L'emissione di false fatture è punita se c’è il dolo di evasione
Pubblicato il 21 settembre 2021
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Sono state accolte, dalla Suprema corte, le ragioni con cui il legale rappresentante di una Srl aveva impugnato la condanna impartitagli dai giudici di merito in ordine al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
L’imputato aveva promosso ricorso per cassazione, eccependo la nullità della sentenza impugnata per erronea applicazione dell'art. 8 del D. Lgs. n. 74 del 2000 e dolendosi del difetto di motivazione rispetto all'asserita insussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato, con particolare riferimento al dolo specifico di evasione.
Con sentenza n. 34570 del 20 settembre 2021, la Corte di cassazione ha ritenuto il ricorso fondato per quanto concerne la componente soggettiva del reato, profilo relativamente al quale l'apparato motivazionale della sentenza impugnata risultava effettivamente lacunoso.
Nel proprio atto di appello, la difesa dell'imputato aveva espressamente censurato la mancanza, in capo allo stesso, del dolo specifico necessario ai fini della configurabilità della fattispecie, osservando che la finalità da lui perseguita con l'emissione dell'unica fattura contestata non era quella di consentire alla Srl l'evasione d'imposta.
A tale proposito, il ricorrente aveva emesso un documento di storno della reale operazione commerciale non appena acquisita notizia dell'insolvenza della società debitrice, così da neutralizzare parzialmente il beneficio fiscale effettivo per la società destinataria.
Era inoltre illogico che una società "cartiera", in tutta la sua esistenza, avesse emesso una sola fattura falsa, per giunta di esiguo importo e nella stessa annualità ne dimezzasse il vantaggio per l'utilizzatrice.
Falsa fatturazione, verifica dell'elemento soggettivo del reato
Per gli Ermellini, la Corte territoriale non si era adeguatamente confrontata con tali rilievi difensivi, essendosi soffermata solo sul profilo oggettivo della condotta, ovvero sulla fittizietà dell'operazione sottesa alla fattura, senza tuttavia fornire risposta alle censure sollevate con riferimento all'inesistenza dell'elemento soggettivo.
L'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 8 del D. Igs. n. 74 del 2000 – ha quindi sottolineato la Corte di legittimità – non può essere ritenuto sussistente in re ipsa, una volta accertata la natura fittizia delle operazioni inesistenti sottese alle fatture emesse.
Occorre, in tal senso, una verifica che accerti in concreto l'elemento volitivo del soggetto agente, elemento che, come già precisato dalla giurisprudenza di Cassazione, consiste nel dolo specifico di favorire l'evasione fiscale di terzi.
Detto ultimo fine, peraltro, può anche non essere esclusivo, nel senso che il reato non è escluso se commesso anche con lo scopo di trarre un profitto personale.
Tuttavia, se altre finalità possono concorrere con quella fiscale, quest'ultima deve pur sempre sussistere, perché, mancando il dolo di evasione, il reato non è configurabile.
Nel caso in esame, l'esistenza della componente soggettiva del reato era stata messa in discussione nell'atto di gravame, con alcune considerazioni non generiche, sulle quali la Corte territoriale avrebbe dovuto soffermarsi per valutarne la pertinenza rispetto ai fatti di causa, adempiendo, così, al proprio onere motivazionale.
Difatti - ha concluso la Corte - “il giudizio di appello ha la precisa funzione di garantire non solo il controllo della legittimità della progressione processuale e della tenuta logica della motivazione del primo giudice, ma estende il suo sindacato alla analisi del fatto, ovvero delle prove che accertano il fatto, ovviamente nei limiti del devoluto”.
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