Per i licenziamenti ante Riforma lavoro si applicano le disposizioni del “vecchio” articolo 18
Autore: Roberta Moscioni
Pubblicato il 22 novembre 2012
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Il Tribunale del Lavoro di Milano, con ordinanza del 14 novembre 2012, si esprime sulla questione del licenziamento disciplinare ai sensi del nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, così come rinnovato dalla Riforma del lavoro.
La controversia riguarda un lavoratore licenziato prima del 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della Legge n. 92/2012) anche se la causa è stata avviata in un momento successivo. Il datore di lavoro, pertanto, ha richiesto che al dipendente fosse riconosciuta solo un’indennità risarcitoria e non la reintegra sul posto del lavoro, come voleva il vecchio articolo 18.
Si è invocata l’applicazione del nuovo dettato normativo sul licenziamento disciplinare, che prevede in linea generale il solo risarcimento dalle 12 alle 24 mensilità e non più l’obbligo di reintegra se non nel caso in cui il fatto non sussista o sia punito meno pesantemente dalla contrattazione collettiva rispetto al licenziamento. Si è invocata, in altri termini, l’applicazione della normativa vigente al momento del licenziamento.
Diversa la tesi sostenuta dai giudici milanesi, che hanno affermato che le disposizioni del riformato articolo 18 non possono essere applicate ai licenziamenti intimati prima della data di entrata in vigore dello stesso. Dunque, la regola che vuole in caso di licenziamento disciplinare il pagamento di un’indennità risarcitoria anziché la reintegra sul posto di lavoro, non può essere applicata retroattivamente a meno che non intervenga una espressa disposizione di legge a prevederlo.
Per i giudici, infatti, l’illegittimità, la nullità o l’inefficacia di un atto devono essere considerati aspetti sostanziali e in quanto tali vanno assoggettati alla normativa vigente al momento in cui l’evento si verifica e non a quella in vigore al momento in cui viene avviata la procedura giudiziale di impugnazione.
Il licenziamento intimato al dipendente è, quindi, annullato dai giudici, che hanno disposto anche la reintegra sul posto di lavoro e il risarcimento del danno, dato che la condotta del lavoratore al di fuori del rapporto di lavoro può incidere sul rapporto fiduciario che si crea con il datore, ma spetta a quest’ultimo dimostrare in che modo tale condotta ha minato la fiducia verso il dipendente, tanto da portare al suo licenziamento.
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