Regime impatriati, ammesso per permanenza all’estero di almeno due anni
Pubblicato il 20 gennaio 2022
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È possibile beneficiare del regime speciale “impatriati” da parte di un cittadino italiano trasferitosi in Italia nel 2021, dopo aver intrattenuto dal 2014 collaborazioni professionali, prestando attività di consulenza da remoto dall'estero, con alcune società italiane, tra le quali quella di cui è divenuta dipendente da gennaio 2021?
Al quesito posto, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 32/E del 19 gennaio 2022, ha dato parere favorevole.
Regime impatriati, da consulente a dipendente
L’istante è contribuente laureata, che si è trasferita all’estero inizialmente per frequentare un corso professionale, che si è svolto nel periodo 2007-2008. Durante la sua permanenza fuori dai confini ha assunto, tra l’altro, numerosi incarichi con contratti di collaborazione con aziende estere del settore della cosmesi.
Dal 2014, prosegue l’istante, ha avviato una collaborazione di natura libero/professionale con alcune società italiane di un gruppo che opera nel settore dell'editoria digitale, della comunicazione online e della cosmetica, prestando molteplici attività di consulenza da remoto dall'estero.
Dal 2021 è stata assunta con rapporto di lavoro dipendente da una di queste società assumendo l'incarico di NationalMake Up Key Professional & Chief Creative Officer. A seguito dell’assunzione, da gennaio 2021, è tornata in Italia con tutta la famiglia acquisendo la residenza fiscale nel nostro Paese dallo stesso periodo d’imposta.
Poiché il ruolo rivestito in base al nuovo rapporto di lavoro con la società italiana è diverso da quello di consulenza, svolto precedentemente con la stessa ditta, con esigenza, tra l’altro, della presenza in Italia, chiede se può usufruire delle agevolazioni fiscali a favore dei lavoratori “impatriati” previste dall’art. 16 del decreto legislativo “Internazionalizzazione” come modificato dal decreto “Crescita”.
Regime impatriati, la disciplina
Il regime speciale impatriati è stato introdotto dall’art. 16, co. 1, del D.Lgs. n. 147/2015 e modificato dall'art. 5 del D.L. n. 34/2019. La rivisitazione della disciplina ha ampliato, tra l’altro, il perimetro applicativo dell’agevolazione. Possono, comunque, beneficiare delle suddette modifiche i soggetti che hanno trasferito in Italia la residenza a partire dal 30 aprile 2019, ipotesi in cui rientrerebbe anche la contribuente.
In tal caso, per usufruire dello sconto fiscale previsto dal decreto “Internazionalizzazione” occorre innanzitutto che il lavoratore che traslochi nel nostro Paese:
- non sia stato residente in Italia nei due periodi d'imposta antecedenti al trasferimento;
- si impegni a rimanerci per almeno 2 anni;
- svolga l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio.
La disposizione, immutata rispetto alla sua formulazione originaria, stabilisce, inoltre, che possono usufruire del regime speciale i cittadini dell'Unione europea o di uno Stato extra Ue con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni fiscali:
- in possesso di un titolo di laurea e che abbiano svolto “continuativamente" un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più
ovvero
- abbiano svolto “continuativamente” un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione postlauream.
Regime impatriati, parere favorevole dell’Agenzia delle Entrate
In definitiva, l’Agenzia delle Entrate è del parere che l’istante possa beneficiare del regime previsto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 dal periodo d’imposta 2021, anno in cui ha trasferito la residenza in Italia e per i successivi quattro periodi d’imposta anche se, dal 2014, ha intrattenuto un rapporto di collaborazione professionale con alcune società italiane tra cui la ditta che poi l’ha assunta.
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