Padre ostacolato nel diritto di visita. Le autorità intervengano velocemente
Pubblicato il 10 maggio 2017
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Fattore tempo: può compromettere irrimediabilmente i rapporti genitori/figli
Le autorità giurisdizionali degli Stati membri devono provvedere quanto prima all'adozione di misure che impediscano ad un genitore di ostacolare il diritto di visita dell’altro, così di fatto impedendogli di mantenere una relazione affettiva con il figlio. Il fattore tempo è in tale ambito di fondamentale importanza, in quanto delle decisioni poco rapide possono compromettere irrimediabilmente i rapporti tra genitori e figli.
E’ la Corte europea dei diritti dell’uomo a stabilirlo, condannando l’Italia per violazione dell’art. 8 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La pronuncia origina dalla vicenda di un padre italiano, che inutilmente si era rivolto alle autorità nazionali per ottenere, dopo la separazione dalla madre, un ampliamento del proprio diritto di visita alla figlia. Si era dunque rivolto alla Corte europea, adducendo, anche in considerazione della “lentezza” con cui erano pervenute le decisioni dei giudici nazionali, la violazione nei suoi riguardi del diritto al rispetto della vita familiare. Lamentava difatti che la sua relazione con la figlia era risultata irrimediabilmente compromessa a causa delle difficoltà riscontrate nell'esercizio dei suoi diritti di visita, oltretutto, proprio nella prima fase di vita della bambina. Sosteneva inoltre il padre, che la mancanza di celerità della procedura dinanzi alle autorità italiane, aveva determinato un’ingerenza eccessiva ed arbitraria (da parte della madre) nella sua relazione con la figlia.
Giudizi lenti ostacolano il diritto del padre. Violazione art. 8 Cedu
La Corte di Strasburgo dà pienamente ragione all'uomo, laddove afferma come sia evidente che un ritardo nella decisione della lite familiare, possa far diventare la questione controversa un vero e proprio “fatto compiuto”; quando invece l’effettivo rispetto della vita familiare richiede che le relazioni tra genitori e figli siano regolate solo sulla base dell’insieme di elementi pertinenti, e non sul fattore tempo.
Eppure nel caso di specie - conclude la Corte con sentenza resa il 4 maggio 2017, nella causa n. 66396/14 - le autorità italiane hanno tollerato che il padre, per anni, non abbia potuto vedere liberamente sua figlia. Ed hanno altresì’ tollerato che, nei dodici mesi di durata della procedura, la madre regolasse in maniera unilaterale le modalità del diritto di visita del ricorrente, allontanato dalla casa familiare. Un ritardo contrario all'art. 8 CEDU, che caro è costato all'Italia, condannata a corrispondere un risarcimento al padre ed a pagare le spese del presente giudizio.
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