La Cassazione decide che la sentenza UE sul condono 2002 è di diretta applicazione nei giudizi italiani

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Già la Corte di Giustizia europea aveva, con la sentenza del 2008 nella causa C-132/06, bollato come incompatibile con la sesta direttiva Ue il condono tombale Iva del 2002. Come conseguenza recentemente, il 17 febbraio 2010 con le sentenze dalla 3673 alla 3677, la Cassazione a Sezioni unite ha stabilito che la sentenza Ue del 2008 trova applicazione direttamente nell’ordinamento italiano.

Dunque, nelle controversie pendenti tra il Fisco e i contribuenti che hanno aderito al condono Iva del 2002, i giudici nazionali dovranno decidere come se la definizione non ci fosse mai stata.

E non potrà, il contribuente, invocare la nullità della sospensione dei termini per impugnare in quanto l’illegittimità riguarda aspetti non procedurali ma sostanziali.

Le ricadute delle pronunce recenti di Cassazione sull’illegittimità del condono si applicano anche su integrativa semplice Iva e rottamazione dei ruoli Iva, ma non si applicano, come detto, sulla definizione delle liti pendenti (dal sito della Cassazione: “In tema di condono, le Sezioni Unite hanno stabilito che la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 17 luglio 2008, in causa C- 132/06, con la quale, in esito ad una procedura di infrazione promossa dalla CE, è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto comunitario degli artt. 8 e 9 della l. n. 289 del 2002 relativamente alla condonabilità dell’IVA, deve essere interpretata restrittivamente e non ha, quindi, effetti sul diverso istituto della definizione delle liti fiscali pendenti, prevista dall’art. 16 della medesima l. n. 289”).

Pertanto:

- se il condono si è concluso in sede amministrativa il Fisco non può avanzare pretese per decadenza del potere di accertamento e per il principio di affidamento e buona fede;

- se il condono è per una qualsiasi ragione oggetto di contestazione (controversia in atto) il giudice tributario deve giudicare disapplicando la norma sul condono.

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