lavoratori previste dall’art. 2112 c.c. |
Questione dibattuta | Se il subentro di un nuovo appaltatore senza significativi elementi di discontinuità possa considerarsi un trasferimento d'azienda, obbligando all’applicazione delle tutele per i lavoratori. |
Soluzione della Cassazione | La Cassazione ha stabilito che, in assenza di modifiche organizzative sostanziali, il subentro configura un trasferimento d'azienda, con applicazione delle tutele dell’art. 2112 c.c. per i lavoratori coinvolti. |
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