Imponibilità delle somme erogate a titolo di indennità di trasferta
Pubblicato il 13 luglio 2020
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Con l'ordinanza 7 luglio 2020, n. 14047, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull'imponibilità delle somme corrisposte ai prestatori di lavoro dipendente a titolo di indennità di trasferta.
A seguito della pronuncia della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che confermava la sentenza di primo grado, secondo cui non sussisteva l'irregolarità del mancato versamento delle ritenute alla fonte sui compensi, aventi natura risarcitoria, erogati dalla Società ai propri dipendenti necessariamente trasferiti da una sede ad un'altra, l'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione.
Gli Ermellini, in accoglimento del ricorso, analizzano il caso in cui deve ritenersi applicabile il regime previsto dall'art. 51, comma 5, TUIR, relativo alla concorrenza delle somme percepite a titolo di indennità di trasferta nella determinazione dell'imponibile fiscale. Invero, ai fini della corretta applicazione della predetta eccezione di imputabilità fiscale (e contributiva), la trasferta deve essere caratterizzata dalla temporaneità del mutamento del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, essendo, altresì, indispensabile che la sede di assunzione del lavoratore sia anche il luogo in cui questo sia chiamato a prestare normalmente la propria attività lavorativa. Laddove in sede di assunzione venga indicato un mero riferimento volto ad identificare un luogo per la gestione burocratica del rapporto di lavoro e la prestazione venga, invece, resa in un altro luogo, le somme corrisposte dal datore di lavoro a titolo di "indennità di trasferta" e di "rimborso chilometrico" non beneficiano del trattamento fiscale previsto dall'art. 51, comma 5, TUIR.
Rilevando un concetto di retribuzione latu sensu inteso, ove debbano rientrare anche gli emolumenti corrisposti che, pur non trovando riscontro in una precisa prestazione lavorativa, costituiscono adempimento di obbligazioni pecuniarie imposte al datore di lavoro da leggi o convenzioni nel corso del rapporto e che hanno origine nel titolo del contratto di lavoro, gli Ermellini hanno accolto il ricorso dell'Amministrazione Finanziaria, ritenendo che i lavoratori che prestano abitualmente la propria opera fuori sede non possono beneficiare dell'esenzione fiscale de quo atteso che non può in tale fattispecie rientrare il requisito della temporaneità.
In particolare, l'indennità riconosciuta a titolo di trasferta deve essere idonea a compensare un maggior disagio ed avere la funzione risarcitoria ovvero restitutoria delle maggiori spese sopportate nell'interesse del datore di lavoro.
Pertanto, se ne deduce che, nella corresponsione dell'indennità di trasferta, il giudice di merito, dovrà porre attenzione alla componente retributiva dell'indennità stessa (interamente tassabile) ed alla componente restitutoria o risarcitoria.
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