No al licenziamento per scarso rendimento a seguito di ripetute malattie
Pubblicato il 11 maggio 2018
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La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10963 dell’8 maggio 2018, ha confermato che lo scarso rendimento, diversamente dalle assenze per malattia, è caratterizzato da colpa del lavoratore (Corte di Cass., sentenze n. 16472/2015 e n. 17436/2015) per cui deve ritenersi superato il diverso indirizzo espresso nella sentenza della Cassazione n. 10286/1996, secondo cui lo scarso rendimento rileva indipendentemente dalla sua imputabilità a colpa del lavoratore.
In definitiva, per gli Ermellini lo scarso rendimento può consistere in una inadeguatezza qualitativa o quantitativa della prestazione ma a tali fini deve tenersi conto delle sole diminuzioni di rendimento determinate da imperizia, incapacità e negligenza e non anche di quelle determinate dalle assenze per malattia e permessi (Cass. N. 3855/2017).
Qualora il recesso del lavoratore sia intimato per scarso rendimento essenzialmente dovuto ad un elevato numero di assenze, ma non tali da esaurire il periodo di comporto, il licenziamento è da ritenersi ingiustificato anche perché nel contratto di lavoro subordinato il lavoratore non si obbliga al raggiungimento di un risultato ma alla messa a disposizione del datore delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti, per cui il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento.
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