Riforma fiscale 2024: Assonime sull’addio al doppio binario tra contabilità e fisco
Pubblicato il 04 agosto 2025
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Con la pubblicazione della circolare n. 20 del 31 luglio 2025, Assonime ha fornito un’analisi puntuale e sistematica delle principali novità introdotte dal Decreto Legislativo n. 192 del 2024, adottato in attuazione dell’art. 9, comma 1, lett. c) della Legge delega n. 111 del 2023. Il decreto rappresenta una tappa significativa nel processo di superamento del cosiddetto “doppio binario” tra disciplina contabile e fiscale nella determinazione del reddito d’impresa.
La circolare si sofferma in particolare sugli interventi volti a rafforzare il principio di derivazione rafforzata, ossia quel meccanismo che consente di attribuire rilevanza fiscale ai criteri contabili adottati in bilancio in tema di qualificazione, imputazione temporale e classificazione delle operazioni. L’obiettivo è quello di promuovere una maggiore armonizzazione tra valori civilistici e imponibili fiscali, riducendo le asimmetrie che, nel tempo, hanno complicato l’applicazione concreta delle norme tributarie.
Assonime riconosce che il D.Lgs. 192/2024 ha segnato un passo avanti importante, ma evidenzia anche le persistenti criticità in specifiche aree applicative, come i contributi pubblici, le commesse e le differenze di cambio, auspicando ulteriori interventi normativi di razionalizzazione e semplificazione, coerenti con le finalità della riforma fiscale.
I tre pilastri della riforma fiscale
l D.Lgs. n. 192/2024 interviene su tre ambiti chiave, riformulando regole che storicamente hanno generato disallineamenti tra contabilità e fisco:
- contributi in conto capitale: abolizione della possibilità di rateizzare la tassazione su cinque esercizi (art. 88, co. 3 TUIR);
- valutazione delle commesse: estensione ai fini fiscali del criterio adottato nel bilancio, sia per le commesse infrannuali che pluriennali (modifiche agli artt. 92 e 93 TUIR);
- differenze di cambio: abrogazione della sterilizzazione fiscale delle differenze da valutazione (art. 110, co. 3 TUIR), ora pienamente rilevanti fiscalmente.
La circolare Assonime n. 20/2025 interpreta e chiarisce le implicazioni operative di queste modifiche, definendone portata, decorrenza, ambiti applicativi e criticità ancora aperte, e si pone come il punto di riferimento principale per i professionisti della fiscalità d’impresa.
Contributi in conto capitale: fine della rateizzazione e nuove criticità applicative
Il D.Lgs. n. 192/2024 ha modificato in modo significativo la disciplina fiscale dei contributi in conto capitale, intervenendo sull’art. 88, comma 3 del TUIR. Questi contributi, residuali rispetto a quelli in conto esercizio e in conto impianti, continuano a essere tassati per cassa, ossia nell’anno di effettiva percezione. Tuttavia, è stata eliminata la possibilità di frazionarne la tassazione in cinque esercizi, ponendo fine a una prassi consolidata che consentiva una gestione diluita dell’onere fiscale.
Resta dunque l’imposizione integrale in un’unica soluzione, anche qualora i proventi siano correlati a costi capitalizzati e ammortizzati nel tempo, come avviene frequentemente nel caso di spese per investimenti. Questo nuovo assetto produce un potenziale disallineamento tra il momento della tassazione del contributo e quello della deducibilità del costo cui si riferisce, con effetti distorsivi sulla determinazione del reddito imponibile.
La stessa disciplina si applica anche ai contributi pubblici per studi e ricerche, ai sensi dell’art. 108, comma 3 del TUIR, che richiama esplicitamente l’art. 88. Il rischio, come evidenzia la circolare di Assonime n. 20/2025, è che l’intervento normativo generi asimmetrie fiscali per le imprese che capitalizzano costi di R&S e li ammortizzano nel tempo, ma sono costrette a tassare i relativi contributi in modo immediato e pieno.
A fronte di questa situazione, la circolare segnala due possibili interpretazioni:
- una interpretazione restrittiva, che impone la tassazione immediata di tutti i contributi pubblici;
- una interpretazione sostanziale, secondo cui i contributi legati a immobilizzazioni (in conto impianti) dovrebbero seguire la logica della competenza, per coerenza con l’ammortamento del costo.
Pur non prendendo posizione definitiva, l’Associazione sollecita un chiarimento normativo che eviti penalizzazioni fiscali per le imprese impegnate in investimenti innovativi e in attività di R&S.
Criteri di valutazione delle commesse: restano dubbi
Un secondo ambito di intervento riguarda la disciplina delle commesse. Il D.Lgs. 192/2024 ha introdotto una significativa semplificazione nella loro gestione fiscale, superando le rigidità del passato e favorendo un maggiore allineamento con i criteri adottati nel bilancio d’esercizio.
Prima della riforma, le commesse infrannuali (cioè quelle concluse entro l’anno) dovevano obbligatoriamente essere valutate, ai fini fiscali, secondo il metodo del costo (commessa completata), anche nei casi in cui il bilancio adottasse il criterio della percentuale di completamento previsto dall’OIC 23. Per le commesse pluriennali, invece, la normativa imponeva il ricorso esclusivo alla percentuale di completamento, senza possibilità di alternative.
Con la modifica all’art. 92, comma 6 del TUIR, applicabile dal periodo d’imposta 2024, viene finalmente consentito l’utilizzo ai fini fiscali dello stesso metodo usato in bilancio, sia per le commesse infrannuali che per quelle pluriennali. Ciò significa che se un’impresa utilizza il metodo del costo nel bilancio, potrà adottare lo stesso criterio anche fiscalmente; lo stesso vale per chi sceglie la percentuale di completamento. Si tratta di un passaggio importante verso la derivazione rafforzata, che riduce la necessità di doppi conteggi e semplifica la determinazione del reddito imponibile.
Tuttavia, la circolare Assonime n. 20/2025 segnala alcune zone d’ombra ancora da chiarire, come il trattamento delle maggiorazioni di prezzo (claims), che fiscalmente rilevano al 50% anche se non contabilizzate, o la possibilità di considerare un minor valore di realizzo per le commesse infrannuali valutate al costo. L’Associazione invita l’Amministrazione finanziaria a intervenire per colmare queste lacune.
Differenze di cambio: stop alla sterilizzazione fiscale delle valutazioni di fine esercizio
La terza modifica di rilievo riguarda le differenze di cambio. Con l’abrogazione dell’art. 110, co. 3 TUIR, non è più in vigore la regola che rendeva irrilevanti fiscalmente le differenze da valutazione. A partire dal 2024, esse assumono piena rilevanza fiscale, purché coerenti con il bilancio.
Secondo le modalità contabili, due sono gli approcci possibili:
- prima si svaluta, poi si converte al cambio di fine anno;
- prima si converte, poi si effettua la svalutazione.
Sebbene il risultato economico finale sia simile, la diversa sequenza genera effetti fiscali differenti in termini di composizione tra perdita da cambio e perdita da svalutazione. La circolare conferma che, in ottica di derivazione rafforzata, entrambi i metodi sono fiscalmente validi, se correttamente adottati in contabilità.
Resta inoltre confermata l’esclusione delle differenze di cambio dal calcolo del ROL (art. 96 TUIR), poiché non assimilabili a interessi passivi. Da segnalare, infine, che queste modifiche hanno effetto immediato anche per le differenze iscritte nel bilancio 2023, con impatti diretti sull’imponibile 2024.
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