Omessa Iva: imprenditore assolto se la volontà di omissione non è certa

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Omessa Iva: imprenditore assolto se la volontà di omissione non è certa

Pronuncia della Cassazione sulla vicenda di un amministratore di Spa assolto dal reato di omesso versamento dell’Iva in presenza di dubbi sulla sussistenza dell’elemento psicologico richiesto nella fattispecie.

La Suprema corte ha dichiarato inammissibile, per genericità delle doglianze, il ricorso promosso dal PM contro l’assoluzione del legale rappresentante di una Spa dal reato di cui all’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000.

La responsabilità penale era stata esclusa in quanto i giudici di secondo grado avevano ritenuto che non fosse certa la volontà dell’imputato di omettere la condotta dovuta.

Il Procuratore generale presso la Corte d’appello aveva impugnato questa conclusione, lamentando un asserito mancato assolvimento rispetto all’obbligo di motivazione rafforzata, sussistente, nel caso in esame, in quanto era stata integralmente riformata la decisione emessa dal giudice di prime cure.

Il legale rappresentante della società, per contro, aveva eccepito la genericità del ricorso del Pm, ritenuto privo di confronto critico con l’analisi della vicenda contenuta nella sentenza impugnata.

Pagamento di dipendenti a fini di continuità aziendale

E la Suprema corte, con sentenza n. 42522 del 16 ottobre 2019, ha condiviso le posizioni dell’imputato, giudicando inammissibile il ricorso del Procuratore.

In primo luogo, gli Ermellini hanno sottolineato come in detto ultimo atto fossero state solo sintetizzate le ragioni poste a fondamento della decisione di assoluzione e fosse stato operato un mero richiamo al principio, non controverso, secondo cui ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000 è richiesto il dolo generico, integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità.

Elemento soggettivo del reato insussistente

Tuttavia, nel ricorso, era stata del tutto omessa un’illustrazione della portata di tale principio nel caso specifico e nella fattispecie concreta e non era stato affatto considerato, in modo critico, quanto esposto nella motivazione della pronuncia impugnata.

In questa, la Corte territoriale era giunta all’assoluzione dell’imputato ritenendo che la condotta antidoverosa omessa non fosse esigibile.

Ciò sulla base della considerazione che i soci di controllo della società capogruppo avevano adottato le iniziative idonee a tentare di fronteggiare la crisi finanziaria che aveva colpito la società amministrata dall’imputato, facendo ricorso anche a beni personali allo scopo di reperire la liquidità necessaria per assolvere alle obbligazioni sociali.

Inoltre, era insussistente l’elemento soggettivo del reato posto che la scelta con cui l’imputato aveva provveduto al pagamento di dipendenti e fornitori era avvenuta in una prospettiva di continuità aziendale, nella convinzione che tale opzione avrebbe consentito la prosecuzione dell’attività d’impresa, il conseguimento di ricavi e la produzione di utili e, quindi, anche l’adempimento alla scadenza dell’obbligazione tributaria relativa al versamento dell’Iva.

Non poteva affermarsi, in tale contesto, la rappresentazione da parte dell’imputato della mancanza delle risorse necessarie per assolvere al relativo adempimento alla scadenza prevista.

Ricorso inammissibile per difetto di specificità

Secondo la Terza sezione penale della Cassazione, le considerazioni contenute nella decisione di assoluzione erano il frutto non illogico di principi più volte affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, non considerati nell’atto del ricorrente.

Quest’ultimo, per contro, non aveva preso in esame i dubbi espressi dai giudici di secondo grado sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato che avevano condotto all’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”.

E non era stata nemmeno valutata l’idoneità delle condotte dei soci, sul piano della esigibilità della condotta.

In definitiva, il ricorso era privo della doverosa considerazione delle ragioni della decisione, non criticate né sovvertite, con conseguente inammissibilità del medesimo per difetto della necessaria specificità.

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