Niente detrazione Iva con la prova della conoscenza della frode

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Niente detrazione Iva con la prova della conoscenza della frode

Ultimi chiarimenti della Corte di giustizia dell'Unione europea sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con i principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di certezza del diritto.

Con sentenza depositata il 1° dicembre 2022, causa C-512/21, la Corte di giustizia Ue si è pronunciata sulla domanda pregiudiziale presentata nell’ambito di una controversia tra una società e l’Ufficio nazionale delle imposte e delle dogane ungherese, direzione ricorsi, in merito all’importo dell’Iva dovuta dalla prima.

Alla società, in particolare, i verificatori avevano contestato di aver asseritamente partecipato ad una frode fiscale IVA di tipo carosello.

Con la predetta domanda erano stati sollevati diversi interrogativi, a cui i giudici europei hanno dato risposta fornendo la corretta lettura della richiamata direttiva e, segnatamente, dei suoi articoli 9, 10 e 167, 168 e 178.

Indetraibilità dell'Iva, chiarimenti della Corte Ue

Secondo i giudici europei, in primis, l’autorità tributaria che intenda negare ad un soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte per aver partecipato ad una frode carosello, non può limitarsi a stabilire che tale operazione fa parte di una catena di fatturazione circolare, dovendo, per contro:

  • da un lato, individuare con precisione gli elementi costitutivi della frode e dimostrare le condotte fraudolente;
  • dall’altro, dimostrare che il soggetto passivo ha partecipato attivamente a tale frode o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento di tale diritto si iscriveva in detta frode.

Le normativa unionale, a seguire, ammette che tale autorità tributaria, qualora attesti una partecipazione attiva alla frode, possa negare il diritto alla detrazione, fondando tale diniego, in via complementare o subordinata, su elementi di prova che dimostrino non una siffatta partecipazione, ma il fatto che il soggetto passivo, dando prova di tutta la diligenza richiesta, avrebbe potuto sapere della fraudolenza dell’operazione.

Parimenti, è possibile, in presenza di indizi che permettano di sospettare l’esistenza di irregolarità o di una frode, che si richieda al soggetto passivo di dar prova di una maggiore diligenza per assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una frode.

Tuttavia, non si può pretendere che esso proceda a verifiche complesse e approfondite come quelle effettuabili dall’amministrazione finanziaria.

E' il giudice nazionale, in tale contesto, che deve valutare se, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, il soggetto passivo abbia o meno dato prova di sufficiente diligenza e abbia o meno adottato le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere in tali circostanze.

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