Senza dichiarazione, ampi poteri alla Cassa
Pubblicato il 03 marzo 2016
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L’avvocato non può pretendere che la verifica del requisito di continuità professionale da parte della Cassa forense sia limitato agli ultimi cinque anni antecedenti la domanda di pensione, se non ha adempiuto i propri obblighi di comunicazione dei redditi alla Cassa medesima.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, respingendo il ricorso di un avvocato volto ad ottenere la pensione di anzianità dalla Cassa professionale.
Pensione di anzianità, 35 anni di effettiva iscrizione
La Cassazione in proposito ha ribadito che la pensione di anzianità è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa nazionale di previdenza. E la predetta iscrizione può ritenersi effettiva solo se accompagnata dall’esercizio dell’attività professionale.
Conseguentemente, l’effettività dell’iscrizione condiziona l’efficacia della stessa contribuzione, di modo che, in assenza di detta effettività, il versamento dei contributi non è utile ai fini del compimento del trentacinquennio di contribuzione ed attribuisce a colui che l’ha eseguita solo il diritto ad ottenere la restituzione delle somme versate.
Verifica continuità professionale, poteri della Cassa
Quanto ai limiti temporali del potere della Cassa di verificare l’effettività dell’esercizio da parte degli iscritti, la Suprema Corte – con sentenza n. 4092 del 2 marzo 2016 - ha ribadito il principio secondo cui la sussistenza del requisito della continuità della professione non può essere contestata alla Cassa forense per i periodi anteriori il quinquennio precedente la domanda di pensione, quando non sia stata esercitata la facoltà di cui all'art. 3 Legge 319/1975 e l’interessato non abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dagli artt. 17 e 23 della Legge 576 del 1980.
Obblighi di dichiarazione dei redditi
Tali obblighi consistono, ricorda la Corte, nel presentare alla Cassa la dichiarazione dei redditi ai fini Irpef per l’anno precedente nonché del volume complessivo d’affari ai fini Iva per il medesimo anno; comunicazione che deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative.
Ma nel caso di specie i giudici di merito – con accertamento insindacabile in sede di legittimità – avevano escluso che il ricorrente, sul quale gravava il relativo onere probatorio, avesse adempito l’obbligo di comunicazione periodica nei termini sopra detti, sicché la Corte ha ritenuto che non potesse operare il limite del quinquennio previsto per la facoltà di revisione.
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