Licenziamento sproporzionato rispetto alla mancanza? Solo risarcimento e nessuna reintegra
Autore: Roberta Moscioni
Pubblicato il 30 aprile 2013
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Un lavoratore ingiustamente licenziato viene giustificato dal Tribunale di Voghera, con ordinanza del 14 marzo 2013, dato che sulla base dei fatti accaduti è emerso che le mancanze commesse dal dipendente licenziato per giusta causa fossero di gravità tale da non determinare una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario, così da non far sussistere gli estremi della “giusta causa” per il suo licenziamento definitivo.
A questo punto, però, il Tribunale ha dovuto stabilire l’esatta misura della sanzione da applicare trovandosi di fronte ad un caso tipico di licenziamento illegittimo perchè privo del requisito di proporzionalità rispetto alla mancanza.
La strada percorsa dal Tribunale – del tutto conforme alla normativa e all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori come novellato dalla legge 28 giugno 2012 n. 92 – porta alla seguente conclusione: i fatti contestati non possono considerarsi insussistenti, ma si constata che per essi la contrattazione collettiva non prevede l’applicazione di sanzioni conservative, pertanto è escluso che si possa ricorrere alla reintegrazione del posto di lavoro, dato che inoltre non vi sono elementi per ritenere la natura discriminatoria del recesso.
Ne deriva così, secondo l'ordinanza del 14 marzo, che deve trovare applicazione il comma 5 del nuovo articolo 18, che prevede una sanzione puramente economica (dalle 12 alle 24 mensilità) prevista per tutte le “altre ipotesi” di insussistenza di giusta causa, come nel caso di specie, in cui le mancanze addebitate non configurano la gravità tale da giustificare il recesso per violazione del principio di reciprocità di cui all’articolo 2106 del Codice civile. Dunque, la società è condannata a risarcire il dipendente ingiustamente licenziato per aver commesso un fatto meno grave rispetto alle mancanze contestate. Il licenziamento è, così, da considerarsi illegittimo senza però che ciò comporti la reintegrazione del lavoratore dipendente dal momento che il fatto contestato sussiste e nel contratto collettivo manca una norma che sanzioni l'azienda con la riassunzione.
Posizione diametralmente opposta a quella, per esempio, del Tribunale di Bologna (decisione 15 ottobre 2012), secondo cui il fatto che porta alla reintegra non è tanto quello "materiale" bensì il "fatto giuridico".
- Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 20 - Strada più stretta per il reintegro - Bottini - www.csm.it
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