Mutuo a tasso variabile: al giudice il controllo su trasparenza clausole
Pubblicato il 04 marzo 2020
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Spetta al giudice dello Stato membro controllare il carattere chiaro e comprensibile di una clausola contrattuale contenuta in un contratto di mutuo ipotecario che preveda l’applicazione di un tasso di interesse variabile basato sull’indice delle casse di risparmio del Paese.
E ciò indipendentemente dalla trasposizione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 nell’ordinamento giuridico di tale Stato membro.
In particolare, al fine del rispetto dell’obbligo di trasparenza, la clausola deve:
- essere intelligibile sui piani formale e grammaticale;
- consentire che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere “il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare così, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie”.
Ai fini di tale valutazione, costituiscono elementi particolarmente pertinenti per il giudice nazionale:
- il fatto che gli elementi principali relativi al calcolo di tale tasso siano facilmente accessibili a chiunque intenda stipulare un mutuo ipotecario, grazie alla pubblicazione del metodo di calcolo di detto tasso;
- la comunicazione di informazioni sull’andamento, nel passato, dell’indice sulla base del quale è calcolato questo stesso tasso.
Clausola abusiva? Il giudice può sostituire il tasso, condizioni
A fronte, poi, della nullità di una clausola contrattuale abusiva che fissa un indice di riferimento per il calcolo degli interessi variabili di un mutuo, è legittimo che il giudice nazionale sostituisca a tale indice un indice legale, applicabile in assenza di un diverso accordo tra le parti contraenti, e ciò in presenza di due condizioni:
- che il contratto di mutuo ipotecario non possa sussistere in caso di soppressione di detta clausola abusiva;
- che l’annullamento di tale contratto nella sua interezza esponga il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli.
Così la Corte di giustizia Ue nella sentenza pronunciata il 3 marzo 2020, causa C-125/18, rispetto ad una domanda pregiudiziale che verteva sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.
La domanda era connessa ad una controversia tra un cittadino spagnolo ed un istituto di credito del medesimo Stato, in merito alla clausola relativa al tasso d’interesse variabile e remunerativo contenuta nel contratto di mutuo ipotecario stipulato tra le parti.
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