Lavoro intermittente, chiarimenti dal Ministero del lavoro

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Il contratto di lavoro intermittente, una delle forme contrattuali più flessibili attualmente previste dall’ordinamento giuslavoristico italiano, al centro della circolare n. 15 del 27 agosto 2025, in cui il Ministero del lavoro chiarisce alcuni aspetti con particolare riferimento al settore turismo.

Introdotto per regolamentare esigenze occupazionali discontinue o legate a picchi temporanei di attività, il lavoro intermittente è infatti particolarmente diffuso in determinati settori, quale appunto quello del turismo, della ristorazione, del commercio al dettaglio, dello spettacolo e dei servizi stagionali in genere.

Si tratta di una tipologia contrattuale che consente al datore di lavoro di chiamare in servizio il lavoratore solo nei periodi in cui si presenta effettivamente la necessità, pur mantenendo un rapporto subordinato e riconoscendo i diritti retributivi e previdenziali previsti dalla normativa vigente.

Per tale ragione, il lavoro intermittente costituisce uno strumento di grande rilevanza economico-operativa soprattutto per le imprese che devono gestire flussi di lavoro variabili o stagionali, senza dover necessariamente ricorrere a contratti a termine o in somministrazione.

Tuttavia, la disciplina del lavoro intermittente si è recentemente trovata al centro dell’attenzione a seguito di una modifica normativa di rilievo: l’abrogazione del regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, avvenuta con l’entrata in vigore della legge 21 marzo 2025, n. 56. Tale provvedimento legislativo ha sollevato dubbi interpretativi, in particolare in relazione alla validità e all’applicabilità del decreto ministeriale del 23 ottobre 2004, che rimanda proprio alla tabella allegata al regio decreto abrogato per individuare le tipologie di attività per le quali è ammessa la stipulazione di contratti intermittenti.

Alla luce di queste incertezze normative e delle richieste di chiarimento pervenute da diverse associazioni di categoria - in particolare dal comparto turistico - il Ministero del lavoro interviene dunque con la circolare n. 15 del 2025 fornendo un’interpretazione ufficiale in merito agli effetti dell’abrogazione del regio decreto del 1923 per garantire certezza giuridica e continuità applicativa nella gestione dei rapporti di lavoro intermittente.

Nello specifico, viene chiarito che l’abrogazione del regio decreto non comporta l’invalidazione del richiamo normativo contenuto nel D.M. 23 ottobre 2004, poiché quest’ultimo si configura come un rinvio meramente materiale.

In altri termini, la tabella di riferimento del 1923 è stata recepita nel contenuto del decreto ministeriale e, di conseguenza, continua ad avere valore giuridico autonomo indipendentemente dalla vigenza dell’atto normativo originario.

Si tratta di un orientamento già anticipato in precedenti atti interpretativi del Ministero, ora confermato in via definitiva dalla nuova circolare, offrendo un quadro normativo stabile per i datori di lavoro e per gli operatori del diritto.

Ma vediamo ora nel dettaglio i riferimenti normativi richiamati dalla circolare, le implicazioni per le imprese e i professionisti del lavoro e le prospettive future in attesa dell’eventuale adozione di nuovi decreti ministeriali sostitutivi.

Legge n. 56/2025 e abrogazione del regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657

Con l’entrata in vigore della legge 21 marzo 2025, n. 56, il legislatore ha avviato un processo di razionalizzazione e semplificazione del corpo normativo italiano: tra le disposizioni contenute nel provvedimento rientra l’abrogazione espressa del regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657 che, pur datato, continuava a produrre effetti giuridici indiretti in particolare tramite il rinvio operato da norme secondarie tuttora vigenti.

La legge n. 56/2025 non è peraltro una norma settoriale, bensì una legge di soppressione di norme obsolete o ritenute superate emanata proprio per eliminare dal sistema giuridico italiano quei provvedimenti legislativi che, pur formalmente vigenti, risultavano inapplicati, sostituiti da nuove fonti o incompatibili con l’attuale ordinamento giuslavoristico e costituzionale.

In questo quadro, il regio decreto 2657/1923, che conteneva una tabella delle attività lavorative a carattere discontinuo o di semplice attesa, è stato incluso tra le disposizioni oggetto di abrogazione.

Effetti potenziali sull’apparato normativo secondario

L’abrogazione del regio decreto ha però generato una serie di interrogativi interpretativi, in particolare per quanto riguarda le norme secondarie e i provvedimenti amministrativi che rinviano, direttamente o indirettamente, al contenuto del decreto abrogato.

Esempio emblematico è costituito proprio dal decreto ministeriale 23 ottobre 2004 , che autorizza la stipulazione di contratti di lavoro intermittente "con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657”.

Il rischio che si è immediatamente profilato a seguito dell’abrogazione è stato quello di una cancellazione automatica del fondamento normativo su cui si basa il decreto ministeriale, con conseguente incertezza circa la legittimità dei contratti di lavoro intermittente fondati sul richiamo a quella tabella.

In assenza di una fonte normativa di riferimento chiara, l'intero assetto regolatorio del lavoro intermittente avrebbe potuto subire una sospensione di fatto con impatti diretti sia sulle imprese che utilizzano tale strumento contrattuale, sia sui lavoratori impiegati in tale forma.

In questo contesto, il Ministero ha ritenuto necessario intervenire con un chiarimento ufficiale, la circolare n. 15 del 27 agosto 2025 appunto, finalizzato a stabilire se e in quale misura il D.M. del 23 ottobre 2004 continui a produrre effetti giuridici nonostante la sopravvenuta abrogazione del regio decreto richiamato: vediamo come.

Il D.M. 23 ottobre 2004: funzione e ambito di applicazione

La funzione di tale decreto è duplice:

  • determinare le attività lavorative che possono essere oggetto di contratto intermittente, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati;
  • garantire un bilanciamento tra flessibilità per il datore di lavoro e tutela per il lavoratore, mediante il rinvio a una tabella predefinita che elenca le situazioni lavorative caratterizzate da discontinuità o occasionalità.

Il rinvio operato dal D.M. 2004 alla tabella del R.D. 2657/1923 è però di natura meramente materiale: ciò significa che il contenuto della tabella è stato recepito nel decreto stesso, senza che la validità di quest’ultimo dipenda dalla perdurante vigenza dell’atto normativo originario.

In altre parole, la tabella diventa parte integrante del D.M. 2004, e la sua efficacia normativa rimane autonoma rispetto al destino del regio decreto.

Questo principio è stato confermato, peraltro, da una consolidata prassi amministrativa e da numerosi interventi del Ministero dnel corso degli anni: già con la circolare n. 4/2005 era stato infatti chiarito che la tabella doveva essere considerata come un parametro oggettivo per l’individuazione delle esigenze legittimanti il ricorso al lavoro intermittente.

Il medesimo orientamento è stato ribadito nella risposta a interpello n. 38/2011, dove si è affermata espressamente la natura materiale del rinvio normativo.

Il D.M. 23 ottobre 2004 svolge dunque, ancora oggi, un ruolo fondamentale nella regolamentazione del mercato del lavoro intermittente: in mancanza di un aggiornamento organico della disciplina primaria o dell’adozione di nuovi decreti attuativi previsti dal D.Lgs. n. 81/2015, rappresenta infatti l’unico strumento normativo secondario che stabilisce in modo oggettivo quali attività possano essere legittimamente svolte mediante contratto a chiamata.

L’importanza di mantenere in vigore tale decreto è stata esplicitamente riconosciuta anche dall’articolo 55, comma 3, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, a norma del quale il D.M. 2004 continua ad applicarsi fino all’adozione di specifici decreti ministeriali che lo sostituiscano.

Ciò implica che il legislatore ha inteso garantire la continuità applicativa della disciplina del lavoro intermittente anche in assenza di aggiornamenti normativi immediati, evitando vuoti normativi o soluzioni di continuità nel regime di autorizzazione delle attività intermittenti.

Alla luce di questi elementi, risulta evidente che l’abrogazione del regio decreto n. 2657/1923 non pregiudica la validità del D.M. 23 ottobre 2004 né la perdurante efficacia della tabella delle attività ivi recepita.

La posizione del Ministero

Il punto centrale della circolare n. 15/2025 risiede dunque nella conferma della piena validità e operatività del D.M. 23 ottobre 2004, nonostante l’abrogazione del regio decreto di riferimento.

Secondo il Ministero, infatti, il rinvio contenuto nel decreto ministeriale non assume natura formale, bensì natura meramente materiale. Tale qualificazione ha effetti interpretativi rilevanti, poiché consente al contenuto della tabella allegata al R.D. 2657/1923 di sopravvivere giuridicamente attraverso il corpo del decreto ministeriale, che ne incorpora la disciplina a prescindere dalla vigenza dell’atto originario.

Natura del rinvio come rinvio meramente materiale

La nozione di rinvio meramente materiale richiamata nella circolare n. 15/2025 trova dunque fondamento in una consolidata dottrina e giurisprudenza in materia di tecnica normativa: nel caso specifico, il D.M. 23 ottobre 2004 utilizza la tabella allegata al regio decreto del 1923 come riferimento contenutistico, integrandola nella propria struttura senza che ciò configuri una subordinazione alla permanenza in vigore del R.D. stesso.

Questo significa che anche dopo l’abrogazione per effetto della legge n. 56/2025, la tabella rimane efficace in quanto “cristallizzata” nel decreto ministeriale.

Il Ministero sottolinea peraltro che la natura materiale del rinvio ha la funzione di preservare la coerenza e la continuità dell’ordinamento, evitando che l’abrogazione di un atto normativo generi effetti destabilizzanti sull’architettura delle fonti secondarie.

In particolare, nel caso del lavoro intermittente, questa interpretazione consente di assicurare continuità applicativa alle imprese e agli operatori del mercato del lavoro, garantendo la certezza del diritto.

Il Ministero ha chiarito infatti che non vi è stata alcuna interruzione né sospensione della possibilità di stipulare contratti di lavoro intermittente sulla base della tabella delle attività recepita nel D.M. 23 ottobre 2004: la normativa rimane pienamente efficace, e i contratti a chiamata continuano a essere uno strumento legittimo e valido per l’inquadramento dei rapporti di lavoro in determinate circostanze.

Settori interessati dal lavoro intermittente: focus sul turismo

In ambito applicativo, il contratto di lavoro intermittente trova particolare utilizzo nei settori produttivi caratterizzati da discontinuità operativa, variazioni stagionali o necessità di gestione flessibile delle risorse umane.

In particolare, il comparto turistico rappresenta uno degli ambiti in cui il lavoro intermittente è maggiormente utilizzato, soprattutto durante l’alta stagione o in occasione di eventi straordinari.

La flessibilità del contratto a chiamata consente infatti agli operatori del settore di disporre tempestivamente di personale qualificato in funzione dei picchi di domanda, evitando al contempo rigidità gestionali che comprometterebbero l’equilibrio economico delle attività.

In concreto, possono essere stipulati contratti a chiamata per le attività elencate nella tabella, tra cui, a titolo esemplificativo:

  • camerieri, baristi e personale di sala;
  • addetti alla reception e al facchinaggio in strutture alberghiere;
  • addetti ai servizi di sicurezza nei locali di pubblico spettacolo;
  • lavoratori addetti all’inventario o al riordino merci;
  • personale ausiliario nei trasporti e nella logistica;
  • addetti alle pulizie, portinai, custodi.

Queste attività, spesso caratterizzate da esigenze discontinue o saltuarie, ben si prestano infatti all’applicazione del contratto intermittente, che consente al datore di lavoro di ottimizzare le risorse umane, riducendo i costi fissi e mantenendo un elevato grado di flessibilità.

NOTA BENE: i contratti intermittenti non sono ammessi per sostituire lavoratori in sciopero o per attività non contemplate nella tabella di riferimento, a meno che non si ricorra a modalità alternative previste dalla legge (esigenze oggettive o periodiche).

FAQ

1. È ancora possibile stipulare contratti di lavoro intermittente dopo l’abrogazione del Regio Decreto 2657/1923?

Sì. Nonostante l’abrogazione formale del Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, avvenuta con la Legge n. 56/2025, il contratto di lavoro intermittente continua a essere pienamente legittimo. Il Ministero del Lavoro, con la Circolare n. 15/2025, ha confermato la validità del D.M. 23 ottobre 2004, che rimane efficace in virtù del rinvio meramente materiale alla tabella delle attività allegata al decreto abrogato.

2. La tabella allegata al R.D. 2657/1923 è ancora utilizzabile?

Sì. La tabella originariamente allegata al Regio Decreto del 1923 è stata incorporata nel D.M. 23 ottobre 2004, che continua a essere in vigore. Pertanto, le attività elencate nella tabella rappresentano ancora oggi il criterio oggettivo di riferimento per la stipulazione dei contratti intermittenti.

3. Cosa significa “rinvio meramente materiale” nella normativa sul lavoro intermittente?

Il rinvio meramente materiale è una tecnica normativa mediante la quale una disposizione normativa fa riferimento al contenuto di un altro atto normativo, cristallizzandolo nel proprio testo. Nel caso del D.M. 23 ottobre 2004, ciò significa che le attività elencate nella tabella del R.D. 1923 sono diventate parte integrante del decreto ministeriale, e ne mantengono la validità anche dopo l’abrogazione del decreto originario.

4. La circolare n. 15/2025 modifica la normativa sul lavoro intermittente?

No. La circolare n. 15/2025 non introduce modifiche normative, ma fornisce chiarimenti interpretativi sull’applicabilità della normativa vigente. Essa ribadisce la piena vigenza del D.M. 23 ottobre 2004 e rassicura sull’utilizzabilità della tabella delle attività, contribuendo a garantire certezza del diritto e continuità operativa per imprese e consulenti.

5. Il contratto intermittente può essere utilizzato per qualsiasi tipo di mansione?

No. Il contratto intermittente può essere utilizzato solo per:

  • attività incluse nella tabella allegata al D.M. 23 ottobre 2004;
  • ipotesi individuate da contratti collettivi nazionali (se previsti);
  • esigenze oggettive o specifiche (es. lavoratori con meno di 24 anni o più di 55 anni, nei limiti previsti dalla legge).

6. Quali sono le conseguenze per i datori di lavoro in caso di errato utilizzo del contratto intermittente?

In caso di utilizzo improprio del contratto intermittente, il datore di lavoro può incorrere in:

  • sanzioni amministrative e pecuniarie;
  • conversione del contratto a tempo indeterminato;
  • contenziosi con i lavoratori;
  • contestazioni da parte degli organi ispettivi del Ministero o dell’INL.
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