È il “mercato locale” la vera esimente per la disapplicazione della normativa Cfc
Pubblicato il 03 agosto 2009
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A seguito delle modifiche apportate dal dl 78/2009 (manovra d’estate) all’articolo 167, comma 5, del Tuir, per disattivare la norma antielusiva, il soggetto residente che controlla la partecipata estera localizzata in un paese black list deve dimostrare che la partecipata svolge un’effettiva attività commerciale nel mercato dello Stato o territorio d’insediamento. La finalità della disciplina delle controllate estere è quella di risolvere un fenomeno di elusione internazionale quale il tax deferral (ossia la produzione di redditi in Paesi a bassa fiscalità evitandone la distribuzione sotto forma di dividendi o di utili).
Il nuovo art. 167 Tuir disciplina le sole società estere controllate, mentre l’ art. 168 estende l’applicazione della disciplina delle Cfc ai casi in cui il soggetto residente in Italia detenga, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o per interposta persona, una partecipazione non inferiore ad una determinata percentuale agli utili di un’impresa residente in stati soggetti a regime fiscale privilegiato. La percentuale di partecipazione deve essere non inferiore al 20% se si tratta di società non quotata e non inferiore al 10% se si tratta di società quotata.
La novità apportata dalla manovra estiva, all’articolo 13, amplia l’ambito oggettivo di applicazione del regime di imputazione per trasparenza al soggetto residente del reddito della partecipata estera prevedendo l’estensione della normativa alle controllate ovunque localizzate (anche nella Ue): se subiscono una tassazione inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti se residenti in Italia; se più del 50% dei proventi derivano dalla gestione, detenzione o investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione in uso di diritti immateriali oltre che dalla prestazione di servizi infragruppo, anche finanziari.
Dal raffronto tra la tassazione effettiva assolta in concreto all’estero con quella che sarebbe stata, invece, assolta in caso la controllata fosse stata localizzata in Italia è possibile individuare la giusta tassazione da applicare. A tal fine, si ritiene opportuno più che procedere con una comparazione virtuale delle aliquote in questione, quanto piuttosto partire dai dati di bilancio della Cfc e applicare ad essi le regole ordinarie interne di determinazione del reddito (Tuir). A tal proposito, si dovrà verificare se il riferimento alla tassazione effettiva debba rimanere circoscritto alle imposte sui redditi oppure riguardare anche l’Irap.
Allo scopo di ottenere la disapplicazione del regime delle Cfc, il contribuente è tenuto a dimostrare – mediante interpello disapplicativo da inviare all’Amministrazione finanziaria - che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. La norma prevede due condizioni alternative di disapplicazione delle regole:
- la prima si verifica nel caso in cui il soggetto residente dimostri che il soggetto localizzato nello stato o territorio con regime privilegiato esercita effettivamente un’attività industriale o commerciale nello stato in cui ha sede;
- la seconda esimente si applica se il soggetto residente dimostra che la costituzione del soggetto estero non è stata motivata dalla volontà di localizzare i relativi redditi in stati o territori con regime fiscale privilegiato.
Come detto in precedenza, la manovra estiva, intervenendo direttamente su una delle due tradizionali cause di esclusione, ha posto l’accento sul “mercato locale”. Riprendendo anche l’opinione già espressa dal Fisco con risoluzione n. 427/E/2008, il Dl 78/2009 ha infatti ribadito che diventa importante il mercato di sbocco commerciale del soggetto estero. Pertanto, per verificare lo svolgimento di un’attività commerciale non è sufficiente più la presenza di una adeguata struttura organizzativa nel Paese a fiscalità privilegiata, ma è necessario che tale attività sia esercitata a favore del mercato locale e non nei confronti di mercati diversi da quello in cui la struttura è effettivamente stabilita. Da ciò deriva che la disapplicazione della normativa risulta del tutto esclusa nel caso di attività off-shore. Per quanto riguarda, invece, le attività bancarie, finanziarie e assicurative la condizione dell’esercizio di un’attività commerciale effettiva svolta in via prevalente nel mercato localo dello Stato di insediamento risulta verificata quando oltre la metà di fonti, impieghi o ricavi della controllata derivano da operazioni svolte nello stato in questione.
Roberta Moscioni
- Il Sole 24 Ore – Norme e tributi, p. 1 – Solo l’attività nel mercato locale permette di sfuggire alla stretta - Russo
- Il Sole 24 Ore – Norme e tributi, p. 1 – Il bilancio detta il confronto sul prelievo Cfc – Miele
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