Revoca dall'uso aziendale di non assorbire il superminimo: quando è legittima
Pubblicato il 23 giugno 2025
In questo articolo:
- Revocabilità dell’uso aziendale di non assorbire il superminimo individuale
- I fatti di causa
- La decisione della Cassazione
- Assorbimento del superminimo
- Diversa pattuizione e uso aziendale
- Disdetta unilaterale dell’uso aziendale
- Vizi logico-giuridici della sentenza d’appello
- Tabella di sintesi della decisione n. 12473/2025
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Chiariti, dalla Corte di cassazione, i presupposti perché possa dirsi legittima la revoca dell’uso aziendale di non assorbire gli aumenti retributivi nei superminimi individuali: il datore di lavoro può esercitare il recesso solo in presenza di un mutamento sostanziale delle circostanze, formalizzando per iscritto la propria decisione e motivandola con adeguata trasparenza verso i lavoratori.
Il principio è stato ribadito, da ultimo, con l'ordinanza della Suprema corte n. 16166 del 16 giugno 2025.
Revocabilità dell’uso aziendale di non assorbire il superminimo individuale
Già con l’ordinanza n. 12473 dell'11 maggio 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – era tornata a pronunciarsi sulla questione dell'assorbimento del cosiddetto superminimo, ossia l'eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuita tra datore di lavoro e lavoratore.
Nella decisione, gli Ermellini hanno confermato e sviluppato il principio secondo cui il superminimo individuale, sebbene in via generale assorbibile ai sensi della disciplina collettiva, può divenire non assorbibile per effetto di un uso aziendale consolidato.
L’uso aziendale di non assorbire i superminimi – ha poi chiarito la Corte – può essere revocato anche unilateralmente dal datore di lavoro, ma esclusivamente in presenza di un mutamento sostanziale delle circostanze e mediante disdetta formale, adeguatamente motivata.
I fatti di causa
Il contenzioso all'esame della Suprema corte ha avuto origine da una decisione unilaterale del datore di lavoro – operante nel settore delle telecomunicazioni – di assorbire nei superminimi individuali gli aumenti tabellari previsti dall’Accordo di Programma del 2017 per il rinnovo del contratto collettivo nazionale.
I lavoratori interessati hanno impugnato tale decisione, invocando l’esistenza di un uso aziendale consolidato che, nei rinnovi precedenti, aveva comportato il mancato assorbimento degli aumenti retributivi nel superminimo.
Dopo un esito favorevole in primo grado e un rigetto delle domande in appello, la questione è giunta in Cassazione.
In questa sede, gli Ermellini hanno ritenuto meritevoli di accoglimento le ragioni dei dipendenti, nei limiti espressamente chiariti, disponendo il rinvio della causa per un nuovo esame di merito.
La decisione della Cassazione
Assorbimento del superminimo
Nella propria disamina, la Suprema corte ha riaffermato un principio consolidato, secondo cui il superminimo:
Diversa pattuizione e uso aziendale
È pacificamente riconosciuto - ha poi ricordato la Corte - che la naturale assorbibilità del superminimo può venire meno non solo per effetto di una diversa pattuizione, sia individuale che collettiva, ma anche in conseguenza di un uso aziendale.
L'uso aziendale, in particolare, si realizza attraverso la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole da parte del datore di lavoro, che comporti un trattamento economico o normativo più vantaggioso rispetto a quanto previsto dai contratti individuali o collettivi.
Il ricorso dei lavoratori, nella specie, fondava l’opposizione sulla prassi aziendale consolidata di non assorbire gli aumenti contrattuali, prassi idonea a far sorgere un uso aziendale vincolante.
L’uso aziendale, in tale contesto, agisce come una fonte eteronoma: produce effetti collettivi, senza necessità di un accordo formale tra datore e lavoratori, né della dimostrazione di una volontà soggettiva (Cass. n. 8342/2010, Cass. n. 5882/2010).
Sul punto, gli Ermellini hanno evidenziato che:
Di conseguenza, salvaguardati i diritti quesiti, l’uso aziendale può essere modificato da un successivo accordo anche in senso peggiorativo per i lavoratori (Cass. n. 3296/2016).
Disdetta unilaterale dell’uso aziendale
Il nucleo centrale della motivazione della Cassazione, a seguire, si concentra su una precisa questione: è legittimo il ripristino unilaterale da parte del datore del principio di assorbimento del superminimo?
Ebbene, per Corte di Cassazione, in linea generale, il vincolo giuridico derivante da un uso aziendale consolidato non ha carattere permanente e può essere oggetto di revoca.
Tale vincolo, infatti, non può considerarsi “cristallizzato sine die”, ossia perpetuato indefinitamente nel tempo, in quanto risulterebbe incompatibile con l’evoluzione delle condizioni economiche e contrattuali dell’impresa.
Tuttavia, la possibilità di recedere da tale uso non è lasciata alla libera discrezionalità del datore di lavoro, ma è subordinata al rispetto di specifici requisiti sostanziali e formali.
In particolare, la disdetta dell’uso aziendale è legittima solo se è giustificata da un mutamento sostanziale delle circostanze rispetto al contesto originario in cui l’uso si è formato – ad esempio, l’introduzione di una nuova disciplina collettiva o una significativa revisione dell’assetto retributivo aziendale.
Inoltre, per essere efficace, il recesso deve essere espressamente dichiarato, redatto in forma scritta, motivato con riferimento alle circostanze sopravvenute e comunicato in modo chiaro ed inequivocabile alla generalità dei lavoratori.
Questo aspetto è particolarmente rilevante, poiché la Cassazione ha escluso che un semplice comportamento unilaterale – come l’applicazione dell’assorbimento nella prassi retributiva mensile – possa essere considerato di per sé sufficiente a determinare la cessazione degli effetti dell’uso aziendale favorevole.
Vizi logico-giuridici della sentenza d’appello
La Cassazione ha censurato, in definitiva, l’approccio della Corte d’Appello, la quale aveva considerato sufficiente la ripresa dell’assorbimento da parte del datore per dichiarare cessato l’uso aziendale. Tale interpretazione – ha osservato la Corte – non tutela adeguatamente i diritti collettivi derivanti da una prassi favorevole consolidata.
Ne è conseguito l’accoglimento del ricorso dei lavoratori, con rinvio alla Corte territoriale per il riesame alla luce dei principi espressi, ossia:
- necessità di una disdetta formale dell’uso aziendale, fondata su elementi sopravvenuti;
- illegittimità della ripresa unilaterale dell’assorbimento in assenza di tale disdetta.
Con le ordinanze nn. 16166/2025 e 12473/2025, in conclusione, la Cassazione ha confermato la validità dell’uso aziendale quale fonte regolativa dei rapporti di lavoro, riconoscendone la revocabilità solo se concretamente giustificata e formalmente esercitata. Viene rifiutata, in tale contesto, l’idea che il comportamento concludente del datore, da solo, possa determinare la cessazione degli effetti dell’uso aziendale.
Tabella di sintesi della decisione n. 12473/2025
Sintesi del caso | Un gruppo di lavoratori ha impugnato la decisione del datore di lavoro – operante nel settore delle telecomunicazioni – di assorbire nei superminimi individuali gli aumenti retributivi derivanti dal rinnovo del CCNL del 2017. |
Questione dibattuta | Se sia legittimo per il datore di lavoro revocare unilateralmente l’uso aziendale consolidato di non assorbire gli aumenti contrattuali nel superminimo individuale, senza una disdetta formale e motivata. |
Soluzione della Cassazione | La Corte ha affermato che il vincolo derivante da un uso aziendale può essere revocato solo in presenza di un mutamento sostanziale delle circostanze e tramite disdetta formale, scritta, motivata e comunicata alla collettività dei lavoratori. La mera ripresa dell’assorbimento non è sufficiente. |
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