Pronta disponibilità: il lavoro svolto è straordinario e va retribuito
Pubblicato il 17 giugno 2025
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Il servizio di pronta disponibilità deve essere considerato lavoro straordinario quando comporta una prestazione effettiva, indipendentemente dalle assenze per ferie o malattia.
Le ore di pronta disponibilità che eccedono l’orario normale, se effettivamente svolte, vanno retribuite come lavoro straordinario.
La Cassazione sulla remunerazione delle ore di pronta disponibilità
E' quanto confermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 15558 dell'11 giugno 2025, pronunciata riguardo all'interpretazione dell’art. 60 del CCNL ARIS AOIS – Fondazione Don Gnocchi per il personale non medico delle strutture sanitarie private 2002-2005, relativo alla remunerazione delle ore di pronta disponibilità.
La questione esaminata dalla Corte
La Cassazione, in particolare, è stata chiamata a chiarire se la remunerazione come lavoro straordinario delle ore di lavoro effettuate in pronta disponibilità, prevista dal contratto collettivo, fosse dovuta:
- in ogni caso in cui la prestazione così resa superasse l’orario normale di lavoro inteso come debito orario;
oppure
- soltanto qualora l’orario normale fosse superato in ragione di prestazioni effettivamente eseguite, dovendosi escludere dal computo orario le assenze per ferie, malattia e permessi.
L'oggetto della controversia
La controversia esaminata vedeva coinvolti una struttura sanitaria e alcuni suoi dipendenti, infermieri, riguardo al riconoscimento e alla retribuzione delle ore di pronta disponibilità.
La Corte d'Appello aveva respinto l’appello della società, stabilendo che le ore di pronta disponibilità, se non seguite da effettiva prestazione lavorativa, dovessero essere retribuite solo con un’indennità per il disagio (reperibilità passiva). In caso di chiamata e prestazione, queste dovevano essere remunerate come straordinario.
La società, invece, aveva applicato un criterio che escludeva dalla retribuzione straordinaria le ore di pronta disponibilità se il dipendente non aveva completato l'orario ordinario di lavoro.
In altri termini, la datrice di lavoro calcolava la retribuzione straordinaria solo quando il dipendente aveva prestato l'intero orario ordinario settimanale, mentre nel caso in cui il lavoratore fosse stato assente per motivi legittimi (ferie, malattia o permessi), le ore di pronta disponibilità venivano compensata con la retribuzione ordinaria.
La Corte ha ritenuto tale interpretazione non corretta.
La disposizione contrattuale al vaglio della Cassazione
La Cassazione, nella sua disamina, ha esaminato il contenuto dell’art. 60 del CCNL in parola, che disciplina il servizio di pronta disponibilità.
La norma stabilisce che il servizio è caratterizzato dalla reperibilità del dipendente e dall’obbligo di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile in caso di chiamata.
Il servizio è generalmente limitato a periodi al di fuori dell’orario normale di lavoro, con una durata di 12 ore e un compenso per ogni turno di disponibilità.
In caso di chiamata, l’attività prestata è computata come lavoro straordinario o supplementare, salvo richiesta di recupero orario.
Le due tipologie di pronta disponibilità
La Corte ha distinto due situazioni riguardo al servizio di pronta disponibilità:
-
reperibilità passiva: il lavoratore è in attesa della chiamata, senza prestare effettivo servizio. In questo caso, viene riconosciuta solo un’indennità per il disagio subito;
-
reperibilità attiva: quando il lavoratore è chiamato a prestare servizio, le ore di lavoro sono considerate straordinarie e retribuite come tali.
Il trattamento economico
In tale contesto, il trattamento economico per il servizio di pronta disponibilità prevede una maggiorazione, giustificata dalla gravosità della prestazione, che si aggiunge al normale orario di lavoro.
Se il lavoratore è chiamato a prestare servizio, la sua prestazione è considerata lavoro straordinario, salvo richiesta di compensazione con recupero orario.
Il riferimento alle normative vigenti
A seguire, la Cassazione ha ricordato che il Decreto Legislativo n. 66/2003, all’art. 1, lett. c), definisce come lavoro straordinario quello prestato oltre l’orario normale di lavoro, fissato in 40 ore settimanali. L’art. 4 del Decreto consente ai contratti collettivi di stabilire la durata massima settimanale dell’orario di lavoro, ma prevede che la durata media non superi le 48 ore settimanali, comprese le ore di straordinario.
Le nozioni legali di orario normale e straordinario di lavoro - ha spiegato la Corte - si riferiscono al debito orario del lavoratore, che si considera adempiuto sia quando la prestazione viene effettivamente svolta, sia durante le assenze legittime, come le ferie o la malattia.
In tale contesto, le assenze per ferie o malattia non devono essere considerate neutrali nel calcolo dell’orario normale di lavoro. In effetti, queste assenze concorrono a soddisfare il debito orario, in linea con i diritti costituzionali e comunitari alla protezione della salute e al riposo del lavoratore.
Le conclusioni della Cassazione
La Corte di Cassazione, in definitiva, ha confermato l’interpretazione della Corte d’Appello, che aveva correttamente applicato le disposizioni normative e contrattuali, escludendo la legittimità del criterio adottato dalla società.
In sintesi, le ore di pronta disponibilità, quando effettivamente svolte, devono essere considerate come lavoro straordinario, anche se il lavoratore ha usufruito di ferie o malattia durante la settimana.
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