Il giudizio di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione: sono ammissibili motivi nuovi sollevati in corso di causa

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All’esito di procedimento ispettivo la DTL adotta nei confronti dell’Impresa Alfa un provvedimento di ordinanza ingiunzione con il quale viene inflitta una sanzione di € 100.000,00 per la violazione della normativa sul lavoro sommerso. L’Impresa Alfa oppone tale ordinanza innanzi al Giudice competente, sollevando quattro ragioni di illegittimità. Nel corso del giudizio l’Impresa Alfa denuncia ulteriori motivi di illegittimità della pretesa sanzionatoria. La DTL convenuta accetta il contraddittorio su tali ulteriori doglianze, le quali infatti vengono puntualmente contrastate con scritti difensivi. Il Giudice può prendere in esame i motivi di opposizione sollevati da Alfa in corso di causa?



Premessa

Il processo ordinario di opposizione alla sanzione amministrativa è regolato dagli artt. 22, 22-bis e 23, L. 24 novembre 1981, n. 689. La disciplina è stata recentemente novellata dal D.lgs. n. 150/11 che ha introdotto nell’ordinamento disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione. Tra le novità più rilevanti inerenti al giudizio di opposizione a sanzione amministrativa si segnala l’applicazione del rito del lavoro, l’esclusione del tentativo obbligatorio di conciliazionenonché la riduzione del termine di opposizione in trenta giorni decorrenti dalla notifica dell’ordinanza ingiunzione. Prima di esaminare le principali caratteristiche del giudizio di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione, appare opportuno esaminare alcuni aspetti relativi alla sanzione amministrativa.


La sanzione amministrativa

Il sistema della L. n. 689/81 opera attraverso il riconoscimento normativo, in capo all’organo amministrativo competente, del potere di adottare, nei confronti di colui che ha violato il precetto normativo, sanzioni amministrative che consistono nel pagamento di una data somma di denaro (sanzione pecuniaria) o in talune circostanze di subire effetti giuridici compressivi della sfera giuridica soggettiva (sanzioni accessorie). La sanzione amministrativa costituisce la misura diretta a prevenire la violazione di precetti mediante la forza dissuasiva di una punizione consistente prevalentemente nel pagamento di una somma di denaro. Tale finalità è tipica delle sanzioni irrogate dagli organi ispettivi allorché accertano violazioni in ambito lavoristico. Tuttavia in alcune ipotesi la sanzione ha carattere non repressivo o afflittivo, bensì ripristinatorio, perché è diretta a ripristinare il bene o l’interesse leso dalla condotta del trasgressore. La finalità ripristinatoria potrebbe essere riconosciuta alla diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124/04, ma senz’altro ricorre per l’ipotesi dell’ordine di demolizione di opere abusive in materia urbanistica. La legittimità della sanzione amministrativa, applicata dall’autorità amministrativa, può essere sindacata, su ricorso dell’interessato o in sede amministrativa, mediante il sistema dei ricorsi gerarchici, ovvero dall’autorità giurisdizionale. In quest’ultimo caso il processo ha natura civilistica ed è costruito nelle forme tipiche della cognizione ordinaria.

Il giudizio di opposizione alla sanzione amministrativa: spunti generali

Il processo di opposizione è costruito su allegazioni di parte e sull’onere della prova. Per quanto riguarda l’onere assertivo va rilevato che il giudizio è centrato sul principio della domanda, nel senso che spetta all’interessato dedurre con l’atto introduttivo del giudizio i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi della pretesa sanzionatoria dell’amministrazione. La mancata opposizione del provvedimento nei termini perentori di cui all’art. 6, comma 6, del D.lgs. n. 150 cit. comporta l’intangibilità dell’atto, il quale comunque, a seguito della notifica al destinatario, è dotato di capacità esecutiva immediata, è titolo esecutivo, e come tale consente di aggredire il patrimonio del destinatario stesso mediante riscossione coattiva, previa iscrizione nei ruoli.

L’inoppugnabilità del provvedimento è preclusa dalla proposizione del ricorso nel quale sono contenuti i motivi di opposizione e sui quali dovrà concentrarsi il sindacato del Giudice.

A tal fine va osservato incidentalmente che il ricorso in opposizione alla sanzione introduce un ordinario giudizio che non è limitato alla verifica della legittimità formale dell’atto, ma si estende - nell’ambito delle deduzioni delle parti - all’esame completo del merito della pretesa fatta valere con l’ingiunzione, per stabilire se essa sia fondata o no e se lo sia in tutto o in parte. La giurisprudenza è ferma nel ritenere che “in tema di opposizione a sanzioni amministrative, all’autorità giudiziaria è devoluta, ai sensi dell’art. 22 Legge n. 689 del 1981 la cognizione piena non solo della legittimità formale ma anche di quella sostanziale del provvedimento amministrativo […]”. Il sindacato del giudice di merito pertanto si estende alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame circa la ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione contestata, essendo oggetto dell’opposizione non il provvedimento ma il rapporto sanzionatorio.

Pertanto perché i motivi di opposizione possano risultare persuasivi e vincenti debbono riuscire a dimostrare, in fatto o in diritto, che il rapporto creditorio, e non già la formalità dell’atto in sé, sia infondato e quindi non meritevole di esecuzione. I motivi pertanto possono consistere in deduzioni con cui si contesta la sussistenza della violazione del precetto normativo o che consistono in allegazione di fatti impeditivi (cause di giustificazione), modificativi (entità della sanzione per le ipotesi di continuazione dell’illecito) o estintivi (es. la prescrizione) della pretesa sanzionatoria.

I motivi di opposizione sollevati in corso di causa

La questione che si pone, e che è di centrale importanza, riguarda l’eventualità che i motivi di ricorso vengano sollevati anche in corso di causa e non solo nell’atto introduttivo del giudizio. Ci si chiede in altre parole se il Giudice anche d’ufficio possa esaminare tali doglianze sebbene queste non siano contenute nell’atto introduttivo del giudizio, ma vengano piuttosto proposte in corso di causa.

Al riguardo la giurisprudenza risulta divisa in ragione dell’eventuale rilevanza accordata al comportamento processuale tenuto dall’amministrazione. Premessa la regola secondo cui i motivi di opposizione, pena l’inammissibilità, debbono essere necessariamente contenuti nel ricorso, la divergenza di orientamenti giurisprudenziale, attiene all’eventuale rilevanza sanante che può essere attribuita al comportamento dell’amministrazione, nel caso in cui quest’ultima accetti il contraddittorio sulle doglianze sollevate in corso di causa.

L’orientamento che ritiene inammissibili i motivi nuovi

Il primo indirizzo ritiene che l’oggetto del giudizio di opposizione a ordinanza ingiunzione, regolato dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, è delimitato dai motivi dedotti dall’opponente nel relativo ricorso, sicché non è in alcun modo consentito un successivo ampliamento del “thema decidendum”, neppure d’ufficio (a meno che non emerga la giuridica inesistenza del provvedimento opposto), rimanendo irrilevante che, su di esso, la parte interessata abbia accettato il contraddittorio”.

L’orientamento che considera ammissibili i motivi nuovi “condizionati”

Altro orientamento ritiene invece che “in coerenza con il principio dispositivo che regola anche i giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, i motivi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione (art. 23 legge 24 novembre 1981, n. 689), dedotti soltanto in corso di causa, possono essere presi in considerazione solo se vi sia stata accettazione del contraddittorio da parte del convenuto”.

Venendo poi al regime relativo al riparto degli oneri probatori è sufficiente rilevare che nella materia de qua si applicano i princìpi generali in materia di riparto dell’onere della prova, con la conseguenza che è onere della P.A. provare la sussistenza degli elementi costitutivi della sua pretesa e quindi dei requisiti oggettivi che integrano l’illecito, mentre all’opponente spetta di dimostrare la sussistenza di fatti impeditivi o estintivi della pretesa stessa, tra i quali l’aver agito senza che nessun rimprovero di negligenza possa essergli mosso. Infatti l’art. 3 della L. n. 689 cit. pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso e pertanto su tale soggetto grava dunque l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa.

Chiariti i termini generali che contrassegnano la struttura del giudizio di opposizione, resta da esaminare il caso concreto.

Il caso concreto

All’esito di un procedimento ispettivo la DTL ha adottato nei confronti dell’Impresa Alfa un provvedimento di ordinanza ingiunzione con il quale è stata inflitta una sanzione di € 100.000,00 per la violazione della normativa sul lavoro sommerso. L’Impresa Alfa ha opposto tale ordinanza innanzi al Giudice competente, sollevando quattro ragioni di illegittimità. Nel corso del giudizio l’Impresa Alfa denuncia ulteriori motivi di illegittimità della pretesa sanzionatoria. L’ammissibilità di tali motivi e, conseguentemente, la possibilità da parte del giudice di sindacarne il contenuto, dipende non solo dall’orientamento giurisprudenziale che si ritenga di seguire, ma anche per un certo aspetto dal contegno assunto dall’amministrazione in corso di causa. Infatti, laddove si condivida l’indirizzo che ritiene ammissibili le domande nuove sollevate al di fuori dell’atto introduttivo del giudizio, a patto che vi sia accettazione del contraddittorio da parte dell’amministrazione, dovrebbe concludersi che i motivi esposti da Alfa in corso di causa dovranno essere esaminati dal Giudice in base all’atteggiamento processuale assunto dalla DTL. Infatti, se quest’ultima ritenesse di non confutare le doglianze e di respingere il contraddittorio sul punto, allora pare evidente che il Giudice non potrà esaminare il contenuto di tali motivi ma dovrà dichiararli inammissibili. Se invece la DTL prendesse espressa posizione su tali doglianze, eventualmente contestandone il contenuto, in tal caso il Giudice sarà tenuto a sindacarli ai fini della decisione. Conclusioni diverse si traggono laddove si dovesse seguire l’indirizzo giurisprudenziale che considera comunque inammissibili le domande nuove sollevate in corso di giudizio, a prescindere se vi sia stata o meno accettazione del contraddittorio da parte dell’amministrazione. Secondo tale assunto i motivi nuovi introdotti da Alfa dovranno in ogni caso essere dichiarati inammissibili e il Giudice non potrà prenderli in esame per la decisione della controversia.


NOTE

ii Cass. civ. Sez. II, 21/01/2013, n. 1372.

iii Il ricorso non sospende l’esecutività del provvedimento. Tale effetto è conseguibile solo ove venga richiesto e ottenuto un provvedimento giudiziale di sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza ingiunzione. Generalmente l’istanza di sospensione viene presentata insieme al ricorso.

iv Cfr. Cass. civ. Sez. II, 17-11-2005, n. 23297; Cass. civ. Sez. I, 27/02/2006, n. 4302; Trib. Roma Sez. II, 23/04/2010.

v Cass. civ. Sez. II, 27/10/2006, n. 23284. Nel giudizio civile Cass. civ. Sez. II, 30/11/2011, n. 25598; Trib. Milano Sez. XIII, 24/10/2012; Trib. Bologna Sez. II, 19/10/2012.

vi Cass. civ. Sez. II, 16-07-2010, n. 16764; Cass. civ. 8293/05 ex mulitis Cass. civ. n. 11308/98; Cass. civ. n. 1399/93; Cass. civ. n. 5658 ancor prima e con pronuncia nomofilattica SS.UU. n. 3271/90.

vii Cass. civ. Sez. II, 03/03/2011, n. 5122.

viii Cass. civ. Sez. II, 05/02/2013, n. 2737; Cons. Stato Sez. VI, 20/09/2012, n. 4992.

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