Licenziato in tronco a seguito di denuncia di falso sinistro
Pubblicato il 05 maggio 2021
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Il tentativo di mascherare la realtà, denunciando un falso sinistro, è costato il licenziamento in tronco di un dirigente medico, in ragione della ritenuta idoneità di tale comportamento a ledere il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
Recesso in tronco, proporzionalità della sanzione
Il recesso è stato definitivamente confermato dalla Corte di cassazione la quale, con sentenza n. 11644 del 4 maggio 2021, ha aderito alle motivazioni rese dai giudici di gravame in ordine alla valutazione di proporzionalità dell'accaduto rispetto alla sanzione applicata.
E’ stata così respinta l'impugnativa del licenziamento disciplinare per giusta causa del sanitario, accusato, nel dettaglio, di aver dissimulato un sinistro avvenuto alla guida dell'auto aziendale, allo scopo di nascondere l'uso improprio del suddetto mezzo.
Nella denuncia all'azienda, egli aveva dichiarato che l’incidente era avvenuto in circostanze differenti, ossia nel momento in cui stava utilizzando il veicolo per ragioni di servizio, con ulteriori violazioni alle norme interne sull'uso dei mezzi a disposizione (esclusività rispetto ai compiti di ufficio; divieto di detenere il medesimo presso l'abitazione privata; obbligo di compilare il libretto di marcia etc.).
Secondo la Corte territoriale, in realtà, era indubbio che l'unico incidente che aveva coinvolto il lavoratore si fosse realizzato di sera, essendo inverosimile che potessero essere occorsi due sinistri sullo stesso mezzo a dodici ore di distanza l’uno dall’altro, oltre al fatto che tale assunto era stato comunque smentito in sede istruttoria.
Condotta grave, lesione del vincolo fiduciario
In tale contesto, la gravità del comportamento, atta a giustificare il recesso in tronco, era da ravvisare non tanto nell'utilizzazione con modalità irregolari del mezzo aziendale, quanto nell'avere tenuto la parte datoriale all'oscuro delle modalità di verificazione dell'incidente e nell'avere cercato di mascherare la realtà, denunciando un falso sinistro.
La ricostruzione operata dai giudici di secondo grado, anche se sintetica, è stata ritenuta dalla Corte di cassazione non illogica.
Inoltre, è stato rilevato come la Corte territoriale avesse ritenuto esplicitamente che l'illecito disciplinare posto in essere non fosse da riportare alle ipotesi di cui all'art. 8, co. 8 del Codice Disciplinare di riferimento, di “occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell'amministrazione o ad esso affidati”, ma, evidentemente, all'art. 8, co. 11 del medesimo Codice che contemplava l'ipotesi generale di “atti e comportamenti non ricompresi specificamente nelle lettere precedenti seppure estranei alla prestazione lavorativa, posti in essere anche nei confronti del terzo, di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 2119 c.c.”.
Una cosa - hanno sottolineato gli Ermellini - è il mero occultamento di un danno al mezzo, altra e più grave cosa è l'avere “cercato di mascherare la realtà, denunciando un falso sinistro”.
Su tale condotta la Corte territoriale aveva esplicitamente incentrato la propria valutazione di gravità e di proporzionalità dei fatti rispetto alla sanzione applicata e in ordine all'idoneità del comportamento tenuto a ledere il nesso fiduciario.
Un giudizio, questo, di pertinenza del giudice del merito e insuscettibile, in sede di legittimità, di essere rivisitato sulla base di considerazione di elementi, come l'incensuratezza disciplinare del prestatore, non necessariamente decisivi.
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