Revisori: legittima la prescrizione per azioni di responsabilità
Pubblicato il 02 luglio 2024
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Non sono state ritenute fondate, dalla sentenza n. 115/2024 della Corte costituzionale, le questioni di legittimità sollevate circa l’azione di responsabilità nei confronti dei revisori nel termine di 5 anni sul presupposto che sia la società che ha conferito l’incarico ad azionarsi.
Il punto nodale è il discrimine che va tenuto tra l’azione risarcitoria che può far valere la società che ha conferito l’incarico di revisione, e le pretese che possono avanzare, come danneggiati, i soci o i terzi.
Revisori, azioni di responsabilità
Il fatto che ha dato seguito alla pronuncia n. 115 della Consulta, depositata il 1° luglio 2024, è rappresentato dalle questioni di legittimità sollevate dal tribunale di Milano in merito all’articolo 15, comma 3, del Dlgs. n. 39/2010, rispetto agli articoli 3, comma 1, e 24, comma 1, Costituzione, nella parte in cui fa decorrere il termine di prescrizione delle azioni di responsabilità, nei confronti dei revisori legali dei conti e delle società di revisione, dalla data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento.
Nei fatti, un curatore di una società fallita ha avanzato una richiesta di risarcimento danni contro l’ex revisore contabile. L'accusa principale è la mancanza di controllo adeguato sui libri contabili e sui bilanci aziendali, a cui si aggiungono le violazioni dei doveri di prudenza e competenza richiesti dalla legge e dal ruolo dell'ex revisore.
L'ex revisore ha contestato la richiesta, sostenendo che i termini per chiedere il risarcimento erano scaduti. Infatti, l’ultima relazione di revisione risale al 14 giugno 2013 mentre la citazione è stata ricevuta il 17 ottobre 2018, superando il limite di cinque anni previsto dalla legge.
Pur ammettendo la giustezza della tempistica, il rimettente ritiene che l’articolo 15, comma 3, del Dlgs. n. 39 del 2010, sia costituzionalmente illegittimo per violare due articoli fondamentali della Costituzione italiana:
- l’articolo 3, in quanto stabilisce una disparità ingiusta nel trattamento dei termini prescrittivi rispetto a quelli previsti per amministratori e sindaci. È inoltre ritenuta irragionevole perché fa partire il termine di prescrizione anche quando il danneggiato non ha ancora acquisito il diritto al risarcimento o non è consapevole di aver subito un danno;
- l’articolo 24, poiché la regolamentazione della decorrenza della prescrizione può impedire di fatto al danneggiato di esercitare il suo diritto di agire in giudizio per ottenere un risarcimento.
Esaminando l’articolo 15 del Dlgs. n. 39 del 2010, si evince che i revisori rispondono non soltanto dei danni cagionati dal loro inadempimento alla società che ha conferito l’incarico, ma anche dei danni che la loro attività può aver prodotto direttamente in capo a soci o a terzi.
Non sono, però, responsabili dei danni che indirettamente possono derivare a soci o terzi dal pregiudizio della società; infatti la loro responsabilità non può essere più estesa di quella degli amministratori (essi rispondono solo “del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori”).
Consulta: applicabilità alla società che ha dato l'incarico
Nella sentenza n. 115, depositata il 1° luglio 2024, la Corte costituzionale osserva che le questioni sollevate in riferimento sia all’articolo 3, Costituzione., sotto il profilo della irragionevolezza intrinseca, sia all’articolo 24, Costituzione, per violazione del diritto di difesa, non sono fondate.
Infatti, nel primo caso, gli illeciti arrivano da relazioni di revisione inesatte o sbagliate fornite dal professionista che immediatamente danneggiano la società al momento del deposito della relazione.
Nel caso di azioni risarcitorie da parte di soci o terzi, pur ammettendo che una relazione di revisione errata può indurre in errore soci o terzi influenzando le loro decisioni, senza avere prima subito danni diretti, non sono motivati ad avanzare richieste di risarcimento.
E allora la riduzione del termine di prescrizione che opera l’articolo 15 del Dlgs. n. 39/2010 da quello ordinario decennale a quello di cinque anni, non comporta un contrasto con le richiamate norme costituzionali.
E’ fondamentale tenere conto del tipo di responsabilità che grava sul revisore e, per un altro verso, delle esigenze di tutela del danneggiato.
La Corte ha sottolineato che il legislatore ha la facoltà di stabilire le regole sulla prescrizione con una certa flessibilità. In particolare, nelle azioni risarcitorie, deve bilanciare l'interesse del danneggiato a ottenere il risarcimento e la necessità di garantire la certezza del diritto, assicurando al contempo che il responsabile del danno non debba affrontare reclami dopo molto tempo.
Pertanto, la norma in esame non è irragionevolmente sbilanciata quando una società che ha affidato un incarico a un revisore fa valere un'azione risarcitoria. In questo scenario, il revisore ha una responsabilità condivisa con gli amministratori e, non appena deposita una relazione imprecisa o scorretta, si verifica un danno immediato per la società committente, che quindi ha il diritto di avanzare una richiesta di risarcimento.
Diversamente, invece, si atteggia l’azione risarcitoria che possono far valere i soci e i terzi. Nei loro confronti, il deposito della relazione da parte del revisore non comporta ancora un danno, fintantoché l’affidamento ingenerato dalla relazione erronea o scorretta non abbia determinato un concreto sviamento della loro autonomia negoziale.
In conclusione, l'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo n. 39/2010, per renderlo conforme al principio di ragionevolezza e alla tutela del danneggiato, va applicato alle azioni risarcitorie avanzate dalla società che ha dato l'incarico di revisione e ha subito danni a causa di una revisione errata o inesatta.
Si sottolinea che in questi casi di responsabilità contrattuale del revisore o della società di revisione verso la società mandante, è appropriato ridurre il periodo di prescrizione da dieci a cinque anni.
La sentenza in sintesi:
Aspetto Valutato |
Decisione della Corte |
Legittimità Costituzionale |
Non sono state trovate fondate le questioni di legittimità sollevate riguardo alla normativa. |
Violazione dell'Articolo 3 Cost. |
La corte ha rigettato l'argomentazione che la norma creasse una disparità ingiusta e fosse irragionevole, dato che la prescrizione inizia anche quando il danneggiato non è consapevole del danno. |
Violazione dell'Articolo 24 Cost. |
La norma non è stata trovata in violazione dell'articolo 24, nonostante le preoccupazioni che potesse limitare il diritto di difesa, dato che non ostacola l'accesso alla giustizia. |
Distinzione tra Azioni Risarcitorie |
La Corte ha confermato l'importanza di distinguere tra le azioni risarcitorie che può esercitare la società committente e quelle che possono intraprendere soci o terzi danneggiati. |
Riduzione del Termine di Prescrizione |
La riduzione del termine di prescrizione da dieci a cinque anni è stata ritenuta appropriata per le azioni risarcitorie avanzate dalla società che ha dato l'incarico di revisione. |
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