Indebita compensazione: no concorso per chi certifica crediti R&S

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La responsabilità penale per il reato di indebita compensazione si configura con l’invio del modello F24 e richiede una partecipazione attiva e causale alla realizzazione dell’illecito.

La successiva certificazione dei crediti da parte del commercialista non costituisce di per sé condotta penalmente rilevante, se priva di incidenza sull’atto fraudolento già compiuto. 

F24 e indebita compensazione: escluso il concorso del commercialista

Con la sentenza n. 16532 del 5 maggio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Penale Terza, ha escluso la responsabilità di una commercialista imputata per concorso nel reato di indebita compensazione, ai sensi dell’art. 10-quater del Decreto Legislativo n. 74/2000, fornendo chiarimenti rilevanti sulla configurabilità del concorso del professionista fiscale in tale tipologia di illecito.

Contesto normativo e fattuale  

Il caso trae origine dalla condanna inflitta in primo e secondo grado a una professionista per avere certificato crediti di imposta per attività di ricerca e sviluppo risultati successivamente inesistenti. Tali crediti erano stati utilizzati da due società per effettuare compensazioni tramite modello F24, in violazione dell’articolo 17 del D. Lgs. n. 241/1997.

Il reato contestato consisteva nell’indebita compensazione mediante modelli F24 trasmessi all’Agenzia delle Entrate.

Nella specie, la ricorrente aveva assunto la responsabilità di attestare l'effettività dei costi sostenuti dalle società per attività di ricerca e sviluppo nonché di supervisionare la predisposizione della documentazione contabile attraverso un'attività di audit.

Motivazione della Corte d’Appello

La Corte territoriale aveva riconosciuto alla professionista un ruolo essenziale nella procedura adottata dalle società, sostenendo che:

  • l’attività di audit e la successiva certificazione della regolarità contabile rappresentassero presupposti necessari per fruire del credito d’imposta;
  • la consapevolezza dell’irregolarità fosse desumibile dalle gravi lacune documentali e dagli errori presenti nelle attestazioni;
  • il concorso nel reato derivasse dalla volontà di rendere possibile l’utilizzo in compensazione di crediti ritenuti inesistenti.

Per la Corte d’Appello, la certificazione dei crediti, pur successiva alla trasmissione del modello F24, era comunque finalizzata a eludere eventuali controlli dell’Agenzia delle Entrate.

Il ricorso della professionista

La commercialista si era rivolta alla Corte di cassazione lamentando che l'attività dalla stessa svolta non era corrispondente a quella descritta nel capo d'accusa e che, comunque, non era necessaria per conseguire l'agevolazione fiscale ma solo per conservarla all'esito del controllo dell'autorità erariale.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata e disponendo il rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame.

Decisione della Cassazione  

Secondo la Suprema Corte, la condotta penalmente rilevante ai fini dell’art. 10-quater si perfeziona con l’invio del modello F24, momento in cui avviene l’effettivo utilizzo del credito fiscale, anche se inesistente.

Di conseguenza:

  • il reato si perfeziona con la presentazione del modello F24;
  • la successiva certificazione dei crediti da parte del commercialista non può integrare un concorso nel reato, se non accompagnata da altri elementi concreti di partecipazione nell’illecito.

Carenze nella motivazione della Corte d’Appello  

La Suprema corte, in particolare, ha accolto le censure difensive della consulente, rilevando che i modelli F24 erano stati trasmessi direttamente dalla società e non dalla professionista, e che il reato di indebita compensazione, come detto, si perfeziona con tale invio.

La motivazione della Corte d’Appello, in tale contesto, risultava contraddittoria e priva di coerenza logica, avendo attribuito alla ricorrente un contributo concorsuale non chiaramente definito né conforme all’imputazione.

In particolare, i giudici di merito addebitavano alla professionista una certificazione successiva al reato e un’attività di audit non adeguatamente descritta, senza dimostrare in modo concreto il nesso causale tra tali condotte e l’illecito contestato.

La Corte di Cassazione, in definitiva, ha rilevato argomentazioni contraddittorie nella motivazione della sentenza impugnata, ritenendo insufficiente:

  • l’individuazione dell’apporto causale concreto della professionista;
  • la descrizione delle attività di audit contabile che avrebbero preceduto la certificazione;
  • la spiegazione del nesso di coordinamento tra le attestazioni della commercialista e le condotte degli amministratori.

In particolare, il giudice di merito aveva valorizzato una certificazione a posteriori, avvenuta dopo l’invio dei modelli F24, senza chiarire in che modo tale condotta avrebbe influenzato l’atto penalmente rilevante.

Rilevanza della pronuncia per i professionisti del settore fiscale

La pronuncia assume particolare rilievo per i professionisti del settore fiscale, in quanto:

  • delimita l’ambito della responsabilità penale del commercialista, escludendola in assenza di un nesso causale diretto con la condotta illecita;
  • conferma la centralità del principio di tipicità e legalità dell’azione penale, impedendo estensioni indebite della responsabilità;
  • richiede ai giudici di merito motivazioni puntuali e coerenti, in particolare nei casi di concorso in reati tributari plurisoggettivi.

La decisione, in conclusione, consolida l’orientamento giurisprudenziale volto a delimitare con precisione la responsabilità penale dei professionisti fiscali, valorizzando la distinzione tra attività tecnica e partecipazione attiva all’illecito tributario.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Una commercialista è stata condannata per concorso in indebita compensazione ex art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000 per aver certificato crediti R&S ritenuti inesistenti, utilizzati in compensazione da due società tramite modelli F24.
Questione dibattuta Se la certificazione dei crediti, effettuata dopo l’invio dei modelli F24, possa integrare un concorso nel reato di indebita compensazione, pur in assenza di un apporto causale concreto all’atto illecito.
Soluzione della Corte di Cassazione La responsabilità penale si configura con l’invio del modello F24 e richiede partecipazione attiva e causale. La certificazione postuma dei crediti, se non incide sull’illecito già perfezionato, non è penalmente rilevante. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta contraddittoria e logicamente incoerente.
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