Imposta sul valore aggiunto. La Corte Ue sui presupposti per la detrazione

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Imposta sul valore aggiunto. La Corte Ue sui presupposti per la detrazione

Con sentenza del 9 dicembre 2021 - causa C-154/20, la Corte di giustizia dell'Unione europea si è pronunciata in ordine a una domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

La domanda era stata presentata nell’ambito di una causa tra una società commerciale con sede nella Repubblica ceca e la direzione delle finanze competente in materia di ricorsi della Repubblica ceca, in merito al diniego del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte per una fornitura di servizi di pubblicità resa in occasione di alcuni tornei di golf.

La Corte suprema amministrativa della Repubblica ceca aveva deciso di sospendere il predetto procedimento e di chiedere alla Corte Ue se fosse conforme alla menzionata direttiva una normativa, come quella di specie, che subordinava l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva all’adempimento, da parte del soggetto passivo, dell’obbligo di provare che la prestazione imponibile da quest’ultimo ricevuta gli fosse stata fornita da un altro soggetto passivo concreto.

In caso di risposta affermativa, si chiedeva se, laddove il soggetto passivo non adempia all’onere della prova citata, il diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte potesse essere negato in assenza della dimostrazione che tale soggetto passivo sapesse o potesse sapere che, con l’acquisto di beni o servizi, partecipava ad un’evasione fiscale.

Iva, diritto alla detrazione dell'imposta assolta a monte per fornitura di servizi

Di seguito l'interpretazione resa dai giudici europei alla direttiva 2006/112.

La Corte Ue ha in primo luogo spiegato che non sarebbe possibile esigere che il soggetto passivo provi, in tutti i casi, qualora il vero fornitore dei beni o servizi interessati non sia stato identificato, che tale fornitore abbia la qualità di soggetto passivo, per poter esercitare il diritto alla detrazione.

Difatti, negare ad un soggetto passivo l’esercizio del diritto a detrazione dell’Iva per il motivo che il vero fornitore dei beni o dei servizi interessati non è individuato e che tale soggetto passivo non ha provato che tale fornitore abbia la qualità di soggetto passivo, quando risulta in modo certo dalle circostanze di fatto che detto fornitore aveva necessariamente tale qualità, risulterebbe contrario al principio di neutralità fiscale nonché alla giurisprudenza unionale.

Ne consegue che, laddove non sia stato individuato il vero fornitore, l’esercizio del diritto alla detrazione deve essere negato solo se, tenuto conto delle circostanze di fatto e malgrado gli elementi forniti dal soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che tale fornitore avesse la qualità di soggetto passivo.

Da qui le conclusioni della Corte di Giustizia: "La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che l’esercizio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte deve essere negato, senza che l’amministrazione tributaria debba provare che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o che sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che l’operazione invocata per fondare il diritto a detrazione si collocava nell’ambito di una siffatta evasione, qualora, nel caso in cui il vero fornitore dei beni o dei servizi interessati non sia stato identificato, tale soggetto passivo non fornisca la prova che tale fornitore aveva la qualità di soggetto passivo, se, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti da detto soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva tale qualità".

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