Non impugnabile il “no” all'interpello disapplicativo mancante dei requisiti

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Non sussiste un diniego della richiesta di disapplicare le norme antielusive quando il provvedimento dell'Agenzia delle entrate dichiara l'improcedibilità della domanda per mancanza dei requisiti essenziali. Da qui, l'impossibilità, per il contribuente, di impugnare nelle competenti sedi giudiziarie la risposta del fisco contenente il rifiuto di disapplicare le norme antileusive.

In questo senso la sostanza della sentenza n. 5843 del 13 aprile 2012, della Corte di cassazione, a cui spetta il merito di definire ulteriormente l'ambito di operatività della risposta delle entrate all'interpello disapplicativo presentato dal contribuente.

In base alla univoca giurisprudenza esistente, al contribuente è consentito impugnare autonomamente, davanti alla commissione tributaria, il provvedimento di diniego opposto all'istanza di disapplicazione, in quanto i magistrati lo hanno ritenuto un atto definitivo, recettizio, avente rilevanza esterna.

Ma ciò non si verifica di fronte ad una decisione dell'Agenzia delle entrate da cui emerge come l'istanza inoltrata dal contribuente sia mancante dei requisiti essenziali e viene, quindi, dichiarata improcedibile.

Infatti, ai sensi del D.P.R. n. 600/1973 e del D.m. n. 259/1998, il richiedente la disapplicazione della norma antielusiva deve descrivere compiutamente la fattispecie concreta da esaminare ed allegare la documentazione a riprova del suo assunto.

Il provvedimento che rileva tali lacune e che dichiara l'improcedibilità dell'istanza non è parificabile ad un atto definitivo bensì deve intendersi come un atto interlocutorio e, come tale, non impugnabile.
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